Studentessa nera cacciata dopo la morte di uno spacciatore: «Discriminata». La vicenda sta diventando un disastro d’immagine per la più prestigiosa tra le università americane
WASHINGTON — C’è del marcio alla Harvard University? Per una volta, la più prestigiosa università americana è al centro dell’attenzione per le ragioni sbagliate: un delitto consumato nei dormitori del campus, l’ombra di un fiorente traffico di droga tra gli studenti, l’accusa infamante di un pesante pregiudizio razzista che guiderebbe la reazione dell’autorità accademica all’omicidio. Una torbida vicenda, iniziata il 18 maggio, quando Justin Cosby, 21 anni, presunto spacciatore, è stato ucciso in pieno pomeriggio con un colpo di pistola allo stomaco, dentro la Kirkland House.
Studenti a Harvard |
Cosby non era allievo di Harvard, ma viveva a Cambridge, la città dove ha sede l’Ateneo. Accusato dell’omicidio è Jordan Copney, 20 anni, newyorkese, autore di testi musicali e neppure lui studente di Harvard. Secondo gli inquirenti, Copney avrebbe ucciso Cosby per rubargli la marijuana e i mille dollari che la vittima aveva addosso. Il presunto assassino sarebbe riuscito a entrare nel dormitorio, grazie al pass elettronico avuto da uno studente. Ma è qui che la vicenda ha preso una nuova piega, inattesa e dai risvolti potenzialmente devastanti per l’Ateneo, considerato frontiera avanzata del progressismo e del politicamente corretto. Anche se nessun altro, oltre Copney, è accusato di complicità, venerdì scorso le autorità di Harvard hanno infatti espulso dal campus con effetto immediato Chanequa Campbell, ventunenne, anche lei di New York, studentessa modello entrata all’Università del New England grazie a due borse di studio del New York Times e della Coca Cola. Senza fornire alcuna spiegazione, le hanno dato poche ore per raccogliere le sue cose e lasciare la sua stanza. L’unico legame indiretto con l’omicidio è che sia amica di lunga data della fidanzata di Copney. L’esclusione dal campus significa che Campbell non potrà ricevere la laurea ai primi di giugno.
La ragazza è insorta, respingendo ogni legame col fatto di sangue e lanciando la più grave delle accuse: «Credo che mi abbiano additata, e la risposta onesta è perché sono nera e povera, vengo da New York, cammino e mi abbiglio in un certo modo. Ho qualcosa che mi etichetta come diversa dagli altri». Il sospetto che sia stata lei a fornire il pass elettronico all’assassino, è stato smentito dall’avvocato di Campbell: Jeffrey Karp ha infatti spiegato che la studentessa il giorno del delitto era a un esame e comunque vive in un’ala della Kirkland House lontana dal luogo dell’omicidio. Karp non ha escluso che la ragazza possa portare Harvard in Tribunale. Era stato Gerard Leone, il sostituto procuratore che segue il caso, a dire (senza farne i nomi), che due studentesse fossero il legame tra Copney e Cosby, che sarebbe stato il loro spacciatore. Secondo la ricostruzione di Leone, Copney sarebbe andato a Cambridge con il preciso piano di derubare Cosby, che era disarmato. Il tentato furto sarebbe degenerato per la resistenza di quest’ultimo, di fronte alla quale Copney avrebbe sparato numerosi colpi. Ferito, Cosby ha tentato la fuga ma è caduto per strada. E’ morto diverse ore dopo in ospedale. La vittima aveva molti amici nel campus, che visitava spesso fornendo loro la droga. Per Harvard è un disastro di reputazione. Se il delitto apre infatti uno squarcio sul consumo di stupefacenti all’interno del campus, l’accusa di razzismo rafforza i sussurri e grida che circolano da tempo. Da ultimo, in un rapporto del mese scorso, una commissione di esperti ha deciso di verificare l’accusa che la polizia del campus fermi spesso e senza ragioni apparente le persone di colore, semplicemente per la loro razza. Gli afro-americani rappresentano l’11% dell’intera popolazione universitaria.
Paolo Valentino