La Camera ha approvato il decreto anticrisi con 270 sì contro 250 no. Molti gli assenti, bagarre in Aula. Il Capo dello Stato promulgherà il provvedimento al suo rientro a Roma, intanto il Quirinale spiega: non è un’amnistia
Passa solo con 20 voti di scarto in Aula alla Camera il decreto correttivo che contiene lo scudo fiscale (270 i sì, 250 i no, 2 gli astenuti): significa che se l’opposizione fosse stata al completo, la norma tanto contestata da Pd, Idv e Udc e su cui il governo ha ottenuto la fiducia non sarebbe passata. Domani, al suo rientro a Roma, il presidente della Repubblica, firmerà la legge promulgandola. Per il capo dello Stato, le norme sullo scudo fiscale sarebbero state più consone all’interno del decreto anticrisi. Ma, in ogni caso, non si configurerebbero come una amnistia secondo quanto precisa un comunicato del Quirinale. «La previsione di ipotesi di non punibilità subordinata a condotte dirette ad ottenere la sanatoria di precedenti comportamenti – si legge nella nota -, non è ritenuta qualificabile come amnistia in base a ripetute pronunce della Corte costituzionale, da ultimo con ordinanza 9 aprile 2009, n. 109».
GLI ASSENTI DELLA MINORANZA – Quanto al voto, continuano le polemiche soprattutto all’interno della minoranza che ora recrimina sull’occasione sfumata di far naufragare il provvedimento. Sono 279 infatti i deputati dell’opposizione. La maggior parte delle assenze non giustificate si registrano nel Pdl (213 presenti su 269 appartenenti al gruppo), ma subito dietro è il Partito democratico che “guadagna” la maglia nera: sono 23 i deputati che non hanno partecipato al voto (su un gruppo che al completo conta 216 componenti); 6 su 37 sono i deputati dell’Udc assenti, uno solo tra le file dell’Idv (qui la lista completa).
Tolti i deputati in missione, nel gruppo Idv c’era un assente (pari al 3,8%), nel gruppo Pd 22 (10,6%) e nel gruppo Udc 6 (16,2%). Nel Pdl gli assenti erano 31 (11,5%) , nella Lega 4 (6,6%). Nel voto finale i sì sono stati 270, i no 250.
LA LISTA – Tra gli assenti, l’Idv Aurelio Misiti, i Pd Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Marianna Madia (assente perché si è dovuta sottoporre ad un importante accertamento medico), Margherita Mastromauro, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giamomo Portas, Sergio D’Antoni (quest’ultimo ha reso noto che la sua assenza era dovuta alla necessità di sottoporsi a ricovero urgente per accertamenti medici presso la clinica universitaria Sant’Orsola Malpighi di Bologna) e Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli (tutti e tre impegnati a Madrid per seguire, per conto del Partito Democratico e del gruppo parlamentare che aveva autorizzato la missione, i lavori del Convegno «Global Progress Conference» promosso dal Center of American Progress e dalla Fundacion Ideas para el progreso. Furio Colombo, che sul tabulato distribuito ai deputati, risultava assente, è intervenuto in aula per annunciare che era presente ed aveva votato contro. Nell’Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri. Nelle fila della maggioranza tra gli assenti Luca Barbareschi, Giulia Bongiorno, Manlio Contento, Manuela Di Centa, Elvira Savino, Maurizio Scelli, Denis Verdini.
PD E UDC: «SANZIONI» – Immediata scoppia la polemica sui non presenti. La presidenza del gruppo del Pd alla Camera annuncia «immediate sanzioni» per i deputati che erano assenti ingiustificati al momento del voto finale sul decreto. Undici parlamentari erano assenti per malattia e due in missione per la Camera, ma «per gli assenti ingiustificati, che comunque non sarebbero stati determinanti ai fini del voto, la presidenza del gruppo prenderà immediate sanzioni» Pier Ferdinando Casini, dal canto suo, ha inviato una dura lettera ai deputati centristi che non erano presenti: «La tua assenza, in alcun modo giustificata né preannunciata, rappresenta una grave mancanza di responsabilità nell’esercizio del mandato parlamentare e nella disciplina di gruppo. Casini annuncia che sottoporrà «agli organi del gruppo la questione per l’eventuale applicazione di sanzioni pecuniarie per le assenze ingiustificate e ti richiamo per il futuro -si legge nella lettera – ad un maggior rispetto dei tuoi doveri».
BAGARRE IN AULA – Assenze a parte, le operazioni di voto sono state piuttosto tumultuose. E l’intera seduta è stata caratterizzata dalla bagarre tra le varie forze politiche. A un certo punto il vicepresidente di turno, Rosy Bindi, è stata costretta a sospendere la seduta dopo che i deputati dell’Italia dei Valori hanno esposto in Assemblea le “agende rosse” di Paolo Borsellino usate sabato scorso durante la manifestazione antimafia organizzata da Salvatore, il fratello del magistrato ucciso dalla mafia. Ma sono state le parole di Francesco Barbato, deputato dell’Idv, a scatenare la ressa.
SEDUTA SOSPESA – L’esponente dipietrista ha accusato la maggioranza e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di essere dei «mafiosi». Secondo il vicepresidente del gruppo del Pdl Italo Bocchino questo «è reato: siamo nell’aula della Camera e chiedo al vicepresidente di intervenire usando il Regolamento. Bindi ha il dovere di espellere Barbato dall’Aula. Ha fatto affermazioni gravi che violano le elementari norme comportamentali. Non possiamo accettare che si possa dire in un’Aula del Parlamento che il premier è mafioso, che la maggioranza è mafiosa». Il vicepresidente della Camera ha sottolineato di aver «espressamente richiamato all’ordine Barbato». Quindi la bagarre: l’Idv ha protestato mostrando le agende rosse e la Bindi si è vista costretta a sospendere la seduta.
FINI INTERVIENE – Poco dopo è intervenuto in aula il presidente della Camera, Gianfranco Fini, spiegando che le affermazioni di Barbato sono «oggettivamente gravi» e «saranno oggetto di valutazione da parte dell’Ufficio di presidenza» che «deciderà gli eventuali provvedimenti disciplinari da prendere».