L’ultimo ostacolo. Lippi insegue il suo secondo Mondiale: «Siamo messi meglio di 4 anni fa»
DUBLINO — «Ciao». Un italianissimo ciao è il saluto che Marcello Lippi spedisce (a richiesta) a Giovanni Trapattoni del quale aveva raccolto l’eredità nell’estate del 2004 dopo un quadriennio a dir poco sfortunato, doppio fallimento mondiale (Giappone-Corea 2002) e continentale (Portogallo 2004). Stasera il Trap vestito del verde d’Irlanda proverà a fare lo sgambetto a quella che è stata la sua nazionale utilizzando le armi tradizionali del calcio che si gioca quassù: corsa folle e coltello tra i denti.
I due commissari tecnici Marcello Lippi e Giovanni Trapattoni durante la partita Italia-Irlanda allo stadio S. Nicola di Bari (Ansa) |
Non è che serva molta fantasia a immaginarlo. Ma il sogno della promozione diretta al Mondiale sudafricano resta un filo sottilissimo per lui: la superiorità azzurra è manifesta perché pareggiando stasera oppure battendo Cipro mercoledì a Parma, per l’Italia sarebbe fatta. Perciò se il Trap spera, Lippi trepida all’idea di questa sfida che può garantirgli la presenza al secondo Mondiale consecutivo: «È una bella emozione e, se per caso qualcuno se ne fosse dimenticato, avremmo la possibilità di difendere il titolo conquistato in Germania. Però serve un’Italia importante, che riesca a imporre le proprie qualità. Grazie al lavoro di Trapattoni ora la convinzione degli irlandesi è cresciuta ma noi abbiamo vinto 6 partite pareggiandone 2, mica male. Quello che abbiamo fatto non è tutto da buttare: lo dimostra Cristiano Ronaldo che rischia di non giocare il Mondiale e come lui Ibrahimovic».
La partita che segnerà l’aggancio di Pirlo (62 presenze) a Donadoni e Gentile (63), quello di Zambrotta (90) a Del Piero (91) e quello possibile di Gattuso (inizialmente confinato in panchina) alle 70 maglie azzurre di Mazzola, questa partita in cartellone nel stadio di Croke Park («Lo chiamano lo stadio del sangue, che brutta definizione ») perché il vecchio e intrigante impianto di Lansdowne Road con il treno che gli sferragliava accanto non esiste più, possiede un termine di raffronto nella gara vinta (2-1) il 17 agosto del 2005, la prima della stagione che sarebbe sfociata nella notte degli eroi di Berlino. «Ma quella — Lippi stoppa subito gli accostamenti blasfemi — era una semplice amichevole d’estate che comunque aveva dato dei segnali. Una bella differenza ». Per forza di cose bypassato il confronto dello scorso 1˚ aprile a Bari per manifesta inattendibilità («Partita anomala »): frettolosa espulsione iniziale di Pazzini e il pesce d’aprile di Keane, pareggio proprio in fotofinish.
Punti fermi su quello che sarà lo schieramento chiamato a chiudere (in anticipo) la pratica sudafricana, non ne esistono. Al contrario del Trap che snocciola i suoi 11 titolari, Lippi nega infatti qualsiasi riferimento («Voi mi fate passare per scortese ma io non sono scortese»), anche se il dubbio autentico coinvolge Di Natale e Gilardino. Ma, al di là delle singole scelte, la questione di fondo è una soltanto: la capacità di mantenersi sempre sul pezzo di un gruppo che resta sostanzialmente un mix di campioni usurati e di giovani (o sedicenti tali) il cui spessore in chiave internazionale è tutto da verificare. Il c.t., ovviamente, si sforza di regalare parole ecumeniche («Noi cerchiamo di vincere in tutti gli stadi del mondo») e avverte: «Dobbiamo aspettarci folate frequenti e aggressive degli irlandesi però anche loro si dovranno attendere qualche cosa da parte nostra, le nostre folate ».
Quattro anni fa il successo di Palermo sulla Slovenia, un risicato 1-0, ci garantì il lasciapassare per il Mondiale tedesco, con tutto quello che quei giorni hanno significato per la storia minima del nostro calcio. Era la penultima partita del girone, proprio come stasera. Toccando ferro un dettaglio beneaugurante. Ma soltanto a qualificazione ottenuta il c.t. incomincerà tutte le verifiche («Anche se sul piano della conoscenza dei giocatori la sensazione è di essere più avanti rispetto a quattro anni fa»), perché per giocare un Mondiale come si deve «è necessario fare molto di più». E a chi, portandosi oggettivamente molto in avanti, gli domanda del suo futuro, stavolta Lippi allarga le braccia: «Ma se non so neppure cosa farò domani…».
Alberto Costa
ciao carlo..come va? ho finito la mia grafica..adesso è bella..vero?