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Calcio a 5, truffe e inchieste

 

 

Ottantamila tesserati, un milione di praticanti, ma il calcetto sta affondando. «Alla Fifa diagnosi medica inventata su un calciatore» Azzurro squalificato per doping. Passaporti falsi

 

Città di nascita: San Paolo, Curitibanos, Belo Horizonte, Maringa, Paranà. Domanda: ma ce ne sarà uno italiano… almeno uno?E’ una calciopoli di periferia lontana dai riflettori della serie A, dove nascono storie ambigue. Come il giallo del calciatore «deportato».

«Sali subito su quell’aereo»

È la mattina del 28 settembre scorso, in un albergo di Rio de Janeiro, sede del ritiro della nazionale italiana. Mancano due giorni alla prima partita dei Mondiali di calcetto. All’alba, un uomo dello staff azzurro bussa alla porta di Douglas Corsini, calciatore: «Svegliati Douglas, prepara le tue cose, torni in Italia, hai l’aereo tra poche ore». Cosa è successo? «Non ne ho idea — spiega Corsini oggi — ero stato inserito nella lista finale consegnata alla Fifa, gli amici mi mandavano messaggi di complimenti, per me era un sogno». È un’esclusione misteriosa. Il regolamento dice che i nomi dei 14 giocatori selezionati per la competizione vanno consegnati dieci giorni prima dei Mondiali. A quel punto le scelte sono definitive. Non c’è più tempo per decidere chi è in forma e chi no. Un calciatore può essere sostituito solo a causa di un «grave infortunio ». Corsini è nella lista dei 14 (come confermato ieri dalla Fifa). Ma il tecnico Alessandro Nuccorini, ora al Mantova in serie B di calcio, ha portato in Brasile anche un quindicesimo giocatore, Jubansky. No, non c’è. Mentre la squadra di Marcello Lippi è appesa da mesi alla telenovela Amauri (quando sarà naturalizzato l’attaccante brasiliano della Juve per poter giocare con l’Italia?), un’altra nazionale non ha avuto scrupoli e s’è consegnata all’ironia di mezzo mondo, l’Italia del Calcio a 5. Quattordici brasiliani oriundi su quattordici giocatori: così ci siamo presentati all’ultimo campionato del mondo, in Brasile, scatenando l’ira della Fifa. Una squadra che indossa la maglia azzurra, con lo stemma della Federcalcio italiana, ma parla portoghese. Non è solo un fatto di morale sportiva. È il simbolo di uno sport che dopo anni di crescita vertiginosa, per praticanti e tesserati, ormai sta andando in malora: per la «tratta» di ragazzi brasiliani, argentini e paraguaiani che hanno invaso i nostri campionati di serie A e B. Per l’ondata di naturalizzazioni taroccate. Le firme false, i documenti posticci, i bisnonni italiani inventati. Sono seguiti arresti, processi, radiazioni. L’ombra del doping.

Alla vigilia dei Mondiali Corsini viene rispedito in Italia (Jubansky prende il suo posto) e da quel giorno non sa più niente dalla nazionale. Chiede notizie alla Federcalcio, ma non ottiene risposta. Allora si rivolge alla Fifa, che lo scorso 11 febbraio spedisce la sua documentazione medica. E a quel punto scopre che gli è stata «diagnosticata» un’insufficienza renale gravissima. Peccato che lui si senta benissimo. E che nessuno si sia preoccupato di informarlo. Perché? Corsini prende in mano i certificati con cui il 28 settembre 2008 il medico della nazionale ha giustificato la sua esclusione e scuote la testa. Quella relazione parla di «problemi alle vie urinarie» e all’addome comparsi il 10 settembre, durante il ritiro: «Ma non ho avuto niente», sbuffa Corsini. Di più: le cronache sulla nazionale dicono che quello stesso giorno ha giocato due amichevoli. Continua il referto: «Presenza di malattie all’apparato urogenitale tra i suoi parenti». «Nessuno ha mai avuto questi problemi», ribatte il calciatore. E così via: «Febbre e dolori articolari» nei giorni successivi, in cui Corsini gioca altre amichevoli. Fino al particolare più inquietante: un prelievo di sangue (con allegato esito delle analisi) del 22 settembre, che il calciatore dice di «non aver mai fatto». Per la nazionale è un malato grave, lui sostiene di essere sempre stato in ottima forma. Il sospetto è quello di un’esclusione per motivi tecnici giustificata con un problema di salute. Qualcosa non torna. Nel momento in cui lo staff azzurro inviava alla Fifa la richiesta di sostituzione per «grave infortunio», il tecnico Nuccorini non accennava minimamente al problema: «Dispiace per Corsini— dice nel comunicato di quel giorno sul sito della nazionale — avrebbe meritato di giocare… ma ho dovuto fare una scelta seppur dolorosa». Il Mondiale dell’Italia si concluderà con un buon risultato (terzo posto), ma con una nuova ombra: il doping. Dopo l’ultima partita con la Russia, i medici della Fifa controllano l’azzurro-oriundo Eduardo Carlos Morgado. Positivo al nandrolone. Due anni di stop. Qualche settimana dopo, il 13 dicembre, l’altro nazionale Adriano Foglia viene trovato positivo alla cocaina. Era stato eletto miglior giocatore del mondo nel 2003.

I bisnonni inventati

Cambio di scena, Caserta. La cosa strana, per i carabinieri che scartabellavano tra i certificati, è che quei ragazzi «vivevano» tutti nella stessa casa, in un appartamento del rione Cappiella della città campana. Diciassette giocatori di calcetto di serie A e B, molti dei quali ancora in attività, tutti argentini. E tutti «ospiti» nell’appartamento di due persone che non ne sapevano nulla. In base a quelle carte il pubblico ministero di Santa Maria Capua Vetere, Donato Ceglie, ha chiesto nei giorni scorsi il rinvio a giudizio per i giocatori, per tre dirigenti della società Pro Scicli (serie A1), per due funzionari dell’anagrafe, un vigile e un dirigente- procuratore già radiato dalla Federcalcio per storie del genere. Taroccavano documenti del consolato italiano di Buenos Aires per ottenere finti passaporti italiani. La regola dei campionati prescrive infatti non più di un extracomunitario per squadra. Porte aperte però agli oriundi. Senza limiti. E così è partita la «tratta » di giocatori sudamericani che in pochi anni ha travolto il futsala in Italia. Ottimi giocatori, a basso prezzo, a completa disposizione delle squadre. E se mancano i documenti per la cittadinanza, con la pazienza o con la truffa un bisnonno italiano si trova sempre. Le inchieste hanno attraversato mezza Italia, da Aosta al Lazio. La questura di Vicenza ha chiuso da poco le indagini su un altro giro di passaporti falsi: coinvolti un poliziotto, un manager argentino e il titolare brasiliano di un’agenzia di pratiche amministrative. Sotto inchiesta una decina di giocatori di serie A1 e A2 in Veneto e nei dintorni di Roma. «A volte gli alberi genealogici che contenevano un antenato italiano — spiega il capo della Squadra mobile di Vicenza, Michele Marchese — erano inventati. Grazie a impiegati comunali conniventi, alcuni giocatori prendevano la residenza in Comuni dai quali non erano mai neppure passati».


La rabbia della Fifa

L’attacco è arrivato proprio durante gli ultimi Mondiali: «L’Italia non è certo in una situazione ideale — ha spiegato il direttore delle competizioni Fifa, Jim Brown — visto che ha tutti giocatori nati in Brasile. Non è questo che desideriamo per sviluppare questo sport e difendere il concetto di squadre nazionali». L’invasione degli oriundi sarà un tema da discutere nei prossimi mesi: le elezioni per la Divisione calcio a 5 si terranno domenica prossima (con Fabrizio Tonelli, presidente dal 1997, tra i candidati). Restano i numeri dell’invasione: nelle prime due squadre in classifica della serie A1 (Luparense e Arzignano, in Veneto), i paisà sono 28 su 30. E ancora, se si prende l’elenco dei contratti disponibile sul sito della Federazione, gli oriundi sono 268 su 348, oltre il 77 per cento. Nessuno, in questa situazione, si stupisce per le frecciate ironiche. In giro per il mondo ci chiamano spesso la Selecao azzurra. O peggio: i brazzurri.

 

Calcio a 5, truffe e inchiesteultima modifica: 2009-02-21T11:32:22+01:00da
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