Di Pietro presenta un’interrogazione sull’operato del ministro Scajola. Romani: incontro con vertici Rai. Schifani: informazione sia attenta a buon gusto. Il Pd attacca: «Abuso di potere»
Paolo Romani, viceministro con delega alle Comunicazioni (Ansa) |
ROMA – Il caso “Annozero” non si chiude. Anzi: d’intesa con il ministro Scajola, il vice con delega alle Comunicazioni Paolo Romani ha aperto una fase istruttoria in base all’art. 39 del contratto di servizio, che consente di chiedere in qualsiasi momento alla Rai informazioni, dati e documenti utili: dunque è stato ufficialmente chiesto un incontro fra ministero e vertici dell’azienda.
INTERVENTO AGCOM – «Al termine di tale procedura – spiega una nota del ministero – si valuterà se richiedere l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l’applicazione delle sanzioni previste, ai sensi dell’art 48 del Testo unico della radiotelevisione, in caso di violazione degli obblighi di servizio imposti alla Rai. Sanzioni che possono arrivare fino al 3% del fatturato dell’azienda».
SCHIFANI – La Rai è «un servizio pubblico», ricorda il presidente del Senato Renato Schifani, e come tale «è tenuta a dare ai cittadini un’informazione, una critica politica sempre attenta al buon gusto e a quello che interessa effettivamente. Niente gossip e niente cattivo gusto: quello che mi preoccupa è che l’imbarbarimento della politica si stia spostando anche sul mezzo televisivo».
CALDEROLI – Il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli dà un consiglio al premier: «Premesso che il tentativo di delegittimare Berlusconi da parte di alcuni gruppi editoriali, e anche di trasmissioni della tv pubblica, non è giornalismo ma politica condotta con altri subdoli mezzi, visto che in Italia non c’è un editore puro che sia uno, a Berlusconi consiglio di guardarsi le spalle anche dal fuoco amico. Adesso ci si mettono pure alcuni esponenti della maggioranza che scalpitano e abbaiano contro Berlusconi per ritagliarsi uno spazio futuro nella nebulosa galassia del nuovo centrismo salottiero. Destinato peraltro a fallire e disintegrarsi come tutte le costruzioni politiche fatte a tavolino sulla testa del popolo».
D’ALEMA E GENTILONI – Dall’opposizione Massimo D’Alema definisce «del tutto inopportuno» l’intervento di Scajola: «Conferma l’atteggimento di intolleranza da parte del governo, o almeno di alcune personalità del governo verso la libertà di informazione». Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazione del Pd, parla di «abuso»: «Il governo non ha alcun potere di intervento o di istruttoria su singoli programmi della Rai. In quindici anni di vigenza dei contratti di servizio non si è mai visto un intervento del genere. Si tratta di un abuso di potere e di un’invasione delle competenze di Agcom e commissione di Vigilanza». Di «campagna di intimidazione» parlano Vincenzo Vita (Pd), membro della commissione parlamentare di Vigilanza, e Giuseppe Giulietti (Idv): «Ci eravamo illusi che si trattasse di una svista. No, è una vera e propria linea di provocazione, che mette in soffitta leggi e regole. Si tratta di un eccesso di potere e di una campagna di intimidazione non solo nei confronti dei Santoro e dei Travaglio ma nei confronti di chiunque non voglia piegarsi alla logica del conflitto di interesse e del polo unico “RaiSet”».
DI PIETRO – «La vicenda di “Annozero” fa comprendere in tutta la sua gravità lo stato della democrazia in Italia – denuncia Antonio Di Pietro sull’operato del ministro Scajola, sia una mozione che impegni il governo a rispettare il pluralismo dell’informazione». Per -. Tutti i ministri obbedienti al loro padrone, Silvio Berlusconi, continuano ad attaccare la trasmissione calpestando ruoli e regole. I pochi spazi di libera informazione del servizio pubblico radiotelevisivo sono sotto assedio, come avviene nei peggiori regimi. Per queste ragioni l’Italia dei Valori presenterà lunedì sia un’interrogazione Marco Travaglio l’intervento di Scajola è «più grave dell’editto bulgaro, una dichiarazione illegale ed eversiva che pretende di istituzionalizzare il controllo del governo sulla televisione».