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Malati di Sla in sciopero della fame: «Viviamo senza alcuna assistenza»

 

In tre hanno sospeso l’alimentazione indotta. Altri sono pronti a seguirli. Salvatore Usala ha scritto al viceministro Fazio: «Voi ci dite di pazientare ma non capite che molti muoiono»

 

Salvatore Usala

Malati di Sla che iniziano lo sciopero della fame: come uno che sta a galla a fatica e decide di mettersi addosso una cintura di piombo. Salvatore Usala e Giorgio Pinna sono attaccati alla vita con due tubi: uno serve per respirare e l’altro per alimentarsi. Da mercoledì hanno convinto le rispettive mogli a staccare il secondo: quello che gli infila in corpo un litro e mezzo di sostanze nutritive. Giosi Usala: «È una scelta difficile, ma io devo fare quello che decide mio marito». Famiglie sole in situazioni disperate. Spesso senza aiuti economici o assistenza. Pochi minuti al giorno, se va bene. Un altro malato di Sla ha già deciso di seguirli in questa lotta per chiedere aiuto: Mauro Serra, anche lui sardo come i primi due. E ce sono altri a Roma pronti a far staccare i loro tubi. Sentono di avere diritto a una vita diversa, soprattutto quella che fanno le persone che hanno intorno.

Giorgio Pinna

Chantal Borgonovo, moglie di Stefano, l’ex giocatore del Milan malato di Sla, quando sente parlare di sciopero della fame, si gela: «Sono dispiaciuta, sono affranta. In un paese che si ritiene civile come può succedere che gente che non può muoversi, né mangiare, né respirare, né parlare, debba fare una scelta del genere per far sentire la sua voce? Non sono un medico ma credo che un malato di Sla che decide di sospendere l’alimentazione rischia la vita 10 volte di più di un’altra persona. Stefano non si collega spesso al sito dell’associazione di Viva la Vita che riporta la protesta di Salvatore Usala, ma è al corrente di questa iniziativa». La coppia Borgonovo, come tutte quelle dove c’è la Sla di mezzo, comunica solo attraverso parole scritte: «Non mi ha ancora fatto sapere cosa pensa di questo sciopero della fame. Ma è drammatico».

LA LETTERA A FAZIO: «MOLTI SI LASCIANO MORIRE» – Salvatore Usala, proprio sul sito di Viva la Vita, poco più di mese fa, aveva scritto una lettera aperta al viceministro alla Salute Ferruccio Fazio: «Siamo 5000 forse 6000, nessuno lo sa con precisione, abbiamo una malattia, la Sla, che è un dramma che investe la famiglia intera. Voi ci dite di pazientare ma non capite che nel contempo tanti muoiono perché non vogliono pesare sui loro cari e rifiutano la tracheostomia, altri muoiono perché non hanno un minimo di assistenza. Di queste morti, di questi trattamenti voi siete corresponsabili, non fatte nulla, state silenti sulla riva del fiume indifferenti al passaggio dei cadaveri. Uno strumento legislativo, i Lea e relativo tariffario, giace da un anno e mezzo in conferenza stato regioni e ancora non c’è traccia di un accordo. Ci si deve vergognare che in uno stato che è la settima potenza mondiale ci siano trattamenti da terzo mondo». Alle parole ora segue lo sciopero della fame. «Le ho mandato una lettera aperta, un video di denuncia. Ho aspettato la risposta». Niente, silenzio. Allora sciopero dello fame.

LE CONDIZIONI CAMBIANO DI REGIONE IN REGIONE – Le condizioni di assistenza dei malati di Sla, in Italia, variano da regione a regione. Lo spiega Simonetta Tortora di Viva la Vita: «In alcune realtà esistono dei modelli assistenziali a domicilio che consentono di ricevere un valido aiuto alle famiglie, ma nella gran parte dei casi c’è solo abbandono da pare delle istituzioni. Per avere un’adeguata assistenza sociale e sanitaria, un malato di Sla in condizioni avanzate necessita di 100mila euro all’anno». Nel Lazio, le persone con Sla in condizioni avanzate di malattia – in particolare in ventilazione meccanica continuativa – ricevono dalle proprie Aziende Sanitarie Locali una copertura assistenziale sanitaria di 12 ore al giorno, con punte di 24 se necessario. Sono previsti anche accessi dedicati degli specialisti medici per operazioni ordinarie sulla tracheostomia e sulla nutrizione artificiale. In Sardegna, i malati in condizioni avanzate godono di un contributo regionale alle famiglie di 20mila euro massimo e scalabile in relazione al reddito. Sono previsti anche gli accessi di infermieri della rianimazione e controlli medici periodici al domicilio. In Lombardia, invece, esiste un “voucher sanitario” molto esiguo e un aiuto alle famiglie di 500 euro al mese. In Piemonte le condizioni assistenziali sono anche peggiori. A Torino, per i malati sono previsti solo due accessi infermieristici a settimana e le ordinarie manovre di gestione della tracheostomia e della nutrizione artificiale sono effettuate in ospedale, costringendo mensilmente i malati a subire un gravoso trasporto in ambulanza per operazioni che generalmente sono gestite a domicilio. «Nel resto del Paese – conclude Simonetta Tortora – il panorama è ancora più desolante. In Sicilia, per fare un esempio il dottor Orestano – uno dei più autorevoli urologi italiani colpito dalla Sla che vive a Palermo – spende circa 5mila euro al mese per avere un’assistenza dignitosa. Qui la condizione è ancora più disperata. In Umbria la regione aveva preso degli impegni di aiuto ai malati che, ad oggi, sono rimasti lettera morta». Come quella scritta da Salvatore Usala.

 

 

 

Stefano Rodi

Malati di Sla in sciopero della fame: «Viviamo senza alcuna assistenza»ultima modifica: 2009-11-07T16:45:34+01:00da
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