Vicenda milan. Il pressing di Berlusconi su Ronaldinho alla base della fuga. La mediazione di Galliani
Ancelotti e Berlusconi (Lapresse) |
UDINE—È altamente probabile che, a dispetto del desiderio di non muoversi dal suo habitat naturale (Milanello e dintorni), quella di stasera a Udine possa essere la terzultima presenza di Carlo Ancelotti sulla panchina del Milan dopo 8 stagioni e 418 partite ufficiali. La svolta è certamente clamorosa perché nelle ultime settimane, in coincidenza con l’intensificarsi degli spifferi provenienti da Londra, il tecnico rossonero si era impegnato in una spasmodica difesa del contratto che lo lega al club «più titolato al mondo» fino al 30 giugno del 2010, addirittura fornendo pubblicamente e con la solita scanzonata ironia l’identikit dell’allenatore per la prossima stagione: aziendalista, profondo conoscitore delle dinamiche del club, paffutello, «comunque un bel ragazzo»: cioè lui. Ora tutto questo non ha più valore perché le esternazioni da Bar Sport di Silvio Berlusconi hanno provocato una frattura insanabile tra proprietà e conduzione tecnica. Incolpando platealmente il suo allenatore di essere l’unico responsabile della mancata conquista di uno scudetto che nessuno quest’anno è mai realmente riuscito a insidiare all’Inter, il patron rossonero ha fatto traboccare un vaso già ricolmo di incomprensioni e sfuriate. Quella in terra d’Egitto non è stata infatti una sparata fine a se stessa ma è risultata essere l’ultimo anello di una serie di rilievi mossi da un presidente che si sente allenatore a tutto tondo.
È da parecchie settimane, diciamo da metà marzo, da quando è tornato disponibile dopo un infortunio, che Berlusconi rimprovera ad Ancelotti lo scarso utilizzo di Ronaldinho. E questo nonostante gli sia stato spiegato come l’ex Pallone d’oro non sia presentabile a certi livelli perché i suoi allenamenti non sono ritenuti soddisfacenti. È a partire da Siena Milan (1-5) del 15 marzo che il premier fa pressing sul suo allenatore affinché mandi in campo un giocatore che ormai soltanto lui si ostina a considerare decisivo ma Ancelotti, elmetto in testa e il conforto dello zoccolo duro dello spogliatoio, ha sempre resistito in trincea. Né a Siena e neppure nelle successive 8 partite di campionato il brasiliano è stato infatti titolare e a Catania, due settimane fa, è rimasto addirittura incollato alla panchina. E del resto quali siano le sue condizioni attuali lo hanno mostrato in maniera impietosa gli spezzoni conclusivi di Milan-Juve. Se ne sono resi conto tutti meno il capo del governo che, rinchiuso nella sua campana di vetro calcistica, vive nell’utopia che con Ronaldinho in campo il Milan avrebbe potuto vincere lo scudetto. Così, al di là delle concilianti versioni di facciata, Ancelotti ha detto basta: ritiene conclusa la sua avventura in rossonero per la mancanza dei presupposti minimi di fiducia e di sintonia con il suo datore di lavoro. Anche il più sprovveduto degli osservatori di cose rossonere non può infatti non essersi reso conto di quanto poco convinte siano state le smentite berlusconiane al polverone scatenato da quella frase («Se abbiamo perso lo scudetto la colpa è solo di Ancelotti») destinata a lasciare tracce profonde nella storia minima del club.
In questo scenario turbolento si muove Adriano Galliani, consapevole del fatto che il panorama nazionale ed internazionale non offra al momento allenatori funzionali al progetto milanista. Il vicepresidente vicario sta cercando di mediare e di ricucire ma lo strappo è difficile da sanare. Ancelotti se ne vuole andare, a Roman Abramovich ovviamente tutto questo non sembra vero, e stavolta per riuscire nella sua missione (mantenere Carletto a Milano almeno per un’altra stagione), il plenipotenziario di Berlusconi dovrà davvero dare fondo a tutte le sue capacità di diplomatico, consapevole del fatto che non ci sia peggior sordo di chi non voglia sentire, soprattutto se il sordo in questione non soltanto è convinto di essere un eccellente politico ma pure un abile stratega calcistico. «In questi ultimi giorni Ancelotti con noi si è chiuso a riccio ma se davvero dovesse andarsene sarebbe un dispiacere e una delusione». Nelle parole di Rino Gattuso, coscienza critica di uno spogliatoio speciale, c’è tutta l’amarezza di una squadra che stavolta fatica a condividere le scelte del proprio presidente. Anche se è Silvio Berlusconi e anche se è a capo del governo.
«Kakà ingaggiato dal Real Madrid». Il padre: «Falso, nessun accordo». Le speculazioni sul contratto: «percepirà 9.120.000 euro netti all’anno». I giornali spagnoli «As» e «Marca» titolano a tutta pagina: accordo concluso. Ma arriva la smentita.
«Le ore di Kakà come giocatore del Milan ormai sono contate». Lo scrive, sia nell’edizione in edicola che in quella online, il quotidiano sportivo spagnolo «As», secondo cui Florentino Perez, candidato alla presidenza del Real Madrid (e grande favorito di queste elezioni) ha già un accordo con Kakà per il trasferimento in Spagna dell’ex Pallone d’Oro brasiliano. «Ingaggiato», titola a tutta pagina in prima e nell’apertura dell’edizione online anche l’altro quotidiano sportivo spagnolo, «Marca», sottolineando che Kakà è già del Real Madrid. Ma a smentire la stampa spagnola ci pensa il padre del calciatore, dal sito del Milan: «Non c’è nessun accordo con il Real Madrid».
I DETTAGLI – «As» scrive che «l’accordo è già stato assolutamente concluso, ed è stato raggiunto dal club con il giocatore ed il suo agente e padre Bosco Leite». Il giornale sportivo spagnolo è anche prodigo di dettagli: «E’ vicina la conclusione dell’accordo anche con il club italiano, che ha già dato il via libera alla trattativa. La società, in particolare Adriano Galliani, è cosciente che data la sua cattiva situazione ha bisogno di vendere giocatori». Quindi, scrive ancora «As», se il 14 giugno Perez sarà il presidente del Real Madrid, Kakà firmerà un contratto quinquennale per il quale percepirà 12 milioni di euro a stagione«. E qui il giornale spagnolo scende appunto nei particolari spiegando che «trattandosi di un giocatore extracomunitario che arriva per la prima volta nel nostro Paese, la ritenuta che verrà applicata dal Fisco sarà del 24%, quindi Kakà pagherà in tasse 2.880.000 euro. Ciò vuol dire che il primo Galattico della nuova era di Florentino percepirà 9.120.000 euro netti all’anno, diventando il calciatore meglio pagato del Real Madrid. Finora lo è Raul, che prende 6.840.000 euro netti a stagione (agli spagnoli viene applicata una tassazione del 43%)». «As» chiude il suo pezzo spiegando che «le smentite fatte finora da Kakà sul suo trasferimento al Real sono state una strategia per evitare il malcontento dei tifosi rossoneri».
LA SMENTITA – Bosco Leite, padre e legale del fuoriclasse brasiliano, in una nota pubblicata sul sito del Milan fa sapere che «non c’è nessun accordo con il Real Madrid, e non costituisce verità l’affermazione secondo cui il giocatore ha già firmato un contratto con il club spagnolo. Kakà – spiega Bosco Leite – è sempre concentrato sulle ultime partite della stagione ed è sempre molto legato al Milan. Qualunque informazione sulla carriera dell’atleta è da considerarsi credibile e ufficiale, solo se avviene attraverso il suo legale rappresentante o attraverso il Milan. Qualsiasi altra fonte di infomazione è da considerarsi inattendibile».
Alberto Costa