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«Messaggi» sui fili della luce Il mistero delle scarpe sospese

 

L’esordio dello «shoefiti», nato a Minneapolis. Il fenomeno Vecchie calzature colorate con i lacci annodati avvistate a Bologna e Caserta. Un’associazione le lancia al Sud: «Sono installazioni creative»

 

Se siete navigatori c’è un sito che vi stupirà, e se non lo siete, pa­zienza, ve lo raccontiamo noi, que­sto sito parecchio bizzarro. Entrare in www.shoefiti.com è come inizia­re un viaggio in una diversa dimen­sione, partire per il giro più pazzo del mondo, attraverso una serie di fotografie strane e stranianti che hanno per protagoniste sempre e solo le scarpe. Ma non quelle che fanno sognare le addict dell’ultima moda, con platform e tacco dodici, no scarpe vecchie e sformate perlo­più da ginnastica, ma anche stivali e stivaletti a patto che siano sem­pre e rigorosamente con lacci. Sì, perché per poter entrare nel surrea­le album fotografico di Shoefiti bi­sogna allacciare le due scarpe insie­me e lanciarle nell’aria con forza e abilità speciali, in modo che vada­no a posarsi sui fili della luce che attraversano l’aria o sui rami più al­ti degli alberi dove vanno a compor­re improvvisati origami (detti albe­ri scarpa). Sotto ogni fotografia c’è un piccolo testo con tag postati da ogni luogo, da Brooklyn a Vancou­ver: «Una serie di scarpe penzola fra due edifici, davvero un fenome­no internazionale», recita la foto­grafia di un vicolo di Madrid, gen­naio 2009 (e dio solo sa come han­no fatto ad arrivare lassù tutte quel­le scarpe senza che nessuno notas­se nulla). Partito in sordina proprio allora e dilagato nel mondo con la capaci­tà che solo le tendenze spontanee hanno, il fenomeno fu battezzato così (crasi di shoe , scarpa, e graffi­ti) da Ed Kohler, blogger di Minnea­polis che è stato anche il fondatore del sito.

A CASERTA E A BOLOGNA – E dopo un lungo viaggio su varie sponde del mondo globa­lizzato è approdato in Italia, compa­rendo a maggio a Caserta e ora a Bo­logna, come riporta il Corriere di Bologna , in via Jacopo della Quer­cia: un paio di All Star nere ciondo­lanti fra i palazzi. È il mistero del­­l’estate, questo delle scarpe volan­ti, specialmente per l’Italia, paese ancora non avvezzo al lancio nel­­l’etere, mentre in Nuova Zelanda è diventato addirittura un nuovo sport per amatori, con campionati, regole e sfida all’ultimo laccio a chi arriva più in alto e con più creativi­tà. Un graffito nell’aria, un modo di esprimersi da parte degli adolescen­ti più libero e più sicuro di quello di imbrattar muri nelle città. Lega­to probabilmente a riti di passag­gio, tanto che la sua origine ufficia­le viene fatta risalire ai lanci cele­bratori che segnavano la fine del servizio di leva.

LEGGENDE METROPOLITANE – Ma da subito co­minciarono anche a nascere teorie e supposizioni più oscure sulla na­tura di shoefiti: «La leggenda me­tropolitana vuole che siano segnali per i trafficanti di droga» scriveva al sito già nel settembre 2005 una signora dal deserto di Flagstaff. E da lì fu un crescendo di sospetti (bullismo, avviso di perdita della verginità) e tesi complottarde (mi­cro devianza urbana, linguaggio criptato di poteri paralleli). Aldilà di ogni dietrismo, a Caser­ta sembra fenomeno spontaneo e indipendente: lo assicura l’architet­to Vittoria Merola che una mattina ha notato quelle scarpe dalla fine­stra dello studio in via Unità d’Ita­lia. Poi, dopo il clamore mediatico, il Comune le fece sparire, ma pre­sto sono ricomparse in punti diver­si della città, anche ai semafori, opera — si è scoperto — di un gruppo di giovanissimi del labora­torio sociale Millepiani: «Gli abbia­mo chiesto se volevano collaborare con noi, fare qualcosa di più strut­turato ma hanno risposto che prefe­riscono restare indipendenti. Non credo siano un fenomeno allarman­te » conclude Merola, ribadendo quello che aveva detto a maggio al Corriere del Mezzogiorno : «Mi pia­ce pensarle come delle installazioni creative, oppure un gesto di ‘viral marketing’, utilizzate per pubbliciz­zare, chissà, l’apertura di un nego­zio o il lancio di un nuovo prodot­to ». Di fronte a fenomeni espressivi di micro tribù urbane nel mondo globalizzato, è più facile porsi delle domande che trovare definitive ri­sposte. Chissà che alla fine la spie­gazione più accettabile non sia quella che a caldo si diede Kohler: «È il modo più creativo di mandare in soffitta delle scarpe vecchie a cui siamo affezionati». Ma, se volete provarci, attenti/e a non farsi pren­dere la mano, nell’ansia della comu­nicazione creativa. E se avete una scarpa firmata, da Prada a Jimmy Choo, pensateci bene prima di lan­ciarla nell’etere.

Maria Luisa Agnese

Fonte Corriere della Sera

«Messaggi» sui fili della luce Il mistero delle scarpe sospeseultima modifica: 2009-08-22T12:18:42+02:00da
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