Mannini e possanzini squalificati per un anno per essersi presentati 20 minuti dopo. L’Aic ha deciso che gli incontri di A e B di questo fine settimana cominceranno 15 minuti dopo l’inizio previsto
Daniele Mannini nella foto sotto insieme a Possanzini nel brescia |
LA NOTA – «Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Calciatori – si legge nella nota dell’Aic – in segno di solidarietà per i calciatori Mannini e Possanzini e di protesta per la scandalosa sentenza che li condanna, ha deciso che nella prossima giornata di campionato di Serie A e di Serie B, compresi gli anticipi ed i posticipi, le squadre scenderanno in campo con 15 minuti di ritardo». «L’azione di protesta – ha dichiarato il presidente dell’Aic, Sergio Campana – ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’enormità del caso e vuole essere anche un messaggio al Coni e alla Federcalcio per una riflessione operativa sulla sentenza del Tas di Losanna e sulla necessità di iniziare un percorso di rivisitazione della normativa Wada».
La rabbia degli squalificati «I nostri test erano negativi»
NAPOLI — Il primo dicembre del 2007 Davide Possanzini e Daniele Mannini avevano mezz’ora di tempo, dal fischio finale di Brescia-Chievo, per presentarsi al controllo antidoping per il quale erano stati sorteggiati. Ci arrivarono dopo 43 minuti, e al test risultarono negativi. Il capitano del Brescia e il suo ex compagno di squadra, passato nel frattempo al Napoli, non sono mai stati dopati, ma non è questo che gli si contesta. Il Tas li ha squalificati per un anno per il ritardo. La Federcalcio li assolse, il Coni li fermò per 15 giorni, ma la Wada, l’Agenzia antidoping mondiale, fece ricorso al tribunale di Losanna, che dopo mesi di rinvii ha deciso con il machete. E ora c’è poco da fare, spiega l’avvocato Carlo Ghirardi, che ha difeso i due giocatori: «La sentenza nel merito non è impugnabile e vedremo se ci sono vizi di forma, o altro, per andare ad attaccare questa decisione che da un lato è assurda e dall’altro, lo dico senza timore di essere smentito, è la sconfitta del calcio italiano e mondiale nei confronti degli altri sport». Mannini e Possanzini hanno sempre motivato il loro ritardo spiegando che furono trattenuti negli spogliatoi dal loro presidente, Gino Corioni, infuriato per la sconfitta interna con i veronesi. Corioni aggiunge che il commissario antidoping presente allo stadio fu informato e anche invitato negli spogliatoi in modo da poter controllare che i due giocatori non facessero nulla che potesse poi alterare l’esito del test. E che comunque concesse qualche minuto in più. Ma di questo la sentenza non tiene conto, e Corioni non lo accetta. Dice che il provvedimento del Tas «è una vergogna», che «i due ragazzi non hanno fatto niente» e che lui ricorrerà «ovunque è possibile ricorrere, ma non alla giustizia ordinaria perché altrimenti violeremmo la clausola compromissoria». Ma soprattutto il presidente del Brescia chiama in causa le istituzioni sportive: «Ora voglio vedere se lo sport italiano riuscirà a difenderci dalla più grande ingiustizia di sempre o se rimarrà con le mani in mano». Il Napoli invece sceglie il profilo basso. Il presidente De Laurentiis bada a rincuorare Mannini: «La casa del Napoli è la sua casa — dice —. Un anno passa in fretta e noi lo aspetteremo. L’importante è che lui non si deprima, deve reagire a questo momento di avversità e tornare più forte di prima». Il d.g. Marino premette che «noi tutta questa faccenda l’abbiamo ereditata», ma anche lui parla di «ingiustizia colossale», e poi aggiunge: «È assurdo che un impianto accusatorio immoli come martiri giocatori non positivi al doping». Però sicuramente non è sorpreso, perché nei giorni scorsi si è affrettato ad acquistare l’argentino Datoli, centrocampista di fascia sinistra, esattamente il ruolo occupato finora da Mannini nella squadra di Reja.