Dopo gli exit poll entrambi i favoriti reclamano la vittoria. Il partito centrista Kadima in vantaggio sul conservatore Netyanahu. L’estrema destra di Lieberman decisiva
Tzipi Livni |
EXIT – Questo il quadro delineato dai primi exit poll riferiti alle elezioni politiche israeliane caratterizzate anche dalla conferma dell’ascesa di Israel Beitenu, il partito arabofobo ultrà di Avigdor Lieberman capace di scavalcare i Laburisti per il terzo posto. Un verdetto che non impedisce a Netanyahu di rivendicare la poltrona di primo ministro a dispetto della maggioranza relativa sfumata. E che, sul fronte palestinese, fa già gridare alla minaccia di «paralisi» del processo di pace, o di ciò che ne resta. Ma che per molti osservatori può significare solo esecutivo di unità nazionale o ingovernabilità.
LIVNI – «Israele ha scelto Kadima», ha scandito il ministro degli Esteri. Così Kadima prova a giocare le sue carte annunciando di volerle sparigliare fino a non escludere di riconoscere a Lieberman un ruolo da arbitro pur di far diventare Livni la seconda premier donna del Paese 36 anni dopo Golda Meir. Il voto ha visto una partecipazione superiore al previsto dopo una campagna elettorale segnata da un generale pessimismo, dall’ombra della sanguinosa guerra di gennaio nella Striscia di Gaza e dall’inquietudine per i programmi atomici dell’Iran.
I RISULTATI – Alla chiusura dei seggi, salutata dall’ennesimo razzo (a vuoto) sparato dalla Striscia verso Sderot, le indicazioni degli exit poll hanno dato unanimemente in testa Kadima, con un bottino di 28-30 deputati insperato alla vigilia. Lasciando il Likud con un paio di seggi in meno: in forte recupero rispetto a tre anni fa (quando fu penalizzato proprio dalla scissione con Sharon, contestato da Netanyahu per il ritiro dei coloni da Gaza) e in linea con i sondaggi, ma pur sempre alle spalle del maggiore contendente. A 16 seggi salirebbe il partito di Lieberman, protagonista dei comizi delle ultime settimane con i suoi slogan bellicosi e la promessa di un test di lealtà al milione e mezzo di cittadini arabi israeliani. Mentre i Laburisti di Ehud Barak, eredi dei fondatori dello Stato sionista, si fermano a quota 14 (mai così in basso), seguiti da un nugolo di partiti e partitini di destra (religiosa e laica), dalle liste della minoranza araba (nove seggi fra comunisti e nazionalisti) e, al penultimo posto, dalla sinistra pacifista-intellettuale del Mertez.