Fini e Schifani: prassi inaccettabile. Ma basterebbe copiare la nuova norma Ue. Disattesi gli impegni presi nella scorsa legislatura. Il presidente del Senato giura: soluzione in arrivo
«Il portaborse», film di Luchetti con Nanni Moretti e Silvio Orlando |
Evidenziare tutto, copiare, incollare. Ecco cosa dovrebbero fare, Camera e Senato, per dare una prova di serietà sui portaborse: prendere le nuove regole dell’Ue e adottarle uguali identiche. L’immagine offerta ancora una volta in questi giorni, con centinaia di assistenti sottopagati che lavorano in nero dentro i «templi della democrazia », infatti, non fa onore ai nostri rappresentanti. I quali, in questa faccenda, sono recidivi.
Ricordate cosa assicuravano le notizie di agenzia del 13 marzo 2007, dopo lo scoppio dello scandalo dovuto ai servizi delle «Iene» che avevano dimostrato come dei 683 collaboratori accreditati alla Camera solo 54 avessero un contratto regolare? Testuale: «La Presidenza della Camera ha approvato stamattina la delibera che mette fine all’anarchica situazione dei collaboratori parlamentari. L’impegno a sanare i numerosi casi dei ‘portaborse in nero’ era stato preso dai presidenti delle due Camere, Fausto Bertinotti e Franco Marini». Tutto già fatto, pareva: «I deputati hanno due mesi di tempo per conformarsi alla nuova procedura: dovranno, cioè, consegnare una copia del contratto stipulato e approvato da un consulente del lavoro. Il contratto potrà essere stipulato anche con quei collaboratori che abbiano già un rapporto di lavoro con un soggetto terzo legato a sua volta al deputato, al partito o al gruppo parlamentare di riferimento».
Chiacchiere. Promesse fatte per guadagnare tempo aspettando che l’indignazione dei cittadini si placasse. Esattamente come era già successo con l’intimazione ai deputati di due anni prima: «I rapporti di collaborazione a titolo oneroso dovranno essere attestati, al momento della richiesta di accredito, mediante la consegna agli uffici di copia del relativo contratto». Pochi mesi e come previsto, nel luglio 2007, arrivò infatti l’aggiustatina: oltre a quelli con regolare contratto avrebbero potuto avere il tesserino di accesso ai palazzi della politica anche «persone che svolgano attività di tirocinio formativo» e poi «soggetti titolari di reddito da pensione» e poi «dipendenti di enti pubblici o privati che dichiarino di svolgere attività di collaborazione a titolo non oneroso in favore del deputato… ». Insomma: tutti.
Il servizio di Marco Occhipinti e Filippo Roma per il programma di Italia Uno è sferzante. Spiega che certo, ci sono diverse eccezioni. Come quella dell’assistente di Santo Versace, che si chiama Massimo Migliosi e dice che sì, è vero, lui è in regola: «Ma sono uno dei pochi». E gli altri? La maggior parte lavora in nero. Guadagnando dai tre ai settecento euro. Su 516 portaborse accreditati, solo 194 hanno un contratto e quindi uno stipendio Gli altri 322, cioè il 62 %, non hanno un contratto e quindi niente stipendio.
Proprio come due anni fa. Quando, per esempio, il nazional- alleato Carlo Ciccioli spiegava romanescamente: «La politica ha dei grossi costi. Quindi ognuno s’arangia ». Cioè? Rispose che lui «s’arangiava» allungando ai collaboratori qualche bigliettone: «Quattro o cinquecento euro ar mese pe’ fa ’na cosa. Quattro o cinquecento pe’ fanne ’n’antra… ». Eppure, in aggiunta all’indennità e a tutte le altre voci, i parlamentari prendono ogni mese 4.678 euro al Senato e 4.190 alla Camera proprio perché paghino dignitosamente i collaboratori. Il guaio è che, di fatto, nessuno chiede loro di dimostrare che girano effettivamente quei soldi agli assistenti. Tanto che il senatore di An Antonio Paravia, avendo chiesto lumi al segretario generale di Palazzo Madama Antonio Malaschini, si era visto rispondere che «il contributo per il supporto di attività e compiti degli onorevoli senatori connessi con lo svolgimento del mandato parlamentare, erogato mensilmente, non ha alcun vincolo di destinazione rispetto a eventuali prestazioni lavorative rese da terzi o a possibili configurazioni contrattuali». Traduzione: la scelta di come comportarsi spettava solo al parlamentare.
Le cose, da allora, sono rimaste sostanzialmente intatte. L’unica vera differenza è che questa volta, quando si sono trovati sotto il naso il microfono delle «Iene» (che mandano in onda le interviste stasera) i presidenti della Camera e del Senato hanno almeno evitato di manifestare lo stupore che due anni fa mostrò Fausto Bertinotti dicendo: «Non lo sapevo». Loro sì, ammettono di saper bene qual è l’andazzo. Gianfranco Fini, dopo aver riconosciuto che «da un punto di vista morale è un comportamento poco onorevole, una formula molto diplomatica per dire che è un comportamento inaccettabile», dice che occorre «verificare che chi entra alla Camera, dichiarando di essere collaboratore di quel tal deputato, abbia un contratto di lavoro» perché «non devono esserci volontari. O meglio… in molti casi il volontario è un lavoratore in nero e questo è inaccettabile». Quanto a Renato Schifani, giura che proprio «in questi giorni» stanno «discutendo in commissione» una legge da far approvare in commissione «senza che passi dall’aula, quindi in tempi molto brevi», per regolamentare la faccenda «una volta per tutte». Magari introducendo un «albo» dei portaborse e imponendo finalmente un «contratto di tempo determinato e di lavoro subordinato» con «diritti e doveri e funzioni» e «regole contrattuali», limiti di orario, retribuzione minima e massima…
Auguri. Manca però, pare di capire, un punto centrale. Quello adottato dall’Europa. Dopo varie polemiche, come sui casi di Giles Chichester (il capogruppo dei conservatori inglesi costretto a dimettersi perché aveva trovato il modo di passare i soldi a una società di parenti) o di Umberto Bossi (che aveva fatto assumere da due eurodeputati leghisti suo fratello Franco e suo figlio Riccardo), l’Europarlamento ha infatti deciso di svoltare. E se già il sistema era più rigido che in Italia visto che l’europarlamentare doveva presentare le pezze d’appoggio (tipo un contratto di assunzione o di consulenza) per avere i soldi destinati agli assistenti, da giugno sarà ancora più difficile da aggirare.
Il parlamento Ue riconosce che chi viene eletto a Strasburgo ha diritto a scegliersi dei collaboratori di fiducia. Non sempre il deputato sa le lingue, non sempre è padrone dei regolamenti d’aula, non sempre conosce le diverse materie. Ed è giusto che si porti dietro qualcuno di cui si fida. Di più: l’Europa, sapendo quanto sono costosi i viaggi e gli affitti a Strasburgo e tutto il resto, è generosa. E arriva a dare 17 mila euro al mese (uno sproposito, se fossero dati a Roma) per lo staff di ogni deputato. Ma, ecco il nodo, il parlamentare quei soldi non li vedrà più neanche in transito. Le persone di fiducia da assumere con un contratto a tempo legato al mandato dell’eurodeputato dovranno avere la laurea (o almeno il diploma e una buona esperienza), verranno inquadrate con stipendi stabiliti in base a 19 diversi livelli di professionalità. Ma soprattutto saranno pagate direttamente dal Parlamento. Risultato, per il parlamentare rispettoso delle regole non cambierà nulla ma quello furbo non potrà più giocare: i soldi per i collaboratori devono andare ai collaboratori.
Sono anni che gli assistenti parlamentari italiani chiedono esattamente questo. E su questo si vedrebbe davvero una svolta anche a Roma. Ma quanti, al di là delle parole, vorrebbero davvero darsi queste regole europee rinunciando a quella voce che di fatto, per tanti, è vista come un benefit in più in busta paga?
Gian Antonio Stella
E’ una vergogna!!!!! E poi vengono a dirci delle falsità che non stanno npè in cielo nè in terra.
Io ho fatto il funzionario INPS per oltre 30 anni e il mio stipendio andava tutto per affitto di casa, stipendio della coll. domestica e relativi contributi nonchè vitto e qualche volta alloggio gratuiti. Sono sempre stata convinta che questo era il mio dovere tanto che la mia abitazione l’ho acquistata quando le mie due figlie sono arrivate al liceo e quindi la spesa della domestica si era ridotta di qualche ora.
Io mi guardo allo specchio e mi piaccio perchè ho l’animo sereno e mi sento onesta e corretta intellettualmente e questo l’ho insegnato alle mie figlie che ora, essendo libere professioniste , pagano i collaboratori correttamente
perchè io, ogni tanto controllo un poco la loro contabilità.
I nostri parlamentari sono come i preti “predicano bene e razzolano male”, ma l’esempio che viene dall’alto, quale esempio è? Quello di un’Italia amministrata da imbroglioni.
Berlusconi fa le cose eclattanti, con deliri di onnipotenza perchè non ha necessità di lucrare ora, di soldi ne ha già tanti, ma perchè? Perchè a suo tempo, chi amministrava, gli ha permesso di arricchirsi calpestando tanto e tanti.
Ha saputo entrare in politica al momento giusto per non andare in galera: io quel giorno l’ho ascoltato il suo discorso e sono impallidita commentando da buona veneta “ah benon, adesso semo sistemai par le feste, nessuno lo mandarà più via……””
Una mamma,nonna, pensionata disorientata che ha deciso dall’ultima legislatura di non andare più a votare perchè,come diceva mio suocero “sono tutti menarosti e tutti d’accordo nel convincerci a fare il meglio in tutto mentre loro si dividono le varie torte sorridendo e fingendo di litigare in Tv”. Dov’è la sinistra di Berlinguer a cui eravamo molto affezionati? E’ ANDATO “IN MONA” TUTTO…mI SCUSINO QUELLI CHE LEGGONO, MA UNO SFOGO OGNI T5ANTO FA BENE ALLA SALUTE FISICA E PSICHICA.