LA MANIFESTAZIONE. Città in lutto e tre ore di sciopero. Contestati i colleghi delle vittime che volevano leggere una lettera aperta. La ricostruzione dei colloqui tra nave e rimorchiatori. Poi l’urlo: «Avaria». Attenti siete a settanta metri.
GENOVA – Questa mattina Genova si è svegliata con il suono delle campane a lutto: il rintocco della cattedrale di San Lorenzo si è sentito nel porto dove martedì notte hanno perso la vita sette persone e altre due sono ancora disperse in mare. Durante la manifestazione in piazza Matteotti indetta dal Comune e dai sindacati che hanno dichiarato tre ore di sciopero ci sono stati momenti di forte tensione, l’intervento del cappellano del lavoro monsignor Luigi Molinari è stato interrotto. Un gruppetto di lavoratori portuali voleva leggere una lettera aperta ma gli organizzatori non hanno ritenuto di accettare la richiesta. Alla fine dopo che monsignor Molinari ha dovuto chiudere precipitosamente il suo intervento il Comune ha fatto ritirare il gonfalone e i contestatori hanno preso il microfono.
LA CONTESTAZIONE – «I sindacati – ha detto un operaio del terminal San Giorgio – volevano farci lavorare mentre i sommozzatori stavano ancora cercando i cadaveri dei nostri amici nella melma del porto. Solo per le nostre insistenze ieri ci siamo fermati. Ma abbiamo assistito allo spettacolo di una nave dei divertimenti, una nave da crociera, che passava davanti alle macerie con i turisti che scattavano fotografie. Questo perché non hanno voluto fermare il traffico». Il sindaco Doria ha commentato l’accaduto sottolineando di aver visto in piazza «una città composta, unità nel dolore e con la volontà di reagire, posso anche capire la rabbia di alcuni ma la vera rappresentanza della città è un altra». Il sindaco ha anche risposto all ex sindaco Marta Vincenzi che aveva criticato la scelta di non far leggere la lettera: «Trovo grave – ha detto Doria- delegittimare il sindacato che ha parlato in nome dei lavoratori».
GENOVA – Ancora una volta per sapere la verità su quello che è accaduto martedì notte quando la Jolly Nero si è schiantata contro la torre piloti del porto di Genova provocando una strage, bisognerà analizzare la «scatola nera»; il Vdr, dispositivo che registra tutte le manovre della nave, le comunicazioni radio e quanto viene detto in plancia. Per ora questa ricostruzione è affidata alle testimonianze di chi fra le undici e le undici e mezza di notte si trovava a bordo della Jolly Nero, dei due rimorchiatori Spagna e Genoa, uno a poppa e uno a prua, e – quando sarà possibile ascoltare la loro testimonianza – dei sopravvissuti della torre di controllo. I comandanti dei due rimorchiatori e il pilota del porto salito sulla Jolly Nero a Ponte Canepa per condurre la nave fuori dal porto, Antonio Anfossi, sono già stati ascoltati dal pubblico ministero.
LA MANOVRA – E sono stati ricostruiti i terribili minuti che hanno preceduto lo scontro. La Jolly Nero procedeva di poppa – praticamente in retromarcia – e dopo aver percorso tutto il canale e essersi immessa nel bacino di evoluzione, lo specchio acqueo più ampio in cui avrebbe dovuto virare e portarsi con la prua verso l’uscita del porto, ha continuato ad andare con la poppa verso la banchina senza modificare la rotta. Il comandante del rimorchiatore di poppa, lo Spagna, in contatto radio con il pilota a bordo della Jolly Nero ha chiamato allarmato: «Cosa fate! Non c’è più acqua. Siete a settanta metri». Questa era la distanza della poppa della Jolly dalla banchina. Il pilota Anfossi ha risposto: «L’avanti non prende. La macchina non prende». Per effettuare la manovra infatti i comandi dovevano andare dall’indietro all’avanti passando per il «fermo» ma – secondo quanto detto per radio dal pilota – non hanno risposto. Anfossi ha gridato ai rimorchiatori: «Datemela tutta». Voleva tutta la forza dei loro motori per fermare o deviare la corsa della nave, in quel momento ingovernabile. Ma il tempo prima dell’impatto non era superiore ai 45 secondi. Troppo pochi.
LA VELOCITA’ – La Jolly Nero procedeva a 3,6 nodi, una velocità in linea teorica consentita per quella manovra nel bacino di evoluzione tanto più che le condizioni meteo erano ottimali, mare piatto e niente vento. La velocità va sommata al dislocamento della nave, intorno alle 60 mila tonnellate con il carico. Non è ancora possibile sapere se i comandi sono almeno passati dall’«indietro» al «fermo», in pratica in folle, o se neanche questo è stato possibile. A questo punto – secondo la testimonianza di Anfossi – il comandante della Jolly, Roberto Paoloni, avrebbe dato un avvertimento alla torre di controllo: «Avaria, avaria» e poi, l’esame della scatola nera dirà esattamente quando, l’ordine di calare le ancore. Il suo allarme non sarebbe stato ricevuto dalla radio dei rimorchiatori, che comunicano su frequenze diverse da quelle fra nave e torre di controllo. Quanto alla disposizione in plancia, secondo la prassi il pilota salito a bordo dà tutte le indicazioni al comandante per effettuare la manovra ma non è materialmente al timone. Anche in questo caso il pilota ha dato le indicazioni di manovra ma con le mani sui comandi sarebbe stato il comandante Paoloni.
I RIMORCHIATORI – Gli uomini sui rimorchiatori hanno cercato, con la massima potenza, di raddrizzare la Jolly Nero ma la forza con cui è piombata sulla torre è stata tale che, secondo il loro racconto, «la nave è salita sulla banchina per alcuni metri». «Poi non ho potuto vedere niente – ha detto il comandante dello Spagna – perché si è alzata una nuvola di polvere provocata dal crollo della palazzina». In questo momento, o poco prima, il cavo di rimorchio dello Spagna si è spezzato. L’indagine accerterà se per il carico della nave, perché è rimasto tra la banchina e la murata della Jolly o, ancora, perché è rimasto teso sullo spigolo di poppa che lo ha tagliato. Il comandante dello Spagna lo ha sostituito e, con il Genoa, ha trainato la Jolly Nero per alcuni metri portandola giù dalla banchina, qui si è fermato in attesa di ordini dalla Capitaneria.
Dai segni sulla poppa è possibile che la torre dei piloti, crollando, abbia «strisciato» lungo la fiancata della Jolly Nero. Difficile dire se, cadendo sulla nave invece che in mare le conseguenze sarebbero state meno tragiche.