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L’allarme degli agenti penitenziari: «Il carcere ci sta uccidendo, aiutateci»

 

La denuncia di Eugenio Sarno dopo l’ennesimo suicidio di un poliziotto delle carceri: situazione disperata, «ci offende il silenzio delle istituzioni»

 

Agenti di polizia penitenziaria nella manifestazione davanti a Montecitorio del 22 settembre

ROMA – «Tre suicidi in appena cinque giorni. Quattordici in poco meno di due anni. Non si tratta di coincidenze, ma di concreti segnali del profondo malessere dei poliziotti penitenziari sempre più depressi e arrabbiati per le condizioni in cui sono costretti ad operare. È una vera e propria emergenza». Eugenio Sarno, Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, è sconvolto dalla notizia che l’agente di polizia penitenziaria Domenico Apicella, 48enne di Serre di Salerno, ha prima ucciso entrambi i genitori ed il cane e poi si è tolto la vita.

I MORTI – Domenica scorsa un assistente capo a Monza si è tolto la vita in caserma. Lo stesso giorno, anche l’omicidio-suicidio di un ex ispettore appena andato in pensione a Venezia. Uomini che condividevano un lavoro stressante e svolto in condizioni quasi di emergenza. «Apicella lo conoscevo personalmente – racconta il sindacalista –. Era un uomo tranquillo che svolgeva il suo lavoro nel carcere di Eboli, uno di quelli in cui la situazione non è nemmeno disperata. Per questo sono scosso e arrabbiato: abbiamo più volte lanciato l’allarme, anche con una manifestazione lo scorso 22 settembre davanti a Montecitorio. Il ruolo di Cassandra non ci fa piacere soprattutto quando si tratta di vite umane. E il silenzio del ministro Alfano ci offende e ci indigna».

LE CIFRE – Sono i numeri ad ancorare le parole. Nelle carceri italiane vivono, o meglio sopravvivono, circa 64.700 detenuti: le strutture, infatti, ne potrebbero contenere solo 43.218. A vigilare su di loro, solo 38.500 divise, cinquemila in meno di quanto sarebbe necessario: «Il risultato – spiega Sarno – è che se va bene, un agente ha la responsabilità di 80-100 detenuti. Se va male, invece, e soprattutto la notte, deve controllare due o tre padiglioni, ovvero dalle 200 alle 450 persone». I dati nel Lazio «raggiungono il paradosso». L’organico nella nostra regione arriva a 5.166 unità, a fronte di un numero previsto di 4136. «Un esubero apparente – aggiunge il segretario – perché negli istituti di vigilanza lavorano solo 3.327 persone. Ne mancano all’appello 1.839 che sono impiegati nei palazzi del potere. Noi valutiamo che almeno 700 di loro facciano gli acchiappamosche, i reggiombrelli o i camerieri nei corridoi ministeriali. La politica dovrebbe riportarli subito al loro servizio nelle carceri».

LE CARCERI – Nelle carceri, appunto, dove «l’ambiente è fetido, le strutture fatiscenti sovraffollate oltre ogni immaginazione e la sopraffazione impera – denuncia Sarno -. Se il detenuto sta bene, sta bene anche l’agente. Ciò che vediamo nelle carceri ogni giorno ci affligge. Il sistema penitenziario sta trasformando la pena in supplizio e il lavoro in tortura». Di fronte a tutto ciò, i lavoratori tornano a chiedere impegni concreti. «Siamo stanchi delle promesse vuote mentre la gente si ammazza ed ammazza – conclude Sarno -. Ionta ed Alfano diano un segno della, loro presenza e si dimostrino capaci di individuare soluzioni immediate. Altrimenti ne traggano le conseguenze e rimettano i rispettivi mandati».

Carlotta De Leo

L’allarme degli agenti penitenziari: «Il carcere ci sta uccidendo, aiutateci»ultima modifica: 2009-10-02T00:33:13+02:00da
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