
La vera sfida di Time è stata dire qualcosa di nuovo su un personaggio il cui cognome su Google offre 300 milioni di risultati. Il magazine ha risposto al dilemma offrendo in primo luogo un pacchetto multimediale nel quale la rivista cartacea è solo un ingrediente. Tra le altre cose ci sono 26 scatti inediti in bianco e nero di un sorridente e scanzonato Obama al college, con cappello in testa e sigaretta in bocca, ritratto nel 1980 da una compagna di corso; una rassegna di immagini pubblicate sul popolare sito di condivisione di foto Flickr, dal quale sono state estratte 30 opere (tra cui un Obama di Lego dell’italiano Marco Pece) su 100.000 esaminate; e una raffica di video, grafici interattivi e immagini dietro le quinte. Ma è nell’intervista esclusiva nel proprio ufficio spartano, con mobili “da istruzioni di montaggio in svedese”, che Time fa emergere l’Obama inedito della transizione presidenziale. Finita l’epoca degli eventi elettorali con le folle oceaniche e in attesa del nuovo bagno di gente per l’insediamento il 20 gennaio, Obama sta trascorrendo un periodo durante il quale compare solo per rapide e pragmatiche conferenze stampa per annunciare i membri del team. Ed è in questo contesto, secondo Time, che emergono suoi punti di forza non pienamente evidenziati dalla campagna elettorale. Primi tra tutti, la calma, le doti di leadership, e la capacità di ottenere risultati.
Dopo il tormenti dell’Iraq e i fallimenti di Katrina, afferma la rivista, gli americani si attendono “semplice competenza” dal comandante in capo. Il metodo di Obama, nelle sue parole, “non ha niente di magico: penso di avere naso per il talento, quindi assumo gente davvero in gamba. E ho ha anche un sano ego, quindi non sono impaurito dall’assumere la gente più intelligente, anche quando si tratta di persone più intelligenti di me. Inoltre, ho poca pazienza per sciocchezze, lotte per il controllo del territorio e giochini, ed è un messaggio che sto mandando con chiarezza”. Quanto alle priorità che si sta dando, Obama indica al primo posto l’economia, poi l’Afghanistan, quindi “la proliferazione nucleare, che mi tiene sveglio la notte” e il cambiamento climatico. Dopo due anni di governo, rivela, si sentirà di aver fatto il proprio dovere se ci saranno progressi reali su questi fronti, se avrà chiuso Guantanamo, “messo fine alla tortura e ripristinato un chiaro equilibrio tra le esigenze di sicurezza e la nostra Costituzione”, ricostruito efficaci alleanze globali e ritirato le truppe dall’Iraq.