A Genova. «Che tassi praticate?». «E se muoio?». Il commando vince la battaglia. Protesta benedetta da Burlando: impiegati obbligati a lavorare 2 ore in più
Il 12 dicembre le Poste hanno chiuso l’unico ufficio che serviva seimila persone, tante abitano il Cep. Sulla porta è comparso un cartello «chiuso per evento criminoso ». L’11 dicembre c’era stata una rapina. L’ufficio più vicino è a cinque chilometri, per raggiungerlo bisogna cambiare due autobus. È quello di via Airaghi dove i pensionati del Cep hanno inscenato ieri la loro protesta: l’operazione Tartaruga. L’hanno chiamata così un po’ perché il suo fulcro è la lentezza e un po’ per ironia, perché ricorda i loro volti rugosi segnati dalla vita. «Ci presentiamo tutti i giorni in trenta all’ora di chiusura – era il piano – e tratteniamo le impiegate con tutte le domande possibili finché ce la facciamo».
È andata avanti dall’una alle tre, con il sorriso delle tre impiegate agli sportelli sempre più tirato e sotto gli occhi di polizia e carabinieri. «Abbiamo lottato — dice Maria Grazia — per avere l’ufficio postale dieci anni fa, ora non possiamo perderlo. La rapina è solo un pretesto». Dotazione individuale del commando un foglietto di istruzioni stampato dall’ex farmacista del quartiere, Carlo Besana: come far perdere tempo alle impiegate. Fra le domande da porre anche: cosa succede del mio conto postale in caso di morte? Qualcuno ha fatto scongiuri ma poi si è detto: perché no? Ed è andato avanti intrepido. Poi, largo all’improvvisazione: mio figlio lavora all’estero può ritirare i soldi con il Bancoposta? E quanto gli costa? E se lavorasse in Cina? Ci sono le Poste in Cina? Ad aprire le danze all’una è stato Nicolò Catania, ex operaio di fonderia, ex sindacalista Cgil, settantenne. Ha chiesto di parlare con il direttore: «Ho centomila euro e vorrei aprire un conto, che interesse mi date? Così poco? Non sono mica spiccioli. E se poi non sono soddisfatto e chiudo il conto quanto pago?».
Si sono guardati negli occhi e si sono capiti: i 100 mila euro non ci sono mai stati ma sono andati avanti lo stesso, è stato bello fingere per un po’. L’ex operaio ha tenuto il gioco diciotto minuti. Il record l’ha battuto Susanna: ventitré minuti allo sportello, poi ha lasciato perdere per gentilezza verso l’impiegata. Data l’età media e gli acciacchi i più previdenti si sono portati una sedia pieghevole da casa, una bottiglia d’acqua, bicchieri di carta. E per allungare ancora i tempi tutti hanno versato con bollettino postale un euro a Emergency o all’hospice della Gigi Ghirotti non dimenticando di chiedere la tariffa agevolata: «Ho più di settant’anni, ho diritto allo sconto». Poi hanno coniato anche uno slogan: «Non ho bastoni né corpi contundenti la mia arma sono i conti correnti». In serata le Poste hanno ceduto: l’ufficio del Cep, hanno scritto, sarà riaperto il 12 gennaio «dopo i lavori per metterlo in sicurezza».
È soddisfatto il presidente della Regione Claudio Burlando (Pd) che aveva già scritto al ministro Scajola e alle Poste: «Inaccettabile chiudere quegli sportelli». «Una vittoria della gente—dice Burlando—non aveva senso che Regione, Comune, volontariato si impegnino per aiutare il Cep e l’unico segno dello Stato sia chiudere un servizio essenziale». I vecchietti si erano preparati a bloccare di nuovo le Poste il 2 gennaio, ma non sarà necessario. Grandi questi vecchietti, hanno fegato e spregiudicatezza, quello che manca ai giovani d’oggi. Bravi, prendete esempio.