AL CONCERTONE DEL PRIMO MAGGIO. L’attore cita la consorte Margaret Mazzantini
Margaret Mazzantini |
Quante volte avete sentito leggere, in prima serata Rai, una pagina e mezza tratta da un romanzo? E non si parla dei Promessi sposi o di Guerra e pace ma di un libro appena uscito. Il miracolo si è realizzato durante il concertone del Primo Maggio, ma non si trattava di un brano sulle morti bianche o sul precariato. Era un dialogo su Vasco Rossi, la star della serata, che si apprestava a salire sul palco di San Giovanni. Lo leggeva, a mo’ di introduzione del Blasco, Sergio Castellitto tenendo distrattamente tra le mani l’ultima fatica (è o non è Primo Maggio?) di sua moglie, Margaret Mazzantini, Venuto al mondo. In quella pagina, il protagonista Pietro è al fianco di un ex poeta bosniaco, Gojko. Ha le cuffie dell’iPod e ascolta Vasco: «È un poeta che riempie gli stadi» dice. «Secondo te che cos’è la poesia?» gli chiede l’altro. Pietro farfuglia qualcosa, tipo: la poesia racconta «le cose che ti fanno male… però se le senti ti fanno anche bene… ti lasciano con la fame». Conclusione: «Vasco lascia affamati d’amore ». A quel punto, a libro chiuso, irrompe sul palco lui, Vasco in carne e ossa, in un delirio di applausi. È vero che la colonna sonora del film (diretto da Castellitto) tratto dal precedente romanzo della Mazzantini era proprio di Vasco Rossi, ma nessuno sentiva la cogente esigenza che la triangolazione venisse replicata davanti agli 800 mila in piazza e ai diversi milioni davanti agli schermi. Castellitto sì.
Si è ricordato delle paginette di sua moglie e le ha spiattellate al pubblico, senza remore. Eppure, se proprio voleva un panegirico sul rocker più amato d’Italia, poteva ricorrere alle parole di altri autorevoli scrittori, almeno altrettanto efficaci, anche se non così poeticamente ispirate. Che so, Tondelli, Palandri, Fernanda Pivano, che a suo tempo ha celebrato il Blasco in occasione di una laurea ad honorem. Niente di meno. Il fatto è che, nel giorno dei lavoratori, il conduttore Castellitto ha voluto aggiungere, al primo articolo della Costituzione (fatto ripetere più volte alla piazza in apertura del concertone), una postilla poetica subliminale. Ricordando che l’Italia è sì una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma il lavoro è spesso e volentieri fondato sulla famiglia nel suo senso più furbesco e meno sacrale. Più italiano, insomma. Ce n’eravamo accorti ben prima che venisse così poeticamente presentato il Blasco.
Esattamente quando Paola Turci e Paolo Fresu hanno intonato le note dell’Alleluja di Leonard Cohen, che si alternavano a un componimento poetico: versi dedicati ai figli e letti dallo stesso Castellitto in coppia con una Gerini in dolce attesa. In effetti, Castellitto, l’aveva annunciato prima: «Voglio portare sul palco di San Giovanni tanta poesia…». L’ha portata. Ma di chi erano quei versi sui figli? Di Jacopone, del profeta Gibran, di Kipling, di Caproni? No, no, inediti della Mazzantini. E i figli? Di Margaret e di Sergio, si suppone. Insomma, Primo Maggio, Festa dei Lavoratori in Famiglia. Due grandi lavoratori, una sola famiglia. Primo Maggio, Festa della Famiglia Castellitto- Mazzantini.