LA PERIFERIA VIOLENTA DI MILANO. E il comandante arresta un ladro d’auto colto sul fatto
MILANO – I lampeggianti della ronda notturna attraversano la semioscurità del Corvetto schizzando di luce i muri grigi dei palazzi . Il quartiere è insolitamente silenzioso, ma sono passate solo 24 ore dal pestaggio del vigile urbano spedito in ospedale, e meno di 12 dall’arresto dei primi due responsabili, per la cronaca italiani in una zona dove si punta sempre il dito contro gli stranieri. La colonna di auto, quattro pattuglie e cinque civette, si ferma all’improvviso di fronte un doner-kebab di Corso Lodi. Il comandante della Polizia Locale, Tullio Mastrangelo, scende dalla prima vettura e si infila coi suoi uomini in una piccola traversa buia. Un omino piccolo e pallido, con la barba di due giorni, è stato appena beccato da due ragazzi mentre armeggiava in una Fiat 600 Special. I vigili lo afferrano per le spalle, quasi lo sollevano di peso, e lo mettono faccia al muro per perquisirlo. Nel suo zainetto trovano lo stereo della macchina e un tom-tom. «È una fortuna che me l’hanno tolto dalle mani», sbraita il giovane titolare dell’utilitaria. «È la quinta volta da quando ce l’ho che me la forzano per frugarci dentro». E da quando ce l’ha? «Da meno di un anno».
IL RODEO – A piazza Angilberto le auto della polizia municipale si dispongono in cerchio, come in un rodeo. Le luci delle sirene mulinano all’impazzata, le auto dei passanti finiscono una dopo l’altra nel retino dei vigili. La gente si affaccia alla finestra, capannelli di ragazzi si accalcano ai bordi della piazza. Nel giro di cinque minuti l’operazione di controllo messa in piedi per dare una risposta di forza alle bande di quartiere si trasforma in uno spettacolo di strada. In tutta la zona di Corvetto dal primo agosto vige il coprifuoco. I locali devono chiudere tassativamente alle 24, i bar e i kebab alle 22, internet point e centro massaggi alle 20. Non capita spesso, dunque, di assistere a tanta agitazione.
LA GENTE DI CORVETTO – «Da un po’ di tempo la polizia si fa viva più spesso», spiega un signore di origini pugliesi che abita da queste parti. «Per noi però non è cambiato nulla. L’altro giorno hanno aggredito l’autista di un bus perché era in ritardo di una decina di minuti. Spintoni e insulti, e tutti che applaudivano. Proprio in questo incrocio un’auto è rimasta parcheggiata sul marciapiede per due anni. Era senza assicurazione e di notte qualcuno c’andava a dormire, o chissà cos’altro facevano». Inevitabilmente si impone il tema dell’immigrazione. Per qualcuno lo scontro razziale è già cominciato: «Sono tanti, e aumentano sempre di più. Siamo noi la minoranza. Presto ci sarà una guerra e noi italiani, purtroppo, perderemo».
I CONTROLLI – Il quartiere è da anni sotto osservazione. Gli episodi di violenza si ripetono con una frequenza inquietante. Le risse e i pestaggi sono all’ordine del giorno, ma il precedente più clamoroso risale al 2006, quando una banda di ragazzi assaltò il comando di zona della Municipale. Il vigile pestato è solo un’altra tappa nella marcia avviata da gruppi di balordi e bande più o meno organizzate per trasformare il quartiere in un fortino della criminalità, una città nella città sottratta al controllo delle forze dell’ordine. «Ma noi non abbiamo paura, siamo dappertutto, lo Stato controlla ogni singola viuzza di questo quartiere come del resto della città». Il comandante Mastrangelo ostenta sicurezza. Giacca e cravatta nera, non si limita a coordinare le operazioni. Brandisce una paletta ed è lui stesso a decidere chi fermare e chi lasciar passare: «Controlliamo quasi tutte le auto», spiega, «almeno l’80 per cento. Lasciamo passare giusto le famiglie e i tassisti, insomma quelli che sembrano più tranquilli». Un commissario aggiunto si avvicina con due foglietti in mano: «Guardate questo», dice sorridendo. «Aveva falsificato l’assicurazione della macchina». In effetti il contrassegno sembra una semplice fotocopia a colori. «E questa è anche imitata bene». L’auto, una Ford Focus in buono stato, viene agganciata al carrattrezzi e portata via. Il proprietario, un ragazzo magrebino con i capelli ricci e gli occhi spenti, la guarda allontanarsi malinconico. «Per lui adesso saranno guai, lo denunceremo per falso».
I DATI – Negli ultimi tre mesi al Corvetto la polizia locale ha fermato 429 persone e 243 veicoli, con 11 denunce per vari reati e innumerevoli verbali. «Capita soprattutto il 116», spiega un agente, riferendosi all’articolo del codice che punisce chi guida senza patente: «Si tratta soprattutto di immigrati, hanno la patente del loro paese e non la possono convertire. E così guidano comunque, fino a quando non vengono fermati».
I PUSHER LATITANO – Piazzale Gabriele Rosa, altrimenti noto come il Gabriorosa, dovrebbe essere il quartier generale dello spaccio al Corvetto. In una di queste traverse, via dei Cinquecento, il vigile che cercava di intromettersi nel regolamento dei conti in corso tra magrebini e italiani ha avuto la peggio ed è stato aggredito da decine di persone. Ma stanotte pusher non se ne vedono. E se ci sono si sono rintanati al primo riverbero celestino delle sirene. Lungo il primo tratto di Corso Lodi, nei giardinetti che separano le due corsie, qualcuno si attarda a chiacchierare, a bere una birra. In mancanza d’altro, i vigili si fermano a controllare loro: «Sapete che non potete bere birra all’aperto?». In effetti a Milano c’è un’ordinanza del sindaco che vieta anche questo. I tre ragazzi sudamericani, che però parlano un milanese degno di Nanni Svampa, protestano vibratamente: «Non stiamo facendo niente di male, abbiamo lavorato tutto il giorno e ora ci stiamo riposando». Con loro c’è una ragazzina dai capelli ricci e la pelle scura. Forse lei ha bevuto un po’ più degli altri. «Ha i documenti?» La sventurata non risponde. «Mi dispiace, dovrà venire al comando con noi». Tenta una fuga, ma l’acchiappano subito. La infilano in auto e la portano via. Sarà identificata, fotografata, schedata. Se risulterà clandestina per lei si apriranno le porte di via Corelli.
Fonte: Corriere della sera (Antonio Castaldo)