‘Ndrangheta, preso il presunto autore della strage di Duisburg. Il ministro Maroni: «Una giornata da incorniciare». Il superpoliziotto Cortese: «Pedinamento durato due anni»
Il 6 marzo la polizia fotografa ad Amsterdam Giovanni Strangio. La cattura in Olanda dei due pericolosi cognati (con lui anche Francesco Romeo) affiliati alla ‘ndrangheta si è realizzata grazie al grande lavoro d’investigazione degli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, guidati da Renato Cortese, e dello SCO di Roma, il Questore Santi Giuffrè e la DDA di Reggio
Un fermo- immagine tratto da un video che ritrae Francesco Romeo (Ansa)
Ecco come la polizia è arrivata all’individuazione di Francesco Romeo
REGGIO CALABRIA – Per arrestare Giovanni Strangio ad Amsterdam c’è stata una irruzione giovedì sera in un quartierea pochi chilometri dal centro storico della città olandese. Si tratta – hanno precisato gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria durante una conferenza stampa – di una palazzina a tre piani. Oltre a Strangio, nell’appartamento vivevano anche suo cognato Francesco Romeo, arrestato con lui, la moglie di Strangio e il bambino di tre anni della coppia. Le persone, quanto sono state sorprese dagli agenti, stavano andando a dormire.
CHI E’ STRANGIO – Ha solo 30 anni ma era un capo assoluto, nato a Siderno (Reggio Calabria), residente a Kaarst, nella Renania-Westfalia, dove è titolare di due pizzerie, Giovanni Strangio, da San Luca, arrestato dopo due anni e mezzo di latitanza, era ricercato perché sospettato di essere tra gli autori della strage di Duisburg. Prima dell’omicidio delle sei persone, davanti al ristorante «Da Bruno» della città tedesca nel Ferragosto di due anni fa, di Giovanni Strangio neanche si parlava. Non era tra quelli più in vista nella geografia mafiosa della locride, anche se era cugino di Maria Strangio, la donna uccisa a Natale del 2006 a San Luca, episodio che gli inquirenti datano come quello della nuova partenza della sanguinosa strage tra i due gruppi criminali aspromontani.
Giovanni Strangio in una foto segnaletica
Diffusa dalla Polizia di Stato, una foto che mostra, tramite foto scattate a distanza di tempo , il cambiamento somatico di Francesco Romeo, arrestato insieme con Giovanni Strangio ad Amsterdam con l’accusa di coinvolgimento nella strage di Duisburg (Ansa)
Francesco Romeo in una vecchia foto segnaletica
LE INDAGINI DOPO DUISBURG – Strangio il 10 agosto del 2007 aveva noleggiato un’automobile, una Renault Clio nera. Auto centrale ai fini dell’indagine condotta dalla Polizia tedesca e da quella italiana sull’agguato di metà agosto. Per ricollegare la mattanza di Duisburg al nome di Giovanni Strangio passarono, in realtà, poche ore. A Kaarst venne, infatti, perquisita la sua abitazione: lui non c’era, ma alla Polizia tedesca era apparsa subito un’abitazione abbandonata in tutta fretta e, del resto, l’identikit diffuso poche ore dopo la strage lasciava pochi dubbi. Quel testimone che racconta alla Polizia di avere visto una persona allontanarsi dal ristorante «Da Bruno» alla guida di un’automobile nera e a forte velocità sembrava essere in tutto e per tutto come la descrizione di Giovanni Strangio. Quando ad agosto 2007 viene emesso il provvedimento contro Giovanni Strangio all’inizio ne nasce anche una querelle: l’ordine di arresto sembra valido solo per il territorio tedesco in quanto il giovane non ha alcuna pendenza penale in Italia. Ma i primi di settembre l’ordine di cattura viene internazionalizzato ed eseguibile dunque in qualsiasi Paese europeo. Da allora è stata caccia all’uomo. L’uomo dagli occhi blu e dai capelli scuri non si trovava, né a San Luca e né nella Renania. Era in una casa tra i canali di Amsterdam e lì lo hanno scovato gli uomini di Renato Cortese, il capo della Mobile di Reggio, l’uomo che scova i latitanti, che prima di Strangio aveva arrestato nientemeno che Bernardo Provenzano.
CORTESE – «Non si aspettavano la nostra irruzione – dice il dirigente della squadra mobile, Renato Cortese. Da quasi due anni avevamo attuato un intenso lavoro di pedinamento delle persone che potevano potenzialmente proteggere la latitanza di Giovanni Strangio. Un primo successo l’avevamo segnato il 26 novembre del 2008 con l’arresto ad Amsterdam di Giuseppe Nirta, anch’egli cognato di Strangio. Da quel momento il cerchio si è stretto sempre più fino a quando abbiamo avuto la certezza che Strangio e la sua famiglia si trovavano dentro quella palazzina». «I due – ha detto ancora Cortese – conducevano una vita assolutamente normale, mescolandosi tra la gente di Amsterdam e spesso usando travestimenti con cappelli e occhiali. Non avevano armi, sequestrati alcuni cellulari. «Il successo dell’operazione – ha concluso Cortese – è anche frutto dell’intensa collaborazione con polizia tedesca e olandese».
UN MILIONE DI EURO IN CASA – Gli inquirenti hanno trovato in casa almeno un milione di euro in contanti. La rivelazione è venutadalla polizia di Duisburg durante una conferenza stampa tenuta venerdì mattina nella città tedesca. Oltre ai contanti, nell’appartamento di Amsterdam, al secondo piano di una palazzina con sette appartamenti in tutto, c’erano inoltre alcuni passaporti falsi e un apparecchio per realizzarli.
I MINISTRI – «Oggi è una giornata da incorniciare nella lotta alla criminalità organizzata. Con gli arresti di Giovanni Strangio e Francesco Romeo ad opera del Servizio Centrale operativo e della Squadra mobile di Reggio Calabria, e di Antonino Lo Nigro da parte dei Carabinieri di Bagheria, sono stati inferti due durissimi colpi alla ‘ndrangheta e alla mafia» ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. «Ringrazio per lo straordinario lavoro – continua Maroni – il Capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gianfrancesco Siazzu, e i magistrati che hanno coordinato le indagini». E anche il ministro dell’Interno del Nord Reno-Westfalia, Ingo Wolf ha avuto parole di elogio per l’operazione: «L’arresto di Giovanni Strangio rappresenta un successo investigativo comune delle autorità olandesi, italiane e tedesche». La cattura, ha sottolineato, «dimostra che la cooperazione internazionale degli inquirenti funziona perfettamente».