La prima pentita del gruppo fruiva già del programma di protezione. La ex «compagna So» è stata condannata a dodici anni per l’omicidio di D’Antona e a dieci per quello di Biagi
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Cinzia Banelli in una foto d’archivio (Ansa) |
ROMA – Cinzia Banelli, la prima pentita delle nuove Brigate rosse, potrà lasciare il carcere di Sollicciano a Firenze, dove è detenuta dal dicembre 2006. Alla ex «compagna So» il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha concesso gli arresti domiciliari. È stata condannata a 12 anni di reclusione per l’omicidio di Massimo D’Antona (ucciso in via Salaria a Roma il 20 maggio 1999) e a 10 anni e 5 mesi per quello di Marco Biagi, ucciso a Bologna il 19 marzo 2002. Ora le sarà assegnata una nuova identità, le sarà riconosciuto un sussidio e sarà trasferita in una località segreta insieme al figlio di 5 anni e al marito.
SPECIALI ATTENUANTI – «È stata riconosciuta dal Tribunale di Sorveglianza di Roma la bontà e la serietà del percorso collaborativo di Cinzia Banelli – ha detto l’avvocato Grazia Volo -. Per questa vicenda tuttavia che ha riguardato la concessione delle speciali attenuanti per i collaboratori di giustizia è stato necessario ricorrere fino in Cassazione, che annullò la prima condanna della Corte di Appello di Bologna per l’omicidio Biagi e nella successiva sentenza concesse l’attenuante speciale. Cosa che non è mai accaduto per esempio per i collaboratori di mafia. Insomma non c’era giurisprudenza in merito prima del caso Banelli». «Ciò che il Tribunale ha anche riconosciuto – aggiunge l’avvocato Antonio Marino – è che Banelli, prima ancora della sua decisione di collaborare, aveva già deciso di abbandonare la lotta armata, e ciò prima dell’arresto». Il riferimento è al «processo» interno che le Br fecero alla donna, da lei raccontato nell’udienza preliminare per l’omicidio D’Antona.
PROGRAMMA DI PROTEZIONE – La richiesta di detenzione domiciliare era stata avanzata dai legali dell’ex brigatista più di un anno fa, anche alla luce del fatto che il Viminale aveva dato il via libera per l’ammissione al programma di protezione riservato ai pentiti e ai collaboratori di giustizia. Il Tribunale di Sorveglianza però aveva espresso parere negativo ritenendo l’istanza prematura anche perché all’epoca Banelli aveva beneficiato solo di un permesso, troppo poco per prendere in considerazione la domanda di detenzione domiciliare in un luogo riservato. I difensori della donna, Grazia Volo e Antonio Marino, hanno sempre insistito sul’atteggiamento collaborativo che l’ex militante ha avuto con magistrati e investigatori, arrivando a ripudiare la lotta armata e a dare un taglio netto con il passato.
RIVELATE LE PASSWORD – Cinzia Banelli, 45 anni, ex dipendente ospedaliera a Pisa, è entrata in carcere il 24 ottobre 2003 in seguito agli sviluppi delle indagini dopo l’arresto di Nadia Desdemona Lioce, che sta scontando due ergastoli per gli omicidi Biagi e D’Antona. Nell’estate 2004, dopo aver partorito un figlio mentre era detenuta, cominciò a collaborare con gli inquirenti, diventando la prima pentita delle Br. Decisiva la rivelazione delle password che consentirono agli investigatori di decrittare l’archivio del gruppo. Coinvolta nell’inchiesta per l’omicidio del professor Marco Biagi, era stata condannata in appello a Bologna a 15 anni e 4 mesi di reclusione, sentenza annullata dalla Cassazione perché non le era stata riconosciuta l’attenuante speciale della collaborazione. Il 12 marzo del 2008 un nuovo appello a Bologna la condannò a 10 anni e 5 mesi, ma le fu riconosciuta l’attenuante speciale per i collaboratori di giustizia. Oggi Banelli ha scontato oltre un quarto della pena. Sia la decisione del ministero dell’Interno di concederle il programma di protezione due anni fa (all’epoca del governo Prodi, sottosegretario Marco Minniti) sia quella giudiziaria conclusa con la concessione dei domiciliari chiudono una vicenda che andava avanti da anni. Per due volte, con il governo di centrodestra, la richiesta del programma di protezione avanzata dalle Procure di Roma e Bologna era stata respinta.