Oggi la tecnologia mette favolosi strumenti al servizio di chi sia dotato di un po’ di creatività, consentendogli di produrre opere di buona qualità in totale autonomia e di distribuirle grazie agli strumenti disponbili gratuitamente online. L’approccio della legislazione e del sistema di protezione dei diritti d’autore sembra lontano anni luce dalle effettive esigenze di gran parte degli autori, che sempre di più autoproducono file multimediali e li diffondono in libertà. I sistemi digitali consentono di mettere a punto meccanismi di monitoraggio utili per remunerare al centesimo l’autore. La Siae costa uno sproposito rispetto alle attività di intermediazione effettivamente necessarie e il suo monopolio anche sui contenuti distribuiti in rete è anacronistico e contrasta con la progressiva liberalizzazione dei mercati. È ora di riconoscere e rispettare i diritti digitali dei consumatori, rendendo appetibili offerte legali di contenuti sul web con prezzi accettabili. Nell’era digitale la contrapposizione netta fra gli interessi di autori e consumatori è ormai obsoleta.
Il ruolo della Siae
In Italia la gestione dei diritti d’autore ha per protagonista un unico soggetto: la Siae, Società italiana autori ed editori. Fondata alla fine dell’Ottocento, questa associazione, che è un ente pubblico, è l’unica preposta a fare da intermediario tra l’autore di un’opera e chi vuole utilizzarla.
Per un autore l’iscrizione non è obbligatoria ma “consente di avere a disposizione un’organizzazione capillare, in Italia e nel mondo, che provvede a seguire le utilizzazioni delle opere ovunque e comunque avvengano”, come si legge sul sito Siae. Insomma, potreste controllare voi stessi quando vengono usati i vostri brani, riscuotere i diritti e verificare che non vi siano abusi, ma sarebbe un lavoraccio.
Un’occhiata al bilancio
Sono 743 i milioni di euro incassati nell’ultimo anno dalla Siae. Di questi, 109 milioni sono stati trattenuti dall’ente come compenso per le sue attività. Che non si esauriscono con la tutela dei diritto d’autore in Italia, funzione che l’ente esercita in pratica in monopolio nel nostro Paese.
Per la vendita di biglietti e servizi di vidimazione, la Siae incassa quasi 16 milioni di euro. Di essi ben 12 milioni derivano dai bollini apposti sui libri (su richiesta dell’autore o dell’editore) e sui prodotti multimediali. Questi ultimi sono stati sospesi da una sentenza della Corte di giustizia di Strasburgo e ora reintrodotti in Italia grazie al decreto di inizio aprile della Presidenza del Consiglio dei ministri, contro la quale Altroconsumo ha presentato un esposto al Tar del Lazio.
Dall’analisi del bilancio 2007 della Società, i diritti distribuiti agli autori ammontano complessivamente a 193 milioni di euro. Una delle voci di spicco è costituita da costi strutturali: 13 milioni per i mandatari, 2 milioni per gli accertatori esterni, 2 milioni per gli organi sociali, 90 milioni per il personale, 5 milioni contribuzione ai fondi pensione, voci che insieme costituiscono il 76% dei costi della Società.
A un giovane autore non conviene iscriversi alla Siae per inseguire i diritti. Meglio produrre in proprio e lasciare la libertà di utilizzo dei brani. Per dimostrarne la paternità esistono varie alternative a costi assai ridotti.
- Depositare la propria opera presso un notaio.
- Criptare e spedire l’opera via email (anche a se stessi) con firma digitale.
- Spedirla a se stessi con raccomandata a/r: fa fede il timbro postale.
- Usare Copyzero (www.costozero.org/wai/copyzero.html) o il servizio gratuito Copyzero online, che tutela le opere dell’ingegno attraverso la firma digitale qualificata e la marca temporale.
- È poi possibile iscriversi a una società straniera: Sacem in Francia (119 euro), Sgae in Spagna (15 euro), PRS in Gran Bretagna (10 sterline). Per i diritti maturati in Italia le società si appoggiano alla Siae, ma l’iscrizione costa meno e si paga una volta soltanto.
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