Sotto accusa dopo 16 mila arresti in 18 mesi. Tendopoli nel deserto come carcere. Democratici e associazioni contro l’italoamericano. Lui: «Non mi piegherò, continuerò a far rispettare la legge
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Lo sceriffo Joe Arpaio |
WASHINGTON — Tempi duri per «lo sceriffo più duro del West». Forse perché in città — intesa come Washington — è arrivato un nuovo presidente che non è proprio un patito dei metodi spicci. O forse perché Joe con le sue mosse ha superato il limite. Ma quello che conta è che Joseph «Joe» Arpaio, 77 anni, sceriffo della Contea di Maricopa, stato dell’Arizona, è finito sotto tiro. Il Dipartimento della Giustizia ha deciso di aprire un’indagine dopo una serie di denuncie contro l’uomo della legge. L’ultima, sostenuta da parlamentari democratici e associazioni per i diritti civili, accusa lo sceriffo di aver fatto marciare 200 detenuti incatenati nel deserto. In più non piacciono i suoi pattuglioni «indiscriminati». Da tipo tosto quale è Arpaio ha reagito sfoderando fermezza: «Non mi piegherò. Sto solo facendo il mio dovere. Nessuno mi costringerà a voltare le spalle al giuramento che ho fatto quando ho assunto il mio incarico ».
Un giuramento alla stella scintillante che porta sul petto prestato per la prima volta nel 1992 e poi ripetuto nel 1996, nel 2000, nel 2004 e nel 2008. La Contea lo ha, infatti, confermato nell’incarico con una buona dose di voti. Segno che ai confini dell’Arizona i suoi sistemi non disturbano. Anzi. Sono visti come rimedi estremi a mali estremi. E ieri la stampa locale è insorta in sua difesa sostenendo che è «vittima di una caccia alla streghe». Di origini italiane — il padre era di Avellino —, dopo una breve parentesi passata a fare il garzone nella drogheria di famiglia, Joe ha trascorso una vita da piedipiatti. Prima nella polizia militare, quindi con i Dipartimenti di Washington e Las Vegas, infine è arrivato in Arizona. E non ci ha messo troppo a farsi notare in una terra selvaggia, affascinante e pericolosa. C’è il problema dell’immigrazione clandestina dal Messico — anche se oggi è in ribasso a causa della crisi economica —, i cartelli della coca compiono scorrerie come ai tempi di Pancho Villa, esiste un fiorente traffico che alimenta le bande messicane. Invece degli Apaches, là fuori ci sono i coyetoros — mercanti di uomini senza scrupoli — e i Los Zetas, sicari pronti a riempirti di piombo. Allora, «in nome dell’ordine», Joe-io-sono-la-legge ha imposto le sue regole ferree. A cominciare da quelle nei riguardi dei detenuti. Invece delle tute arancioni o blu, ne indossano un tipo strisce bianco- nere che li fa somigliare ai celebri fratelli Dalton. Poi li ha costretti a portare biancheria di colore rosa: un’idea che si è trasformata in iniziativa commerciale. Un comune mortale può acquistare i capi con il logo dello sceriffo. Quindi ha bandito dalle prigioni qualsiasi rivista «porno », a partire da «Playboy». Per distrarre gli ospiti della galera ha aperto un canale radio che trasmette musica classica, canti patriottici e qualche canzone di Frank Sinatra. Infine, non contento, ha creato una sezione speciale della sua prigione nel deserto.
Un campo di tende, molto spartano, dove d’estate si arrostisce. Quando picchia il Sole la temperatura può superare tranquillamente i 45 gradi. L’ultima trovata è stata quella di lanciare un reality tv dove mostra la cattura di criminali latitanti. Una specie di «scherzi a parte». Infatti, i banditi sono attirati in trappole architettate dallo Sceriffo. Ma c’è poco da ridere. L’estremo rigore adottato nella Contea di Maricopa hanno provocato nel tempo commenti indignati. Soprattutto tra quanti ritengono che Arpaio si accanisca sui criminali incalliti e sui disperati che cercano fortuna oltre il Rio Grande — basti dire che dall’aprile del 2007 su 106 mila interrogatori condotti sui detenutisi è scoperto che 16 mila erano immigrati clandestini — ed è così arrivata l’inchiesta. Lo Sceriffo però non si mostra intimorito. E scommette su quanto sta accadendo lungo tutto il confine. A Washington c’è una preoccupazione costante per la minaccia dei narcos messicani e in queste ore non è stato escluso lo schieramento della Guardia Nazionale. Una militarizzazione della frontiera che non dispiacerà allo «sceriffo più duro del West».
Guido Olimpio