Al bando le partite nei parchi. Gli immigrati: è l’ennesimo schiaffo. Il vecesindaco: tanta gente si lamenta
BRESCIA — Ci mancava solo la disputa del cricket. Dopo le moschee, il kebab, i phone center, i bonus bebè, l’ultimo punto di attrito tra italiani ed extracomunitari è diventato il gioco che gli inglesi esportarono nel XIX secolo nelle loro colonie asiatiche. Il nuovo regolamento di polizia urbana in discussione a Brescia, se applicato alla lettera, renderebbe impraticabile nelle aree verdi della città il cricket. Il dettaglio nella stragrande maggioranza delle città italiane finirebbe nella cartelletta delle notizie bizzarre; non a Brescia, dove la comunità straniera più numerosa è quella dei pachistani, per i quali il cricket è l’equivalente del nostro calcio.
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(Cavicchi) |
A Campo Marte, nel quartiere di San Polo, al parco Tarello e in qualunque area verde di Brescia l’immagine di giocatori con la pelle scura impegnati a lanciarsi la pallina e a respingerla con la caratteristica mazza piatta è ormai una consuetudine. Consuetudine che il puntiglioso regolamento comunale in gestazione rischia di cancellare. Su tutta la penisola soffia un vento di divieti e prescrizioni, di sindaci dall’ordinanza facile e il documento in discussione a Brescia sta nel bel mezzo di questo mainstream. Viene vietato l’uso delle altalene ai maggiori di 14 anni, viene regolamentato il modo di parcheggiare la bicicletta e viene vietata la pratica di qualunque sport (tutti, anche il calcio) in ogni area non appositamente attrezzata.
Messa così sembra una norma equanime e inattaccabile, se non fosse che a Brescia abbondano campi di calcio, di tennis, di pallavolo, ma non ci sono spazi per il cricket. E questo ha messo in subbuglio la comunità dei 2.200 pachistani residenti in città, ai quali occorre aggiungere 1.200 cittadini del Bangladesh e 1.000 dello Sri Lanka, tutti accomunati dalla passione per il medesimo sport. Il contestato articolo sembra dettato da un criterio di buon senso, ma Fabio Rolfi, vicesindaco leghista con delega alla sicurezza, fa intendere che il cricket c’entra parecchio: «I nostri vigili ricevono decine di telefonate di persone nei parchi infastidite dai praticanti del cricket o che vengono colpite dalla pallina. Ma non c’è nulla di discriminatorio: il regolamento proibisce anche il gioco della lippa che era un divertimento molto in voga a Brescia tanti anni fa». Non si lascia convincere da queste parole Sayad Shah, portavoce dei pachistani di Brescia: «È l’ennesimo schiaffo in faccia che riceviamo dalla giunta di centrodestra. L’alloggio, il rilascio di certificati, la possibilità di pregare: fanno di tutto per renderci difficile il raggiungimento dei nostri diritti fino a farci desistere. Per il cricket abbiamo più volte chiesto che ci mettessero a disposizione un’area, non ci hanno mai risposto. Ma fosse solo un problema sportivo…». «Il divieto di fare sport nei parchi — prova a mediare Emilio Del Bono, capogruppo Pd in Comune — è dettato dal buon senso: il problema è semmai quello degli impianti sportivi, che devono tener conto anche delle nuove esigenze ». Il 3 giugno prossimo il nuovo regolamento verrà approvato in commissione, il sì del consiglio comunale arriverà prima dell’estate. Poi per far pace tra italiani e pachistani, si può sempre sperare in una partita di cricket riconciliatrice. In fondo anche Nixon e Mao ricominciarono a parlarsi davanti a un tavolo da ping-pong.
Caludio Del Frate