È arrivato su un barcone. Rischiava di essere ucciso per riti magici a causa del colore della pelle
MADRID — Uno di troppo. Un intruso. Nella sua famiglia, nel suo villaggio, nel suo paese, e perfino sulla zattera che lo ha portato dalle coste della Mauritania alla spiaggia di Tejita, a Sud di Tenerife. Un emarginato pure sotto quella coperta offerta dalla Croce Rossa a riscaldare corpi ugualmente assiderati dal vento del mare. Sembra non esserci posto neanche in fondo alla coda, ultimo degli ultimi, per il giovane Moszy, approdato con altri 63 immigrati nella più grande delle Canarie, la Lampedusa spagnola. Il suo arrivo sarebbe passato inosservato, il suo rimpatrio forzoso altrettanto, se non fosse che Moszy è un albino. Né nero né bianco, anzi: sia nero sia bianco. Una specie commestibile, in qualche angolo meno civilizzato del suo continente d’origine. Un paria, un costoso ingombro anche per i parenti che possono sopportarlo, ma difficilmente pagargli le cure e le protezioni che necessita.
Nato in Benin, Moszy è sopravvissuto 18 anni alla maledizione della sua diversità. È scampato ai riti magici di cui le sue carni candide rappresentano l’ingrediente più ricercato. Ha resistito alle malattie, ai raggi ultravioletti, alle discriminazioni, ai pregiudizi e all’intolleranza. E si è convinto che in Europa non gli sarebbe sicuramente andata peggio. I soldi sono i soli a non avere colore e, quando ne ha racimolati abbastanza, si è pagato il suo angolo nel barcone che si affidava alle correnti e alla fortuna. Chi gli ha venduto il biglietto ha alzato le spalle, indifferente alla sua sorte dal saldo in poi. È andata bene. Bene come alla maggioranza dei 640 immigrati che, dall’inizio dell’anno, lo hanno preceduto sulla stessa rotta: sono arrivati vivi; poi sono stati o saranno rispediti al mittente. Ma forse a Moszy andrà addirittura meglio. Dalla sua ci sono le testimonianze dei missionari, degli antropologi, degli scienziati che possono certificare i rischi rappresentati da quella anomalia cutanea. Le persecuzioni, i riti superstiziosi, la convinzione che soltanto a brandelli il corpo di un albino possa portare ricchezza e benefici ai suoi carnefici. Le dita come amuleti, il sangue come fonte di benessere. Gli spagnoli hanno osservato sorpresi la foto di un bianco, guardato con sospetto e disgusto dal suo vicino color ebano.
Nei blog ci hanno scherzato un po’ su, sempre a scapito del buon gusto: che ci faceva un norvegese su una zattera di africani? O che sia un profugo della bancarotta in Islanda? Ma nella maggioranza dei casi hanno solidarizzato: Moszy deve restare. L’eccezione che Madre Natura gli ha inflitto come una condanna deve essere trasformata in assoluzione dalle autorità costituite. Se ne sta occupando il Comitato Spagnolo di Aiuto al Rifugiato: basta una ricerca con Google per sapere che cosa aspetta il nero dalla pelle trasparente lontano dalla zone turistiche dell’Africa subsahariana. Il sito dei Padri Bianchi riferisce di almeno 40 albini uccisi l’anno scorso in Tanzania, dove ne sono ufficialmente censiti 4.000, ma potrebbero essercene altri 170 mila nascosti come fantasmi, la definizione che li contraddistingue in lingua swahili. Recluso nel centro di accoglienza temporanea dell’isola, il fantasma di Tenerife attende di diventare finalmente un uomo.
Elisabetta Rosaspina