I bambini In questo momento sono i più colpiti, la temperatura può andare oltre i 40 gradi. Antipiretici per abbassare la febbre, no agli antibiotici. Quando chiamare il medico e quando andare in ospedale
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Febbre alta, oltre i 38.5, mal di testa, dolori diffusi. Una triade di sintomi che lascia pochi dubbi di questi tempi: si tratta, con ogni probabilità, di influenza A. Allora è meglio dimenticare il «fai da te» e chiamare il medico. Perché, se è vero che la nuova influenza non è più cattiva di quella stagionale (che non è ancora arrivata), è anche vero che certe categorie di persone sono più vulnerabili all’infezione da virus H1N1 (come i bambini e i giovani) o rischiano di più le complicanze (come le donne in gravidanza). Non tutti coloro che vengono a contatto con il virus si ammalano, ma chi lo fa, nel giro di due o tre giorni, si mette a letto ed è bene che ci stia. Del resto non può fare altrimenti proprio perché la febbre alta (che può arrivare nei bambini fino a 40 gradi) provoca un grave malessere generale. Ecco perché è bene cercare di ridurla.
IL TERMOMETRO SALE– «Non dimentichiamoci — dice Massimo Galli del Dipartimento di malattie infettive all’Ospedale universitario Sacco di Milano — che la febbre è un meccanismo di difesa dell’organismo contro l’infezione e non va combattuta in quanto tale, ma perché provoca spossatezza, mal di testa e dolori al malato e non lo fa riposare bene ». L’antipiretico da preferire è il paracetamolo. Per il resto non sono indicati altri farmaci, tanto meno gli antibiotici che non funzionano contro i virus e non prevengono le infezioni batteriche. E poi valgono le solite regole: stare al caldo, bere molto, soprattutto succhi di frutta, mangiare quello che ci si sente di mangiare.
ATTENZIONE AI BAMBINI – Qualche osservazione a parte meritano i bambini perché, per loro, la febbre può raggiungere punte di 40 gradi e passa. «Il paracetamolo come antipiretico va bene — dice Susanna Esposito della clinica pediatrica De Marchi all’Università di Milano — e nel giro di sei ore la temperatura dovrebbe scendere sotto i quaranta. Se non succede, è bene rivolgersi con urgenza al pediatra o andare al pronto soccorso » . Se la febbre è accompagnata da convulsioni, è sempre opportuno chiamare il pediatra o recarsi, anche in questo caso, al pronto soccorso quando l’attacco dura più di un quarto d’ora e riguarda non tutto il corpo, ma soltanto una parte. La Società italiana di pediatria non consiglia l’uso del ghiaccio per ridurre la temperatura del corpo, soprattutto se applicato direttamente sulla pelle e non attraverso una borsa. «Vale la pena di ricordare — aggiunge Galli — che, per prudenza, al di sotto dei 15 anni non si somministra come antipiretico l’aspirina: si sospetta, infatti, che possa provocare la cosiddetta sindrome di Reye, caratterizzata da disturbi del sistema nervoso ». Per il resto, anche per i bambini, è fondamentale bere. Non importa se non mangiano per uno o due giorni; poi si riprenderanno ed è importante che allora scelgano cibi sani (frutta, verdura, carne o pesce) e si alimentino in maniera regolare. Se non ci sono particolari problemi, la febbre, sia nei bambini che nei giovani e negli adulti, dura due o tre giorni poi comincia a calare: nel giro di una settimana, o poco più, la situazione si risolve. Non bisogna dimenticare, però, che dopo la comparsa dei sintomi si continua a eliminare virus anche per sette giorni: ecco perché non si deve tornare a scuola o al lavoro troppo presto, altrimenti si rischia di contagiare gli altri.
LA SPOSSATEZZA – «Questa influenza — dice Galli — può lasciare, dopo la guarigione, un senso di spossatezza e di stanchezza, qualche volta anche in forma importante. Anzi: è proprio questo che ci fa dire che si è trattato di vera influenza ». Altre forme simil-influenzali, le cosiddette Ili, che sono diffuse in questo periodo e danno gli stessi sintomi con febbre elevata, vengono spesso confuse con l’influenza A (finora sono il 50-60 per cento dei casi, ma stanno diminuendo per lasciare il posto all’influenza A) non provocano, infatti, questi strascichi.
LA TOSSE – «Nei bambini — dice Esposito — dopo due o tre giorni dall’inizio della febbre può comparire tosse, soprattutto secca, che allarma molto le mamme. Anche negli adulti questa influenza A provoca spesso una tracheite non pericolosa. La tosse può persistere alcuni giorni: non c’è una cura specifica, ma è bene che il bambino rimanga in casa per evitare sovrainfezioni batteriche. L’unica situazione che deve allarmare i genitori è la comparsa di difficoltà o di irregolarità del respiro: è opportuno, anche in questo caso, ricorrere al pronto soccorso » .
IN GRAVIDANZA – Le complicanze dell’influenza si manifestano di solito nelle persone che hanno già problemi di salute, ma c’è un’altra situazione, questa volta fisiologica, che va guardata con cautela: la gravidanza. Le donne che aspettano un bambino, fra i 20 e i 39 anni, rappresentano circa il 30 per cento di tutti i casi di influenza A che sono finiti in ospedale, almeno secondo i dati disponibili. E le complicanze più frequenti sono le polmoniti primitive (provocate cioè dal virus dell’influenza) e quelle secondarie (da sovrapposizione batterica). In generale la comparsa di complicanze è annunciata da un crescendo di sintomi e, in particolare, da difficoltà di respiro. «Le donne si devono allarmare — spiega Alessandra Kustermann della Clinica ostetrico-ginecologica Mangiagalli di Milano — quando i sintomi peggiorano, soprattutto se hanno malattie concomitanti o sono obese. In questi casi il ricovero è obbligatorio » . Per evitare le complicanze nelle donne gravide con malattie croniche, andrebbe valutata la somministrazione di farmaci antivirali, ma questi ultimi funzionano bene soltanto se assunti entro 48 ore dalla comparsa dei sintomi di influenza. E poi non esiste una sperimentazione adeguata su questa categoria di pazienti: la scelta, quindi, va fatta caso per caso. «Si tende a consigliare gli antivirali come terapia — precisa Galli — nei casi di vera necessità, come appunto nei pazienti con malattie croniche concomitanti, in quelli a rischio di complicanze e in presenza di sintomi respiratori importanti».
GLI ANTIVIRALI – Il virus H1N1 è sensibile a due antivirali, l’oseltamivir, che è in compresse, e lo zanamivir, che viene somministrato per inalazione. Quest’ultima può risultare difficile nei bambini e in persone con difficoltà di respiro, pazienti che vanno, dunque, seguiti attentamente. «Siamo in attesa di antivirali da somministrare per iniezione — aggiunge Galli — che potrebbero essere utili nei casi più gravi». Uno, il peramivir, è appena stato autorizzato dalla Fda americana, l’ente di regolazione di farmaci, per l’impiego di emergenza.
Adriana Bazzi