Con Fini si schiera tutta l’opposizione, che lo applaude in aula. Ma il presidente del Consiglio difende la scelta del governo. Per Berlusconi, questa decima fiducia “era indispensabile” per far convertire in tempo il decreto, che scade il 28 gennaio. La fiducia sul decreto anticrisi, che sarà votata a Montecitorio domani pomeriggio, appariva scontata. Prima di porla, il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha lodato “l’ottimo e lungo lavoro svolto in commissione” sul testo, protrattosi più dei 15 giorni previsti dal regolamento. Ma una frase fa scattare Fini: “Confermiamo la decisione di apporre la fiducia nel testo della commissione riconfermando la centralità del Parlamento”.
E’ qui che il presidente della Camera reagisce. “Negli anni – scandisce in aula – ho ascoltato molteplici ragioni per giustificare la fiducia, ma è la prima volta che sento che essa venga posta in onore del lavoro della commissione e, così, in omaggio alla centralità del Parlamento. Al rappresentante del governo – dice ancora Fini – ricordo che il procedimento legislativo a Costituzione vigente prevede l’esame dei testi in commissione e in Aula. E’ un diritto per il governo porre la fiducia, ma è doveroso esprimere valutazioni di tipo squisitamente politico. L’omaggio al Parlamento si fa se si consente alle commissioni di lavorare e ai singoli parlamentari di esprimersi in Aula. Il rispetto della centralità del Parlamento e della sua funzione nel procedimento legislativo – conclude – non si limita all’omaggio del lavoro fatto in commissione ed impedendo ai deputati di pronunciarsi in Aula su un testo”.
Parole sottolineate da un evidente gesto di stizza di Fini verso il banco del governo. Insomma, confiderà più tardi a un cronista, “quanno ce vò ce vò”, facendo capire che la fiducia era indispensabile solo per ragioni politiche connesse al dibattito interno alla maggioranza. La reazione del presidente della Camera spiazza la stessa opposizione, che non si aspettava un tale assist e gli si schiera al fianco. Il Pdl, con Fabrizio Cicchitto, invece dissente. “Noi – sostiene – ci assumiamo la responsabilità della scelta del governo; con la fiducia non si spossessa nessun parlamentare della propria funzione”. E la Lega non perde l’occasione per rendere la pariglia a Fini rispetto alle critiche da lui avanzate alla tassa sul permesso di soggiorno accusandolo, con Roberto Cota, di essere “super partes a giorni alterni”. Ma la maggioranza non è compatta sulla scelta della fiducia. Mastica amaro soprattutto l’Mpa, che manifesta “profondo dissenso” con Cicchitto e “sostegno pieno” a Fini, lasciando intravedere un no sul decreto legge: una decisione sarà presa domani. L’opposizione si schiera compatta contro la fiducia che Walter Veltroni bolla come “immotivata”. “Si tratta – dice il segretario del Pd – di uno strappo consistente nella prassi. Bene ha fatto il presidente della Camera a richiamare l’Aula.
E’ la sanzione di una grande difficoltà della maggioranza”. Di divisione della maggioranza e schiaffo al Parlamento parla il dipietrista Massimo Donadi e al fianco di Fini si schiera anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, che pure con il suo successore alla presidenza di Montecitorio in questi mesi ha avuto non pochi battibecchi.