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Marrazzo, si cerca altro video

 

IL CASO LAZIO. I ricattatori gli avrebbero chiesto anche un trasferimento. Forse altre vittime. Le immagini sequestrate a «Chi»

 

 

 

 

ROMA – «Mi sono venuti sotto al­tre volte». È questa frase, pronuncia­ta da Piero Marrazzo al termine del­l’interrogatorio del 21 ottobre scor­so, a svelare quanto forti fossero le pressioni esercitate dai carabinieri che lo ricattavano. Dopo l’irruzione nella casa di via Gradoli avvenuta agli inizi di luglio, li incontrò altre volte. Volevano soldi, ma chiedeva­no anche favori. In particolare pre­tendevano un suo intervento affin­ché uno di loro ottenesse il trasferi­mento dalla caserma di via Trionfale. In mano avevano i suoi tre assegni per un totale di 20.000 euro e il video che lo ritraeva insieme ad un transes­suale. Ma forse avevano anche altro. Le indagini si concentrano sulla pos­sibilità che esista un secondo filmato dove il governatore della Regione La­zio è ripreso in un’occasione diversa e con lui ci sono due transessuali.

Altri ricatti
Adesso le indagini dovranno veri­ficare perché, mentre trattavano con il governatore, i carabinieri poi arre­stati abbiano tentato in ogni modo di vendere le immagini a giornali e televisioni. Se il loro obiettivo era quello di tenerlo sotto scacco, dove­vano essere consapevoli che la pub­blicazione — anche parziale — avreb­be fatto svanire la possibilità di otte­nere da lui nuovi vantaggi. E dunque non si può escludere che si fossero messi al servizio di qualcuno e stesse­ro eseguendo nuove disposizioni, an­che con la speranza di ricavare mag­giori guadagni. Max Scarfone — il fo­tografo noto per aver ritratto il porta­voce del governo Prodi Silvio Sirca­na mentre si avvicina con l’auto ad un transessuale — li conosceva be­ne, tanto da aiutarli a prendere con­tatti con «testate giornalistiche ed agenzie » . Durante l’interrogatorio ha eviden­ziato «i loro innumerevoli contatti negli ambienti criminali della città», ma soprattutto «le rilevanti risorse patrimoniali che hanno a disposizio­ne ». Gli stipendi dei sottufficiali del­l’Arma si aggirano sui 1.500 euro al mese. Da dove arrivavano gli altri sol­di? L’ipotesi esplorata dagli inquiren­ti è che altri ricatti possano essere stati portati avanti, altri clienti mi­nacciati. Almeno due militari arresta­ti hanno ammesso di avere buoni confidenti nell’ambiente dei transes­suali di quella zona. Persone dispo­ste a fornire la «soffiata» giusta pur di poter continuare a svolgere le pro­prie attività illecite come lo sfrutta­mento e lo spaccio di droga. Dunque a segnalare la partecipazione di per­sonaggi pubblici a incontri e festini. Ed è proprio questa certezza investi­gativa ad avvalorare l’ipotesi che ci si­ano vittime di altri ricatti. Del resto l’eventualità di finire nei guai non sembrava spaventarli: il carabiniere scelto Carlo Tagliente era già finito sotto stretta osservazione dei suoi su­periori per alcune violazioni discipli­nari, sospettato pure di essere un consumatore di stupefacenti.

«Sembrava in trance»
Intorno a Marrazzo erano riusciti a stringere una tenaglia. Lo tenevano sotto pressione e intanto trattavano la vendita del filmato. Mostravano un video di un minuto e mezzo, cer­tamente parte di un film molto più lungo. Una sorta di «promo» per cat­turare l’interesse dei possibili acqui­renti prima di consegnare tutto il «gi­rato » che potrebbe durare addirittu­ra quindici o venti minuti. Questo al­meno sospettano gli investigatori del Ros dopo aver ascoltato le inter­cettazioni telefoniche e ambientali dei loro colleghi che forniscono det­tagli ai propri interlocutori. La scor­sa settimana ne hanno sequestrato una copia nella redazione di «Chi», il settimanale della Mondadori diretto da Alfonso Signorini, e questo vuol dire che la trattativa era già in una fa­se avanzata. Agli inizi di settembre «Oggi» aveva invece visionato le im­magini, ma non le aveva ritenute in­teressanti.

Era stato pro­prio Scarfone a contatta­re l’inviato Giangavino Sulas. «Mi diedero ap­puntamento in piazza Mazzini — conferma il giornalista — e lì, oltre al fotografo, trovai un certo Antonio che mi disse subito di essere un carabiniere. Dopo un lun­go giro in macchina mi portarono in un appartamento nella zona nord do­ve c’era un altro uomo che negò inve­ce di appartenere all’Arma. Mi fecero vedere il filmato che era di pessima qualità e con l’audio abbassato. Era stato certamente girato con un telefo­nino. Indugiava sui particolari, si chiudeva con un’inquadratura della targa dell’auto di servizio del presi­dente, una Lancia K. Ma la cosa che mi colpì fu proprio Marrazzo che si appoggiava allo stipite di una porta e sembrava quasi in trance. Era robac­cia e d’accordo con il mio direttore comunicammo di non essere interes­sati » . Il presidente della Regione, ed ex conduttore di «Mi manda Raitre», ha raccontato durante il suo interrogato­rio di essere stato minacciato dai due carabinieri che fecero irruzione nel­l’appartamento «perché volevano i soldi». Ha ammesso di aver staccato i tre assegni per paura dell’arresto, vi­sto che nella stanza c’erano strisce di cocaina. Ha anche aggiunto che «la droga era sparita dopo che loro usci­rono dalla casa», così facendo presu­mere che se la siano portata via. Ma potrebbe aver omesso alcuni dettagli di quell’episodio e di quanto è avve­nuto nei giorni successivi sulle ri­chieste ricevute.

Fiorenza Sarzanini

corriere.it

Marrazzo, si cerca altro videoultima modifica: 2009-10-25T11:25:00+01:00da
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