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«Io, ancora precaria e single a 41 anni con dieci contratti da ricercatrice»

 

Laureata nel ’94, maria grazia di certo lavora al cnr. La delusione dello stop alla stabilizzazione nel 2007. «Non guardo al futuro»

 

Maria Grazia Di Certo

ROMA — La pazienza la avverti già nel tono della voce, disteso e per­sino rassicurante, con cui Maria Gra­zia Di Certo, romana, 41 anni, ricer­catrice in biotecnologie al Cnr, pre­caria da 15 anni, racconta la propria storia vissuta «sul filo». Quando si è abituati a camminare in bilico lassù, probabilmente non si solleva nem­meno più lo sguardo per scorgere l’approdo sicuro. Ci si concentra sul centimetro trattenendo il fiato, così come Maria Grazia fa ogni giorno, guardando con il microscopio il suo vetrino in una battaglia più grande di lei, quella contro le malattie gene­tiche.

In fondo il sogno era questo qui, quando Maria Grazia ha iniziato fre­quentando, a Roma, Scienze biologi­che. La laurea è arrivata nel 1994, nello stesso anno in cui a vincere il Nobel per la Medicina è Martin Rod­bell, biochimico, scopritore delle proteine G. «Mi sono specializzata in patologia clinica — racconta Ma­ria Grazia — e poi ho preso il dotto­rato di ricerca a L’Aquila in biotecno­logie ».

Comincia così un percorso insta­bile tra borse di studio e primi con­tratti: «Per carità, tutti noi sappia­mo che la gavetta è lunga — spiega la ricercatrice —. Io arrotondavo fa­cendo il rappresentante farmaceuti­co ». Da lì alla dura realtà dei co.co.co, i collaboratori coordinati e continuativi introdotti nel 1995 con la riforma Dini e istituzionalizzati due anni dopo dal «pacchetto Treu», il passo è breve: «Di quei con­tratti ne avrò collezionati almeno una decina!».

Poi una luce in fondo al tunnel: nel 2007 la Finanziaria Prodi intro­duce una graduale stabilizzazione dei precari. C’è la possibilità di ap­prodare al mitico posto fisso, al con­tratto a tempo indeterminato, a una casa propria e forse, chissà, a una fa­miglia. Maria Grazia si mette in fila per la regolarizzazione ed è a un pas­so dall’ottenerla, quando cambia il governo e la sanatoria viene blocca­ta. «Io non ce l’ho fatta, ma 3 o 4 col­leghi, sì. Erano in 4 mila a sperarci, ce l’avranno fatta, sì e no, un miglia­io ». La delusione è fortissima: «L’unica consolazione è che sono stata inquadrata come articolo 23, contratto a termine, questo signifi­ca almeno non avere più uno stipen­dio da fame…». Cioè? «Guadagno 1.700 euro al mese netti. Sono fortu­nata. Gli altri faticando come me tut­to il giorno, senza riconoscimento di straordinari, in media ne prendo­no 500 in meno».

Adesso però si schiude un’altra possibilità: «Il Cnr dopo 10 anni ria­pre i bandi per le assunzioni: spero di farcela anche se i posti sono po­chissimi e ci sono anche i giova­ni… ». In che senso? «Nel concorso l’anzianità vale, ma fino a un certo punto. Così può accadere che i più giovani ti passino avanti. È come se si saltasse una generazione: quella dei quarantenni come me. Lo trovo ingiusto. Va bene il merito, ma an­che l’esperienza è importante».

E cosa succederà se non supererà il concorso? «Ah, non lo so. Il mio contratto è rinnovabile per 5 anni e io sono al terzo. Tra due anni, o an­che prima, potrei tornare a fare la co.co.co.». Ma se potesse ricomincia­re oggi, rifarebbe tutto Maria Grazia: «Andando a lavorare all’estero però. In Italia la preparazione è ottima, ma dopo mancano i fondi. Si lavora in pochi ma non puoi giocare una parti­ta in tre quando le altre squadre so­no da 11 come accade in altri Paesi. Di sicuro non puoi vincerla».

Difficile parlare di prospettive di vita in queste condizioni. A dispetto del suo cognome, Di Certo, Maria Grazia ha pochi punti fermi: «Io non guardo al futuro: come potrei? Non ho un posto fisso e in banca il mutuo per la casa non me lo fanno. Sto in affitto». Ha una famiglia? Sor­ride: «Mediamente non ci si fa la fa­miglia con questo lavoro… statistica­mente è difficile farsela. Praticamen­te mi dedico al lavoro e continua a piacermi moltissimo».

Con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha fatto l’elo­gio del posto fisso, Maria Grazia si trova d’accordo: «Non si discute: la mobilità è negativa se non porta al­la costruzione di qualcosa di stabile. E questo vale poi per l’intera socie­tà ». In che senso? «Penso che il mi­nistro abbia visto che tanta gente non riesce ad arrivare a fine mese. Gente così non può permettersi di spendere un euro in più perché non ha prospettive, non ha neppure la tredicesima a Natale. Tremonti avrà pensato che l’economia non riparte senza garanzie per il futuro. È lapa­lissiano ».

Ma? C’è un «ma»? «Be’, aspetto di capire in che cosa si tradurrà questo pensiero: insomma si torna alla sta­bilizzazione dei precari? Io spero di sì. Mi auguro di poter continuare questo lavoro senza sentirmi border­line a 41 anni. Io non credo che in Italia si possano fare miracoli. Ma si può migliorare, un passo dopo l’al­tro. La pazienza di aspettare ce l’ho».

Antonella Baccaro

corriere.it

«Io, ancora precaria e single a 41 anni con dieci contratti da ricercatrice»ultima modifica: 2009-10-21T16:05:54+02:00da
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