Il leader usa: «Non possiamo fare da soli, serve l’impegno di tutti». Il presidente americano all’Assemblea generale dell’Onu: «La democrazia non sia imposta dall’esterno»
Barack Obama durante il suo intervento (Reuters) |
NEW YORK – Esordisce rispolverando il tema vincente della sua esaltante campagna elettorale: «La speranza e il cambiamento sono possibili». Lancia i «quattro pilastri» della politica americana: «Disarmo, pace, clima ed economia». E chiede a tutti i Paesi «una nuova era di impegno». Barack Obama interviene per la prima volta da presidente Usa davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite ed elenca le sfide che il mondo si trova a dover affrontare: «Estremisti che stanno cercando di seminare il terrore, conflitti che si protraggono all’infinito, genocidi e atrocità di massa, sempre più nazioni con armi nucleari, calotte polari che si sciolgono, persistente povertà e malattie pandemiche». «Dico tutto questo – afferma il leader Usa – non per seminare la paura ma per affermare un fatto: le nostre azioni non sono state ancora alla altezza della vastità delle sfide esistenti».
DIREZIONE NUOVA – Per questo, secondo Obama, «è giunto il momento che il mondo si muova in una direzione nuova. Dobbiamo impegnarci per il reciproco rispetto e dobbiamo farlo da subito. Sono consapevole dell’aspettativa che circonda il mio incarico, ma so che non ha radici in quello che io rappresento, ma nel fatto che il mondo è scontento dello stato e vuole cambiare. L’America è pronta a guidare questo cambiamento». Il leader Usa ribadisce che il suo Paese non può fare da solo: «Tutti devono cooperare contro il terrorismo e per il clima. I nostri destini sono condivisi. Chi ha criticato l’America in passato per avere agito da sola non può adesso aspettare che sia l’America da sola a risolvere i problemi del mondo». Obama rilancia dunque il multilateralismo: «È il momento di condividere le responsabilità nella risposta globale alle sfide globali».
DISARMO – A proposito del disarmo, Obama afferma che bisogna «fermare la diffusione di armi nucleari». Il presidente americano tende la mano a Iran e Corea del Nord perché accettino la via negoziale e rinuncino alla proliferazione nucleare. Nel suo appello rivolto dalla tribunetta dell’Assemblea generale, Obama dice che «il futuro non appartiene alla paura» e riconosce il diritto di Pyongyang e Teheran di garantire «il benessere e la ricchezza dei loro popoli», ma senza che questo rappresenti «una minaccia alla sicurezza internazionale». E sulla questione mediorientale il leader americano lancia una provocazione. «Non sono ingenuo, so che questo è un obiettivo difficile, ma dobbiamo chiederci se vogliamo seriamente la pace, o se invece la vogliamo solo a parole. È il momento di rilanciare il negoziato senza precondizioni, nell’ottica di una soluzione permanente delle questioni in gioco: la sicurezza di israeliani e palestinesi, i confini, i profughi e Gerusalemme».
ECONOMIA – Non manca l’impegno sulla crisi economica. Al vertice del G20 di Pittsburgh dei prossimi giorni, assicura, «lavoreremo insieme con le più grandi economie per disegnare una struttura per la crescita che sia equilibrata e sostenibile».
PACE – Obama cita poi Roosevelt: «La pace non è il lavoro di un uomo solo – dice – di un partito, di una Nazione. Non c’è una pace delle nazioni grandi o piccole, la pace è il frutto della cooperazione di tutto il mondo». «L’Onu – continua Obama – è fatta di Stati sovrani e purtroppo questo organismo troppo spesso diventa un forum di discordia, piuttosto che di consenso, è un teatro per giochi politici e per fare sfogo a tensioni piuttosto che risolvere problemi. Dopo tutto, è facile salire su questo podio e puntare il dito contro gli altri, alimentare divisioni. Quello sono capaci tutti a farlo». E poi aggiunge: «La democrazia non può essere imposta dall’esterno. Ogni società deve trovare la sua strada e nessuna strada è perfetta. Gli Stati Uniti – osserva – sono stati troppo spesso selettivi nella loro promozione della democrazia«. Secondo Obama, però, «ci sono alcuni principi di base che sono universali» e l’America «non vacillerà mai negli sforzi di far rispettare il diritto dei popoli in ogni angolo del mondo di determinare il loro destino».
GHEDDAFI – Subito dopo l’intervento di Obama, è toccato al leader libico, Muhammar Gheddafi, che si è congratulato con il presidente Usa (che però non è rimasto in sala ad ascoltarlo ed è uscito insieme al segretario di Stato, Hillary Clinton): «È un raggio di luce nel buio – ha dichiarato Gheddafi – Nessuno potrà dire cosa sarà l’America dopo Obama, saremmo contenti se fosse presidente per tutta la vita», ha aggiunto il colonnello. Gheddafi, vestito con una tunica marrone, con un berretto scuro sulla testa, si è poi scagliato contro la Carta dell’Onu, contro il Consiglio di sicurezza («dovrebbe essere chiamato Consiglio del terrore») e si è detto contrario a nuovi seggi permanenti. Il colonnello ha poi detto che nessuna nazione ha il diritto di interferire negli affari di altri Paesi, neanche in caso di dittature. E a proposito del virus dell’influenza A ha affermato che «potrebbe essere stato prodotto in un laboratorio militare ed essere uscito fuori controllo». Gheddafi, al suo primo intervento davanti all’Assemblea generale, ha parlato per un’ora e 35 minuti, ben oltre il quarto d’ora previsto per i leader della Terra.