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La Ferrari e il Mondiale da riaprire

 

L’ANALISI. Dopo l’«autoscontro» di Piquet, Maranello perse il titolo per un punto

 

Flavio Briatore (Reuters)

MILANO — La «Stangata» della F1 va in scena a Singapo­re il 28 settembre 2008. Al po­sto di Paul Newman e Robert Redford la recita la mettono in piedi Flavio Briatore e Nel­sinho Piquet e altri coprotago­nisti. Rivedendo il peggior film girato dalla F1, la Ferrari, da spettatrice un po’ disgusta­ta, annota: «Quel Mondiale avrebbe potuto avere forse, e fatemi ribadire forse, un finale diverso». Lo sostiene il team manager di Maranello, Stefano Domenicali, con tutto il garbo che gli è naturale, la prudenza e la diplomazia necessarie in questi casi, pensando alla clas­sifica finale del Mondiale pilo­ti: Hamilton campione iridato con un punto di vantaggio su Felipe Massa.

Domenicali si limita ad os­servare: «Massì, mi faccio del­le domande. Per esempio mi chiedo come sarebbe finito il Gran premio di Singapore sen­za quell’episodio dell’inciden­te di Piquet arrivato a sentenza ieri e giudicato come una truf­fa? ». Domenicali ha una secon­da questione da affrontare: «E di conseguenza, il Mondiale co­me sarebbe finito?».

Andiamo per ordine cercando di ottenere delle risposte, anche se a fatica (la fatica imposta dalla diplomazia) da Domenicali. Quel­la gara, Singapore 2008, la vince Alonso con la Renault davanti a Nico Rosberg su Williams e Lewis Hamilton su McLaren. Ec­co il punto che duole alla Ferrari, Hamilton dall’alto del suo podio intasca 6 punti, mentre Massa con la Ferrari non ne prende nep­pure uno piazzandosi al tredicesi­mo posto. Ed ecco qui l’altro pun­to che duole a casa Maranello: Massa, prima della baraonda pro­vocato dall’«autoincidente» di Nelson Piquet, è in testa al Gran premio. L’apparizione della sa­fety car, motivata dall’«autoscon­tro » di Piquet, e il conseguente pit stop un po’ generalizzato di tutte le squadre cambia i piani (e il risultato) della gara. «Ovvio che non possa esserci la contro­prova — sottolinea Domenicali — ma il risultato della corsa pote­va essere diverso». D’accordo. Ma non bisogna nemmeno far fin­ta di niente rispetto al tredicesi­mo posto di Massa a Singapore. L’infelice risultato ferrarista na­sce è vero da quell’incidente co­struito ad arte (secondo la senten­za di ieri) da Piquet e dalla Re­nault, ma pure da quel pasticcio memorabile combinato ai box da­gli uomini della Ferrari: tutti ri­cordano quella Rossa (di vergogna) che ri­parte dopo il riforni­mento trascinandosi la pompa della benzi­na e l’inseguimento dei meccanici che rin­corrono Massa per tutta la corsia dei box. «Vero, verissi­mo », riconosce con lealtà Domenicali.

È anche vero che il titolo mondiale fi­nisce nelle mani di Lewis Hamilton al­l’ultima gara per un solo punto di van­taggio su Felipe Massa. Pallottoliere in mano, il ramma­rico di Domenicali è quindi comprensibile. A sentenza av­venuta, il punto sul quale biso­gnerebbe riflettere è uno solo: è giusto che, dopo decisioni co­sì pesanti da parte della Fia, si possa considerare ancora credi­bile l’ordine d’arrivo del Gran premio di Singapore? È giusto equiparare la vicenda Briato­re- Piquet a un caso di doping in una finale olimpica, con esclusione del colpevole e ordi­ne d’arrivo modificato? Il film del Gran premio dimostra che l’uscita di pista telecomandata di Piquet ha falsato completa­mente lo svolgimento della corsa. Hamilton non ha colpe e non può subire un danno, ma ci vuole tanto coraggio per omologare quanto è accaduto a Singapore un anno fa.

Daniele Dallera

 


La Ferrari e il Mondiale da riaprireultima modifica: 2009-09-22T15:47:38+02:00da
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