Potere non misurabile con il fatturato o il valore di Borsa. Web, spot e telefonini: dalle news alla sanità digitale, il gruppo è ormai straripante
(Afp) |
I processi che saltano perché i giurati vanno su Google per informarsi sul caso che stanno esaminando è solo l’ultimo esempio di come l’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin stia rivoluzionando il mondo dell’informazione. E non solo quello: dal web ai telefonini, dalla sanità digitale alla genetica. Un «grande fratello» che apre numerosi interrogativi su concorrenza e privacy. Negli Usa i processi che saltano perché i giurati, in camera di consiglio, vanno su Google per informarsi sul caso che stanno esaminando, violando la legge che impone sentenze decise solo sulla base di quello che è stato discusso in tribunale, sono solo l’ultimo esempio di come l’azienda californiana stia rivoluzionando non solo il mondo dell’ informazione, ma gli aspetti più disparati della nostra vita. Con la sua capacità quasi monopolistica di raccogliere pubblicità «on line» usando meccanismi sempre più «intelligenti» (come quelli basati sulle preferenze individuali degli utenti Internet), Google è l’elefante nella cristalleria del giornalismo. Si dice addolorata dalla crisi della carta stampata, ma ne usa i contenuti, inserendoli nelle sue pagine di «news» divenute anch’esse, ormai, fonte di introiti pubblicitari. Con YouTube, poi, Google trasforma la logica della televisione: non ha ancora trovato il modo di rendere il sito una macchina da soldi, ma intanto la cultura del «palinsensto fai da te» si sta diffondendo ovunque nel mondo: tra i giovani e anche tra i meno giovani.
SFIDA ALL’IPHONE – Ma questa è solo la parte emersa dell’iceberg: è sterminato l’elenco delle aree nelle quali i 20 mila «ragazzi intelligenti» di Mountain View, capitanati da Larry Page e Sergey Brin, promettono di diventare protagonisti assoluti. Il primo capitolo, quello che avrà probabilmente le maggiori implicazioni economiche e per il mondo dell’informazione, riguarda la telefonia mobile: nel mondo dei cellulari «smart», fin qui dominato dall’ iPhone di Apple, è arrivata la piattaforma «Android» di Google, la più veloce e potente. Ed ora il GooglePhone promette sfracelli in un settore destinato a sottrarre ai personal computer la palma di principale canale di accesso a Internet.
BLOG E RETI SOCIALI – Ma, dalle tecnologie per la tutela ambientale alla genetica, i campi nei quali i cervelli della società preparano soluzioni rivoluzionarie sono innumerevoli. Obama investe i soldi del suo «stimolo» fiscale nel rinnovo della rete elettrica (in molte aree degli Usa ancora basata sui vecchi pali di legno) e Google annuncia un accordo con General Electric per creare elettrodotti «intelligenti ». Decolla il business della sanità digitale e Google taglia la strada a Microsoft, che da anni tenta di crescere in questa direzione, associandosi con Ibm e sfruttando la sua posizione di «mente tecnologica» della nuova amministrazione democratica. Dietro i nuovi mondi dei «blog», delle reti sociali, dei messaggi elettronici e, sempre più, anche dello «shopping on line» c’è sempre lei: Google. Che ha anche creato protocolli, sistemi operativi e applicazioni alternative a quelle di Microsoft, ha lanciato la sfida a Wikipedia sul terreno delle enciclopedie digitali e si è appena tuffata anche nel business dell’«e-book». Amazon, dopo anni di tentativi infruttuosi, è riuscita a far decollare col «Kindle» il mercato dei libri elettronici, ed ecco già arrivare Google che, associandosi con la Sony, mette in campo la potenza dei milioni di libri che ha già «scannerizzato» nelle maggiori biblioteche del mondo. L’ultima frontiera potrebbe essere quella della genetica: sono molti a ritenere che Google, con la sua capacità di entrare in tutte le case e di collezionare dati personali di miliardi di utenti sia anche quella meglio posizionata (soprattutto ora che sta entrando in forza nel campo della sanità digitale) per raccogliere in modo capillare dati sul patrimonio genetico dei singoli utenti. Obiettivo: individuare, caso per caso, i rischi di malattie, stabilendo in anticipo quali farmaci biotecnologici «personalizzati » sarebbero utili a ciascuno di noi. Una banca dati enorme e delicatissima e i cui dati, ovviamente, potrebbero essere usati anche per scopi assai meno nobili.
ACCESSO ALL’INFORMAZIONE – Insomma, una rivoluzione dell’accesso all’informazione, ma anche un terremoto etico. Non accadrà domani, ma se, qualche anno fa, quando dicevano di voler «organizzare tutta la conoscenza del mondo», i fondatori di Google venivano guardati con scetticismo, ora le cose sono cambiate: Sergey Brin afferma che «il perfetto motore di ricerca sarà come la mente di Dio» e la gente rimane attonita; le organizzazioni dei diritti civili si risvegliano e chiedono più tutele per la «privacy». Ma ci sono anche molti entusiasti disposti a rischiare, approfittando delle opportunità infinte offerte dai cervelli di Mountain View. È il caso di Jeff Jarvis che nel suo nuovo libro «What Would Google Do?», invita ad osare, anziché piantare i talloni nel terreno nel timore di perdere la «privacy» o di essere schiacciati da un «Grande Fratello» che, evocato per decenni, alla fine si materializza. Jarvis, firma di punta del giornalismo digitale e dei «blog» tecnologici, ammette che Google tende a trasformare in «commodity» tutto ciò che tocca (è insito nell’offerta gratuita di servizi), ma afferma che i vantaggi che derivano da questa rivoluzione sono di gran lunga superiori ai danni che essa provoca.
BUONI PROPOSITI – Demonizzata o esaltata, Google è comunque l’impresa-spartiacque del nostro tempo. Il suo peso deriva non dal fatturato o dal valore borsistico, ma da una capacità di esplorare (e colonizzare) gli spazi delle mente che nessun altro gruppo imprenditoriale ha. Viene definita società di perforazione della conoscenza: la Exxon o la Shell dell’era dell’informazione. Ma sta anche diventando un monopolio inquietante, alle prese con la questione «radioattiva» della «privacy ». Sbandierando il loro slogan storico, «don’t be evil» (non fare del male), i fondatori promettono di usare l’enorme giacimento di conoscenza che hanno tra le mani solo per cause giuste, ma i buoni propositi (peraltro già violati con qualche comportamento da dominatore del mercato) non possono sostituire un chiaro sistema di regole. Più facile a dirsi che a farsi, vista la rapidità con la quale Google sta trasformando lo scenario mondiale dell’informazione. Alcuni degli storici che fino a ieri sostenevano che il ventesimo secolo è finito l’11 settembre 2001, sepolto sotto le macerie delle Torri Gemelle, ora cominciando a pensare che in futuro la data che verrà scelta come boa che divide il secondo dal terzo millennio sarà quella del 7 settembre 1998: il giorno in cui due studenti di Stanford che aveva affittato per 1700 dollari al mese il garage di una villetta al numero 232 di Santa Margarita Avenue in Menlo Park, nel cuore della Silicon Valley californiana, fondarono Google.
Massimo Gaggi