Lotta all’evasione Secondo l’Agenzia delle entrate sono indice di ricchezza. I genitori degli istituti cattolici: è roba da Soviet
ROMA — Le scuole paritarie insorgono contro il «Decalogo » antievasione messo a punto dall’Agenzia delle Entrate, che individua nelle scuole definite «private», un «servizio di lusso», e quindi un indicatore attendibile di ricchezza. Da controllare con attenzione e confrontare con la dichiarazione dei redditi, per stanare i ricchi che evadono le tasse, anche con la ricerca a tappeto di informazioni. Con lo stesso meccanismo, dunque, con cui la Guardia di finanza, il braccio operativo dell’Agenzia delle Entrate, si appresta a acquisire i dati dei clienti dei concessionari delle auto di lusso, dei cantieri navali, ma anche, si legge nella circolare del 9 aprile scorso, di «porti turistici, circoli esclusivi, centri benessere e agenzie di viaggio». È solo un affinamento del metodo di analisi degli agenti del fisco, perché i vecchi parametri del 1992, le banche dati classiche, non tengono il passo della furbizia in un Paese dove, come ricorda spesso il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, solo 15 mila contribuenti dichiarano più di 300 mila euro, ma si immatricolano 250 mila auto di lusso all’anno.
«Usi e abitudini sono cambiati », spiega l’Agenzia. «È roba da soviet!» replica Maria Grazia Colombo, presidente dell’Agesc, l’Associazione dei Genitori delle Scuole Cattoliche. «Ci devono spiegare innanzitutto cosa intendono per scuole private, un termine che non ha riferimenti legislativi. Temiamo che pensino alle scuole paritarie», insiste la Colombo, «e non capisco, perché queste fanno parte a pieno titolo del sistema scolastico pubblico. Mettere sullo stesso piano noi con chi possiede gli yacht è scorretto e discriminante» dice il presidente dell’Agesc. Il timore, spiega, è che la Circolare dell’Agenzia, «un documento interno, dischiuda la possibilità di fare controlli a tappeto, con un pregiudizio nei confronti di genitori che magari fanno grossi sacrifici e che vengono rubricati come possibili evasori».
Per la verità il «Decalogo» dell’Agenzia non fa un collegamento diretto tra l’accertamento della reale capacità di reddito, da parte degli agenti del fisco, cui serve come indirizzo operativo, e l’infedeltà fiscale. Anche se per gli istituti scolastici che riscuotono le rette non ci vuole molto a fare due più due. «È giusto combattere l’evasione fiscale, ma qui si sta andando contro un diritto costituzionale, quello della libertà di educazione dei figli» continua la Colombo. «E dire che chi ci governa — sibila — ha messo in piedi un partito che si chiama ‘delle Libertà’. O mi sbaglio?». La presa di posizione è condivisa da tutte le associazioni che rappresentano il mondo della scuola paritaria. Nove sigle in cui si raccolgono gestori, genitori, studenti, alcune della quali laiche: oltre l’Agesc, Fidae, Agidae, Ciofs-Scuola, Cnos-Fap, Fism, Foe, Msc. E l’Aninsei, l’associazione delle scuole non statali che è anche iscritta alla Confindustria. «È una cosa molto antipatica: perché ci dobbiamo difendere dalla presunzione di essere evasori fiscali?» dice il presidente, Luigi Sepiacci. «Questa circolare suona quasi come una minaccia, e in Italia si sa, basta un avviso di garanzia per finire sul patibolo». «Nella mia scuola, che è paritaria, posso dire che solo il 10% delle famiglie ha redditi consistenti. Moltissime altre, la maggior parte, fanno grandi sacrifici per far studiare i loro figli. Mi pare una campagna mirata contro di noi» continua Sepiacci. «E non sarebbe nulla, se non avessimo tutti la sensazione, e anche un po’ di paura, di una macchina fiscale iniqua e inefficiente. Se paghi le tasse non dovresti avere nulla da temere, ma in Italia anche se le paghi sei martoriato, perseguitato dalle cartelle pazze». Ma alle Entrate ribadiscono che la circolare è contro chi evade le tasse.
Mario Sensini