Una volta in ospedale è stato colpito da un ictus e non si è più ripreso, Ercole Ferraro era intervenuto perché il giovane voleva salire sul mezzo con la bici: si è preso due pugni sul volto
TORINO – Sabato è stato picchiato su un autobus da un ragazzino, due giorni dopo è morto all’ospedale Giovanni Bosco di Torino. Ernesto Ferrero, 76 anni, è deceduto per emorragia cerebrale dopo essere stato malmenato sabato scorso su un autobus della linea 75 da un ragazzotto a cui aveva detto che sul bus le biciclette non si potevano portare.
LA DINAMICA – Ferrero, ex tranviere, era intervenuto per aiutare l’autista, una donna, che, alla vista del giovane che saliva con la bicicletta, aveva soltanto detto che avrebbe chiesto ai suoi superiori se era possibile farlo e che nel frattempo il passeggero sarebbe dovuto scendere. Una banale affermazione che ha scatenato il giovane con insulti e imprecazioni nei confronti della giovane autista. Un comportamento che ha indotto Ferrero, su quel mezzo dopo essere andato a trovare un amico, ad intervenire per difendere la collega. Parole pacate, dettate dall’esperienza di chi ha già vissuto in passato mille casi di questo tipo, ma che non hanno calmato il giovane. Anzi. Dalle ricostruzione fatta dagli agenti della squadra mobile diretta da Sergio Molino, il giovane, magro, con un’età inferiore ai 18 anni, capelli castani e altezza di un metro e 65, ha invece sferrato due pugni al volto dell’ex tranviere ed è scappato, lasciando la bicicletta, peraltro da donna, sul bus.
L’ICTUS – Ernesto Ferrero ha barcollato ed è poi caduto su un sedile. Lì per lì era cosciente, lucido, ha fatto anche qualche battuta agli agenti che sono intervenuti per prestargli soccorso. Poi è stato trasportato in ospedale, dove lo ha raggiunto anche il figlio, un medico neurologo dell’ospedale di Orbassano, ma all’ improvviso è stato colto da un ictus ed è andato in coma. Difficile dire se ci sia un nesso tra i pugni ed il grave malore che lo ha poi portato alla morte. I sanitari non si sbilanciano. Solo l’autopsia potrà stabilirlo con certezza. Nel frattempo la squadra mobile di Torino sta setacciando la città alla caccia del ragazzo del bus. In mano ci sono le descrizioni dei testimoni presenti sul bus ma anche i fotogrammi delle telecamere presenti sul mezzo pubblico. «Lo stavo aspettando – ha raccontato la moglie Rosanna parlando di quel maledetto sabato pomeriggio – era andato a trovare un vecchio collega. Non lo vedevo arrivare e così mi ero iniziato a preoccupare. Poi mio figlio medico è stato avvisato dai colleghi e così ho saputo che qualcuno lo aveva picchiato. Non riesco proprio a dare una spiegazione di quello che è accaduto».