Estorsioni e traffico di droga: così si finanziava la rete del capo criminale. Tredici persone in carcere: hanno favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro, numero uno di Cosa Nostra
Un frame del video girato dalla polizia di Stato sull’operazione Golem |
Tredici ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite tra le province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza, nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di società e valori. Sequestrata un’impresa olearia del valore di 2 milioni ed eseguite decine di perquisizioni, anche in diverse carceri.
LA LATITANZA – L’operazione, denominata «Golem», è stata condotta da investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo, al termine di indagini svolte principalmente in provincia di Trapani. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Palermo, Ricciardi, su richiesta del procuratore aggiunto della Dda, Teresa Principato, e dei Pm Roberto Scarpinato, Roberto Piscitello, Paolo Guido e Sara Micucci. Gli arrestati, secondo gli inquirenti, hanno svolto un fondamentale ruolo nel sostegno alla latitanza del boss Matteo Messina Denaro, assicurandogli tra l’altro canali riservati di comunicazione con i componenti di vertice di Cosa Nostra palermitana. Inoltre, l’azione di copertura sarebbe stata attuata attraverso la fornitura di falsi documenti d’identità al capomafia di Castelvetrano.
LE ESTORSIONI – Le indagini hanno riguardato anche un’attività estortiva controllata da un cugino del boss ricercato, con l’imposizione del «pizzo» a imprenditori locali, e un traffico di stupefacenti tra Roma e il territorio trapanese, sempre finalizzato, per gli investigatori, a finanziare l’organizzazione criminale in nome e per conto di Matteo Messina Denaro.