Dopo il nobel a Elisabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak. Agire contro l’enzima che regola la lunghezza dei cromosomi potrebbe portare alla realizzazione di preparati anti-cancro «universali»
L’idea di costruire un vaccino «universale» contro il cancro è quasi in controtendenza. Tutti parlano di target therapy, la cura personalizzata a misura di paziente, e buona parte della ricerca si è focalizzata sulla possibilità di colpire bersagli molecolari specifici per ogni tipo di tumore non soltanto con i vaccini, ma anche con i farmaci. Ma c’è anche un’altra strada, che l’assegnazione del premio Nobel per la medicina di quest’anno ha riproposto, su cui si stanno muovendo molti gruppi di sperimentatori, anche privati, con notevoli investimenti economici. Gli americani Elisabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak hanno ottenuto il riconoscimento dell’Accademia svedese per le loro scoperte sui telomeri, cioè su quelle porzioni di Dna che stanno all’estremità dei cromosomi. «Le loro ricerche – spiega Elena Giulotto del Dipartimento di genetica “Adriano Buzzati Traverso” all’università di Pavia, esperta di telomeri di cui studia alcuni aspetti funzionali, pubblicando lavori su riviste del calibro di Science- hanno fondamentalmente risposto a un quesito biologico. Questo: come mai, durante la divisione cellulare le terminazioni dei cromosomi non si replicano come il resto del Dna? I tre scienziati hanno scoperto che i telomeri sono organizzati in sequenze di Dna semplici e ripetute e che l’enzima specializzato per la loro replicazione è la telomerasi. Senza questo enzima i telomeri tenderebbero ad accorciarsi a ogni replicazione delle cellule». Esiste, dunque, un equilibrio dinamico fra “accorciamento” dei telomeri, dovuto alle successive replicazioni dei cromosomi, e “allungamento”, reso possibile dalla presenza della telomerasi. Nelle cellule somatiche di un adulto normale, la telomerasi è inattiva, i telomeri tendono ad accorciarsi (tant’è vero che sono più corti negli anziani) e le cellule possono andare incontro a senescenza; nelle cellule staminali e riproduttive, invece, l’enzima è attivo e mantiene stabile il Dna.
INVECCHIAMENTO E TUMORI – «Il fenomeno della senescenza legato all’accorciamento dei telomeri – precisa Elena Giulotto – che, peraltro, si osserva solo in laboratorio, ha fatto ipotizzare la possibilità di prevenire o curare l’invecchiamento. È vero, l’inserimento di un gene della telomerasi nelle cellule le rende immortali, ma quello che succede nell’organismo umano è ben diverso anche perchè l’invecchiamento è dovuto a tantissimi altri fattori». L’elisir di lunga vita è ancora lontano, ma le cure anti-cancro no. «Nel 90 per cento dei tumori – spiega Giulotto – la telomerasi è attiva e i telomeri non si accorciano. La telomerasi, dunque, è un marcatore comune a moltissime neoplasie». Ecco perchè terapie mirate contro la telomerasi diventerebbero terapie “universali”. La telomerasi è un enzima complesso perché è formato da un filamento di Rna, cioè da una sequenza di oligonucleotidi, che fa da stampo per la sintesi del Dna dei telomeri e da una parte proteica, costituita dall’enzima trascrittasi inversa (che sintetizza il Dna partendo dallo “stampo” a Rna). I bersagli di vaccini e farmaci anti-telomerasi, dunque, possono essere più di uno. Un’idea potrebbe essere quella di inibire la trascrittasi inversa con un farmaco (è lo stesso meccanismo dell’Azt, il famoso farmaco che blocca la replicazione del virus dell’Aids) o di bloccare l’Rna con sequenze di oligonucleotidi capaci di legarsi alla sua molecola. L’altra è quella del vaccino: la possibilità, cioè, di stimolare l’organismo stesso a produrre cellule capaci di aggredire la telomerasi.
SPERIMENTAZIONE – Alcuni composti sono già in fase sperimentazione preliminare sull’uomo. In sei centri americani, compresa la Duke University di Durham, stanno sperimentando in alcuni tumori (della prostata, del rene e leucemie), un vaccino anti-telomerasi (Grnvac1) che si sta rivelando sicuro e capace di stimolare linfociti citotossici specifici per la telomerasi. Due farmaci a base di oligonucleotidi (il Grn163 e il Grn163L9, che funzionano però come inibitori enzimatici, hanno superato le prove sugli animali e sono in studio in 20 centri, sempre americani (su pazienti, per esempio, con mieloma multiplo), anche in combinazione con altre terapie. Questi composti, inibendo l’enzima, provocano un progressivo accorciamento dei telomeri, con conseguente instabilità del genoma e morte della cellula. «Il problema – conclude Giulotto – sarà quello di valutare il loro impatto sulla telomerasi delle cellule sane, soprattutto quelle staminali e germinali ricche di telomerasi».
Adriana Bazzi
Fonte: Corriere.it
INFATTI, LA MIA GRAFICA LA LASCIO COSI’..ADESSO PIACE ANCHE A ME… I PROBLEMI ADESSO SONO SOLO LE VISITE… PER GLI ARTICOLI OK 🙂