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Il giallo del computer in casa I pm: Brenda non aveva un pc

 

I carabinieri avevano già perquisito il monolocale in ottobre senza trovarlo. Le piste: delitto «mascherato» o incidente per spaventarlo

 

Una immagine di archivio di Brenda (Ansa)

ROMA — Il monolocale di Brenda fu perquisito all’inizio dell’indagine sul ricatto a Piero Marrazzo, ma non fu trovato alcun computer. Anzi, lo stesso transessuale — dopo aver rive­lato ai magistrati l’esistenza di un se­condo video che ritraeva il governato­re durante un festino — disse di non possederlo. Una versione ritenuta cre­dibile dai pubblici ministeri: «Conse­gnò i cellulari per effettuare l’analisi della ‘memoria’ e mostrò massima collaborazione. Non ci risulta avesse anche un pc». Di chi è dunque quel «portatile» trovato sotto l’acqua giove­dì notte, quando è stato scoperto il ca­davere? È questo l’ultimo mistero per chi in­daga sulla morte di Brenda, protagoni­sta della vicenda che ha travolto il pre­sidente della Regione Lazio. Il detta­glio che getta nuove ombre sulla sua fine. Si rafforza così l’ipotesi che si trat­ti di un avvertimento o addirittura di un «omicidio mascherato», come sug­geriscono in Procura. Perché è vero che soltanto l’analisi di tutti i dati for­niti dagli esperti — soprattutto quelli della Polizia scientifica che stanno esa­minando i reperti trovati nell’apparta­mento — potrà stabilire le cause effet­tive della morte. Ma è altrettanto vero che troppe restano le stranezze già rile­vate sulla «scena del crimine». E allora si può pensare che qualcuno volesse spaventare Brenda, convincendolo co­sì a non rivelare i suoi segreti. Oppure che volesse farlo tacere per sempre.

Le «stranezze» sulla scena del crimine
Il ragionamento che in queste ore prevale porta a ipotizzare che, se inci­dente è stato, qualcuno lo ha provoca­to. Dunque, si torna nell’appartamen­to per «leggere» ogni elemento. E quel­li che, con il trascorrere delle ore, assu­mono una valenza sempre più forte so­no proprio il computer e i telefonini. Perché sono le apparecchiature che servono a confezionare e a conservare i video, quindi potrebbero essere state utilizzate per altri ricatti. Il Nokia tro­vato accanto al corpo ha una memoria pressoché vuota, mentre si sa che Brenda aveva almeno altri due telefo­ni e non si sa che fine abbiano fatto. E poi c’è il rubinetto che fa scorrere l’ac­qua sul computer. Perché?

La perquisizione di un mese fa
Qualche giorno dopo l’arresto dei carabinieri accusati di aver ricattato il governatore e di aver cercato di vende­re il video che lo ritraeva assieme a Na­talie, i carabinieri del Ros entrano nel monolocale di via Due Ponti 180. È il 26 ottobre. Lo stesso Natalie e altri transessuali che abitano in quel palaz­zo e in via Gradoli hanno parlato di un secondo filmato «girato da un certo Brenda mentre era con Marrazzo e Mi­chelly ». Gli investigatori vogliono sco­prire se nella casa ci siano effettiva­mente cassette o comunque materiale che contiene immagini. Esaminano i telefonini, ma non trovano nulla. Cer­cano ancora, però nel monolocale non c’è traccia di computer. Il 30 ottobre Brenda viene interroga­to nella caserma dell’Arma. Nega di aver mai conosciuto il presidente del­la Regione, giura di non aver avuto al­cun ruolo nella vicenda. Ma due gior­ni dopo, di fronte al procuratore ag­giunto Giancarlo Capaldo, cambia ver­sione e ammette tutto. Racconta del fe­stino al quale ha partecipato a casa di Marrazzo, riconosce di aver girato il video, aggiunge an­che di aver scattato numero­se foto che lo ritraggono con il governatore. E dice: «Questi sono i miei telefonini ma non c’è più niente, perché quando questa storia è cominciata ho avuto paura e ho cancellato tut­to. Voglio precisare che non pos­siedo un computer, anche per­ché non lo so usare».

La ricerca nei tabulati
L’analisi dei file potrebbe fornire ele­menti per capire a chi appartenga il pc trovato sotto l’acqua, non escludendo che Brenda abbia mentito. Ma servirà pure a scoprire eventuali tracce di fo­to, filmati o comunque elementi su al­tre persone. Dopo l’arresto dei quattro carabinieri numerosi transessuali han­no infatti confermato come fosse piut­tosto frequente l’abitudine dei clienti di riprendersi assieme ai viados , so­prattutto quando gli incontri avveniva­no all’interno degli appartamenti. Ma­teriale che potrebbe essere servito per tenere sotto pressione diverse perso­ne. Per questo gli inquirenti non esclu­dono che il computer lasciato a casa di Brenda — anche se non dovesse conte­nere alcun file interessante — rappre­senti un avvertimento a chi ha pensa­to di poter far soldi muovendosi con disinvoltura in questo mondo che me­scola la prostituzione al traffico di dro­ga, cocaina in particolare. Tracce concrete potrebbero arriva­re dai tecnici informatici e dall’esame dei tabulati telefonici. Perché agli in­vestigatori Brenda aveva fornito le utenze dei cellulari — adesso scom­parsi — per poter essere rintracciato e su questo adesso si lavora. L’analisi dei contatti degli ultimi mesi potrà fornire dettagli utili alla ricerca della verità sulla sua fine, con l’elenco di tutte le persone che hanno avuto rap­porti con lui. E dunque servirà ad ac­certare anche il suo legame con Gian­guarino Cafasso, il «pappone» e pu­sher di molti transessuali che per pri­mo — d’accordo con i carabinieri poi arrestati — aveva cercato di vendere il video di Marrazzo. L’hanno trovato morto il 12 settembre nella stanza di un motel alla periferia di Roma. E an­che la sua fine è misteriosa. Perché è vero che era tossicodipendente e ma­­lato, ma aveva 37 anni e i magistrati attendono l’esito degli esami tossico­logici per capire se è stato davvero un infarto a stroncarlo.

Fiorenza Sarzanini

Il giallo del computer in casa I pm: Brenda non aveva un pcultima modifica: 2009-11-23T11:41:00+01:00da
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