Gli estremisti sarebbero stati intercettati dagli 007 di dehli che non hanno fatto nulla. Dai Gps ai Blackberry, gli autori dei tre giorni di terrore nella città indiana si erano preparati bene
WASHINGTON (USA) – I terroristi responsabili del massacro di Mumbai hanno unito il vecchio e il nuovo. Per attaccare sono ricorsi alla tattica “fedayn” o “ghazwas”. Una missione sacrificale. Un’incursione a sorpresa simile a quelle che lanciavano i seguaci del Profeta e molto celebrate dalla propaganda qaedista. Ma, nel contempo, i mujahedin si sono aiutati con quello che oggi offre la tecnologia. Non è certo una sorpresa. I mezzi sono a disposizione di tutti, anche dei criminali.
LA RICOGNIZIONE – L’attentatore sopravvissuto ha raccontato che nella fase di addestramento hanno potuto studiare la zona – il centro di Mumbai – grazie a foto satellitari scaricate da Google Earth. Un primo “sguardo” per familiarizzare con il teatro operativo. Quindi – ha proseguito – hanno visto immagini e video girati da un complice. E’ possibile che qualcuno di loro abbia visitato il sito dell’Hotel Taj Mahal che offre un tour virtuale di molti ambienti.
GLI SPOSTAMENTI – I terroristi erano in possesso di Gps, fondamentali per muoversi rapidamente per raggiungere gli obiettivi. L’estremista ha confermato durante gli interrogatori di come si siano serviti del gadget proprio nelle fasi più drammatiche, quando passavano da un bersaglio all’altro. Sempre grazie ad un Gps il commando è riuscito ad avvicinarsi al punto scelto per lo sbarco.
LE COMUNICAZIONI – Oltre ad essere bene armati, i militanti disponevano di diversi apparati di comunicazione. Innanzitutto telefoni satellitari con i quali si sono mantenuti in contatto con un importante dirigente del movimento Lashkar-E-Toiba in Pakistan. Quindi avevano dei telefonini Blackberry usati sia per coordinare i movimenti che per informarsi. Sembra che con i cellulari abbiano consultato siti di giornali e tv inglesi per tenersi aggiornati su quello che stava accadendo all’esterno.
L’EMAIL – L’email dei “Mujahedin del Deccan” con la quale è stata rivendicata la strage era protetta. Infatti, l’anno inviata con il sistema remailer che permette di nascondere l’origine del messaggio. Gli indiani sostengono che si sarebbero appoggiati ad un server russo www.yandex.ru da qualcuno che si è collegato dalla città pachistana di Lahore. L’autore ha dettato il comunicato: uno speciale software – reperibile in commercio – ha trasformato le parole in testo. Per la polizia sarebbero comparsi diversi errori di scrittura dovuti al malfunzionamento del programma stesso.
LE INTERCETTAZIONI – Il ricorso alla tecnologia ha messo però a rischio l’intera missione. Il Raw – il servizio di intelligence indiano – e l’Nsa, l’agenzia di spionaggio elettronico americana, avevano intercettato diversi messaggi. Incredibile e grave che le autorità non abbiano adottato contromisure adeguate. Sulla vicenda esistono versioni diverse, con le date degli “avvisi” che si intrecciano. A metà ottobre gli 007 americani mettono in guardia su un possibile attentato “dal mare contro gli hotel e la zona commerciale a Mumbai”. Viene anche precisato che tra gli obiettivi vi sarebbe il Taj Mahal Hotel. Un’altra fonte anticipa l’intercettazione al 18 settembre: protagonisti del colloquio un leader conosciuto del Lashkar E Toiba e una persona non identificata. Il 24 gli 007 indiani – probabilmente con l’aiuto americano – “ascoltano” una comunicazione dove vengono indicati come bersagli numerosi alberghi di Mumbai. Infine, il 19 novembre, è intercettata una telefonata satellitare che dice “arriveremo tra le 9 e le 11”. Successivi controlli stabiliscono le coordinate del luogo da dove è partita: 40 chilometri a ovest di Johl, in mare aperto. L’intelligence passa le informazioni ad altri dipartimenti ma non accade nulla. Il 26, qualche ora prima dell’attacco, nella rete elettronica finisce il dialogo tra il dirigente dei Lashkar, Muzammil, – da tempo sotto sorveglianza – e un numero del Bangladesh. Il capo separatista afferma che gli servono cinque sim card per l’operazione. Si riferisce a Mumbai? Forse. Anche se il Raw non esclude che il numero del Bangladesh abbia fatto da “ponte” con il commando pronto all’assalto.
LE SIM – Nuove informazioni potrebbero arrivare dall’analisi dei telefoni dei terroristi e delle sim card. Tra i satellitari vi sarebbe anche l’apparecchio intercettato dagli indiani in novembre. Altri accertamenti sono svolti su una sim card che sembra sia stata acquistata negli Stati Uniti e poi portata in Asia.
IL BATTELLO – La stampa indiana ha scritto ieri che la Marina avrebbe fermato il peschereccio dirotatto dai terrorsti per raggiungere Munbai. Ma gli estremisti avrebbero mostrato dei documenti falsi e sarebbero così riusciti ad eludere il controllo. Un episodio che, se confermato, accrescerà le polemiche su quello che poteva essere fatto per prevenire il massacro. Del resto i pescatori della regione avevano più volte invitato le autorità ad aumentare la vigilanza in quanto a loro giudizio era alto il rischio di infiltrazione terroristiche via mare.