Pochi soldi a disposizione, sindaci e shopping center rinunciano al loro simbolo. L’allarme dell’associazione che raggruppa coloro che impersonano il personaggio nei centri commerciali
WASHINGTON (Stati Uniti) – In America, anche i Babbo Natale sono disoccupati e in cassa integrazione. Non tutti, ma una buona parte: la metà secondo l’«Amalgamated order of real bearded Santa» (l’Ordina amalgamato dei veri, barbuti Santa Claus), che conta 700 iscritti. Lo ha riferito al Wall Street Journal lo sconsolato Nichols Trolli, che ne rappresenta alcuni: «Rispetto all’anno scorso le prenotazioni si sono dimezzate».
BABBO PART TIME – Naturalmente, la causa è la crisi finanziaria ed economica: sempre più aziende, negozi, famiglie non possono permettersi di pagare Babbo Natale 125 dollari l’ora, la tariffa media. Come rimedio Trolli suggerisce che Santa Claus non si fermi più tutta la giornata come in passato, ma faccia solo brevi comparse: «Legga ai bambini una favola natalizia, per esempio». Non è la stessa cosa, ammette però Trolli: «I bambini sono abituati a sedersi sulle ginocchia di Babbo Natale e a chiedergli i regali, a volte fanno lunghe code».
«CI AIUTINO I PRIVATI» – La crisi fa vittime persino tra gli enormi Santa Claus di plastica riccamente illuminati che sovente sovrastano i grandi magazzini e i municipi. Un caso tipico è quello di Bay City, nel Michigan, dove il sindaco Charles Brunner è stato costretto a farsi i conti in tasca. Bay City ha 34 mila abitanti, e tutti i Natale trasformava il parco lungo il fiume nel magico regno Santa Claus, con una sua gigantesca effige su un battello sull’acqua, grandi soldati di latta nei prati, stelle lucenti sugli alberi, sfilate di renne e così via. La gente accorreva anche dalle città vicine per godersi lo spettacolo, tre settimane a cavallo della natività. Ma lo show costava oltre 75 mila dollari, e Brunner vi ha rinunciato: «Spero che qualche privato si faccia avanti con illuminazioni e con dei Babbo natale più modesti» ha detto al Wall Street Journal.
MUSEO SENZA FONDI – Nella stessa situazione si è trovato Scott Wank, il direttore dello Heritage museum and garden di Sandiwch nel Massachusetts, un museo e giardino dedicato all’eredità culturale americana. Tutti gli anni, Wank riceveva dallo stato 140 mila dollari e ospitava in media 16 mila visitatori, intrattenendoli con musiche natalizie, indossando egli stesso il costume di Santa Claus, e facendo regali ai bambini poveri. Ma quest’anno lo stato gli ha negato i fondi: «Mi si spezza il cuore – ha ammesso – per i piccoli sarà un’atroce delusione. Ma c’è troppa gente che sta male, qualcuno fa la fame, bisogna provvedere prima a loro». Come Brunner, Wank affida le sue speranze ai buoni samaritani. Secondo il Wall Street Journal, le vicende di Bay City e di Sandiwich si ripetono un poco ovunque in America: tra le altre città, il quotidiano cita Bonita Spring in Florida, Gatlinburg nel Tennessee, e Denver nel Colorado. «Babbo Natale cercasi a gratis» è così diventato il motto della superpotenza nella crisi finanziaria ed economica. O meglio, Babbo natale che oltre a non chiedere di essere pagati portino anche con sé luci e regali a proprie spese. E rallegrino quello che per milioni di famiglie si preannuncia il Natale più povero dalla grande depressione degli anni Trenta, immortalato in un film indimenticabile di Frank Capra con James Stewart. Lo preannunciano il crollo delle vendite nei negozi, il 25 per cento in media, e la chiusura di alcuni gradi magazzini.