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Ciccio e Tore, magistrato attacca la polizia

Sospetto di depistaggi. La questura: banale errore sul padre. Il pm Lupo accusa la questura: avrebbe falsificato un verbale

 

 

 

Filippo Pappalardi abbraccia le bare dei figli. Fu arrestato con l’accusa di aver ucciso i figli disobbedienti. Ora è stata chiesta l’archiviazione

BARI — «La verità è che quei bambini non riposeranno mai veramente in pace. E sa perché? Perché è la loro storia che non avrà mai pace. C’è troppo veleno attorno a ogni protagonista, a ogni passaggio, a ogni angolino di quella storia». Era marzo e Rino Vendola, l’allora sindaco di Gravina, aveva visto lontano. In tutti questi mesi la memoria di Ciccio e Tore — i fratellini di Gravina morti di ferite e stenti, di paura e di buio nella «casa dalle cento stanze» — non è mai stata rispolverata per una stretta di mano, per un rancore dimenticato. Sempre accuse, livori, malignità. Veleno, appunto.

Che ha fatto di questa inchiesta una corsa a ostacoli, un fallimento nel quale alla fine hanno perso tutti. Sempre scontri, più o meno feroci. L’ultimo è di pochi giorni fa: procura contro squadra mobile. Stavolta è stato il pubblico ministero Antonino Lupo ad aprire le «ostilità» con le sue 19 pagine scritte per chiedere al gip Giulia Romanazzi di archiviare l’inchiesta su Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore (accusato prima di aver ucciso e nascosto i figli e poi del solo «abbandono seguito da morte »). «Quest’ufficio ritiene che gli elementi sin qui raccolti non sarebbero sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio» conclude Lupo. E giustifica le sue convinzioni precedenti: scrive che dopo la scomparsa dei bambini (il 5 giugno 2006) lui decise di arrestare Pappalardi (il 27 novembre 2007 per sequestro, omicidio volontario e occultamento di cadaveri) convinto della sua colpevolezza anche dal ritardo con il quale l’uomo aveva avvisato gli inquirenti di aver saputo una cosa fondamentale, cioè che i suoi figli, quando furono visti l’ultima sera, stavano giocando nella piazza delle Quattro fontane (non lontana dalla casa in cui furono poi trovati morti).

«Questo ufficio aveva ritenuto che tale colpevole ritardo del Pappalardi avesse contribuito a sviare le indagini», che l’uomo l’avesse fatto «nel tentativo di rendere più difficile la ricostruzione dei fatti». In realtà non ci fu nessun «colpevole ritardo». «E’ stato un banale errore dell’ufficiale di polizia giudiziaria che sotto il verbale di Pappalardi ha scritto 17 agosto invece che 17 giugno» ha rettificato poi la questura con una nota ufficiale. Ma al pm non basta. Per Lupo tutto questo «getta una pesante ombra sull’operato della polizia ». Di più: «È singolare che fra centinaia di atti questo sia l’unico verbale la cui data sia stata erroneamente riportata ». Il magistrato trascrive anche parte dell’interrogatorio dell’indagato e annota: «Le incalzati richieste del pm (sulla data, ndr) si interrompono per l’intervento del dirigente della squadra mobile (Luigi Liguori, ndr) che pone domande su un argomento totalmente diverso». In sostanza ogni parola di Lupo serve a scaricare responsabilità sulla questura: la polizia convinta della colpevolezza di Pappalardi, avrebbe tirato dritto per la sua strada fino a falsificare quell’atto e nell’interrogatorio dell’indagato il dirigente Liguori avrebbe cercato di coprire tutto cambiando argomento. «Qui ciascuno fa il suo lavoro con l’onestà di sempre e io non la voglio aprire questa guerra» premette il questore, Vincenzo Speranza. «Qui c’è gente oculata, che conosce bene gli atti. Quando sarà il momento sapremo bene come rispondere punto su punto. Io non faccio polemiche a vanvera » dice. Lui non vuole confermarlo ma i suoi uomini anticipano un passaggio della guerra che verrà: hanno rispolverato i filmati degli interrogatori, tanto per cominciare. E in quello sott’accusa non è il capo della mobile ma lo stesso Lupo a «porre domande su un argomento totalmente diverso ». «E allora come la mettiamo?» chiedono. «Come la mettiamo?» si erano chiesti a giugno i consiglieri della prima commissione del Csm esaminando il fascicolo d’inchiesta aperto da una lettera con la quale il dottor Lupo lamentava le «ingerenze» del suo capo, il procuratore Emilio Marzano, nell’inchiesta di Gravina.

Era successo che Marzano aveva autorizzato alcuni interrogatori («in assoluta buona fede ») mentre il suo sostituto era assente («mi sono sentito scavalcato»). L’ipotesi che la Commissione ritenne più verosimile per quella lite fu che i due non erano d’accordo sui tempi per scarcerare Pappalardi (rimasto in carcere per molti giorni anche dopo il ritrovamento dei bambini). In procura c’è chi dice che la miccia sempre accesa sul caso Pappalardi ha pesato sulla bocciatura di Marzano (presto andrà in pensione) alla guida della procura generale di Bari. I riflettori di questa storia velenosa hanno illuminato spesso lo scontro più spietato: fra Pappalardi e la sua ex moglie Rosa Carlucci, la madre di Ciccio e Tore. Denunce, controdenunce, ricorsi, perfino la lite finale sul luogo dove seppellire i due piccoli. Lui ha preteso Gravina, lei avrebbe voluto Mesagne (dove ha casa, vicino Brindisi) e alla fine si è arresa accusandolo di aver fatto «il padre-padrone fino in fondo». Oggi Rosa e il suo avvocato, Danilo Penna, presenteranno al gip l’opposizione alla richiesta di archiviazione. «Io non mi fermo — giura lei —. Se il gip archivierà lo stesso io andrò a bussare ad altre porte. Andrò fino alla Corte di Giustizia europea. Qualcuno deve dirmi chi è responsabile della morte dei miei bambini».

Ciccio e Tore, magistrato attacca la poliziaultima modifica: 2008-10-25T16:29:43+02:00da
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