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Toghe e caso Noemi: Silvio si sente «braccato»

 

Il capo del governo preoccupato anche dagli effetti delle vicende personali. Berlusconi ritiene di essere vittima di un’operazione che mira a destabilizzarlo. «Cosa vogliono, che mi dimetta?»

 

 

Silvio Berlusconi durante l’ultima conferenza stampa all’Aquila (Ansa)

ROMA — «Cosa vorrebbero, che morissi in un attentato? Cosa dovrei fare, scompari­re?». Berlusconi si sente come un toro a cui i picadores stanno infliggendo le banderillas, per poi lasciarlo senza forze al colpo del mata­dor. Dice di essere «circondato, braccato», e ie­ri pomeriggio la sua furia senza bersaglio era rivelatrice del suo stato d’animo: «Sono scon­fortato. Vogliono che molli tutto e mi dimetta? Questo vogliono? Massì, chi me lo fa fare, arri­vederci…»

Così aveva farcito le sue conversazioni pri­ma di presentarsi all’Aquila. E quel ragiona­mento svolto con autorevoli ministri e dirigen­ti di partito, quell’atto d’accusa verso una spectre priva di volti e di nomi, aveva allarma­to la corte del Cavaliere, dove a un certo punto era prevalso il timore che davvero il premier fosse pronto a un gesto clamoroso, di sfida quantomeno, se non addirittura di rassegnazio­ne. È chiaro che senza Berlusconi l’intera archi­tettura politica cederebbe, perché senza di lui ­ lo spiegò tempo addietro Confalonieri – salte­rebbe tutto. Ma non è questione all’ordine del giorno, semmai il patron di Mediaset è preoccu­pato per l’amico di una vita, teme che altre ban­derillas possano venire usate per stroncare una leadership che oggi non ha rivali.

La sentenza Mills è un altro colpo all’imma­gine del premier, «coperto» dall’avvocato in­glese e protetto dal lodo Alfano. Certo, l’ennesi­ma offensiva contro Berlusconi per la sua enne­sima vertenza giudiziaria, nelle urne potrebbe trasformarsi in un boomerang per l’opposizio­ne. Ma per quanto possa apparire paradossale, la campagna elettorale non interessa più nes­suno, nell’inner circle del Cavaliere se ne sono convinti, «tanto, anche se il Pd arrivasse al 27% invece del 25%, si direbbe che in fondo ha ottenuto un buon risultato rispetto alle atte­se».

È Berlusconi nel centro del mirino, almeno così lui si sente: vittima di un’operazione che mira a destabilizzarlo. E più del caso Mills, è ossessionato dai vortici sulla vicenda di Noemi che lo chiama «papi», da quella parola terribile che non osa nemmeno pronunciare, che teme di veder affiorare sulle labbra dei suoi contestatori, o di veder riproposta sulle prime pagine della stampa internazionale quando ospiterà i leader mondiali al G8. Ecco oggi la priorità del premier: c’è un’immagine da rico­struire in fretta, come l’Abruzzo, anche al co­spetto dei potenti della Terra. L’ha fatto capire quando ha ammesso che «il danno c’è stato, certamente», e che sarà chiamato a «uno sfor­zo per far passare la realtà» con le cancellerie straniere.

Sarà pur vero che l’indice di gradimento re­sta altissimo, «ero al 75,1% e sono calato solo dello 0,3%, cioè nulla». Ma intanto l’altra sera alla cena elettorale di Milano — citando gli amatissimi sondaggi — è rimasto sul vago di­cendo che «il Pdl sta ben sopra il 40%», lascian­do intuire una flessione. Eppoi, a forza di subi­re colpi, il rischio è che un tarlo possa logorare il suo rapporto con l’opinione pubblica, anco­ra solidissimo. Chi lo cinga d’assedio non lo di­ce, al di là dell’offensiva contro «la stampa di sinistra». Che sia pronto a ribattere è evidente, quando annuncia di volersi recare in Parlamen­to a parlare di giustizia.

Ma Berlusconi avverte l’accerchiamento. La crisi economica sembrava il suo unico nemi­co. In autunno, «quando eravamo sull’orlo del­l’abisso », Tremonti aveva scorto strane mano­vre dentro e fuori il Palazzo, le aveva attribuite al «partito della crisi», a «quelli del tanto peg­gio tanto meglio». «Sfascisti idelogici», li ave­va definiti il titolare di via XX Settembre, «so­no personaggi che si illudono di poter eredita­re qualcosa dalla caduta del governo, senza ca­pire che una crisi non sarebbe solo la fine del­l’esecutivo ma la fine di tutto». «L’allarme è rientrato», spiegava Tremonti una settimana fa. Ora c’è un altro fronte, ben più insidioso, a preoccupare il Cavaliere.

Francesco Verderami

Toghe e caso Noemi: Silvio si sente «braccato»ultima modifica: 2009-05-20T11:53:31+02:00da
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