Il divo e la Canalis incantano la Mostra
VENEZIA (9 settembre) – Margherita Buy e Francesca Comencini conquistano la Mostra con «Lo spazio bianco», una storia commovente e forte di maternità tratta dal libro di Valeria Parrella e molto applaudita in tutte le proiezioni.
George Clooney ed Elisabetta Canalis conquistano il tappeto rosso con la passerella più spettacolare della Mostra. Finalmente insieme, ma senza baci, il divo e la showgirl affrontano la folla vociante per almeno un mezz’ora: firmando autografi a tutto spiano lui; muta come ai bei tempi di «Striscia» lei, molto carina nell’abito bluette. Il peggio arriva in sala, quando il film all’improvviso si blocca per un difetto (l’ennesimo) della copia digitale.
Ma l’attore sdrammatizza intonando «’O sole mio». La Biennale serve prosecco: con George è sempre party. Era la star più attesa del festival, Clooney, passato fuori concorso con la bizzara commedia dark sui reparti speciali dell’esercito americano diretta dall’amico d’infanzia Grant Heslov, «The Men who Stare at Goats». Ma la maggior parte dei cronisti è parsa interessata soprattutto ai suoi gusti sessuali, di cui molto si discute sui giornali di gossip. Non ritenendo possibile che un signore dal fascino stellare di Clooney possa non essere il sex symbol desiderato dalle masse, due o tre gli chiedono apertamente se pensa di potersi mai innamorare di un uomo. La «iena» Mauro Casciari lo implora in mutande: «Scegli me!», proprio come anni fa la sua ex collega Victoria Cabello lo implorava di sposarla in diretta tv.
A tutti la star da Oscar replica sorridendo, alla «iena» raccomanda di stare buono, «perché ora arriva l’ambulanza», ai più impertinenti dice ironico: «So cosa sta pensando, si vergogni!», poi il giochino scemo finisce lì, ma c’è tempo per poco altro. Il ruolo della stampa in America? «L’apprezzo, mio padre era un giornalista». E in Italia, dove vive parte dell’anno? «Non ne so abbastanza, ma se vivete momenti difficili raccontateceli e noi ci faremo un film».
Francesca Comencini dice invece di aver voluto parlare, in «Lo spazio bianco», delle difficoltà, delle paure, della fatica, ma anche dell’allegria e della leggerezza generate dalla maternità, di cui troppo spesso si discute «in maniera ideologica e retorica».
Lo spunto glielo ha dato il romanzo, le caratteristiche della protagonista, Maria, interpretata con grande intensità dalla Buy, le ha trovate dentro di sé e nelle altre donne della sua generazione, quelle eterne ragazze battagliere e seducenti «che sanno cavarsela da sole e hanno conquistato la dignità». «Questo ruolo è la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi anni» aggiunge l’attrice, «e il film darà forza alla condizione femminile, mai come ora messa in discussione». Ci sono pochi maschi, in questa storia di speranza e di solidarietà che gira intorno alla nascita prematura di una bambina: fidanzati precari, padri assenti, qualche amico fidato.
«Eppure bisognerebbe tornare a un nuovo patto di amicizia tra uomo e donna», commenta la regista.
Ambientato in una Napoli piovosa e per niente oleografica, «Lo spazio bianco» ha improvvisi squarci sulla cronaca, e mostra strade di solito affollatissime, come via Foria, miracolosamente vuote («ne abbiamo filmate una novantina, in giorni diversi e all’alba, quando tutti dormivano»).
Di Napoli e delle sue contraddizioni avrebbe dovuto parlare anche Abel Ferrara, autore di un documentario sulla città presentato fuori concorso. Ma, bloccato in America da un problema di voli, il regista ha rimandato tutto a oggi.