Un debito di 25 mila euro solo per la fornitura dell’acqua potabile. Condominio di via Crespi, difficile convivenza con gli stranieri. «Sono proprietari, ma non pagano le spese»
Il palazzo di via Crespi (foto Mauro Sioli) |
MILANO – Tra gli italiani rimasti, uno di cognome fa Corea e l’altra è la moglie di Abtellatif. Egiziano, Abtellatif nel 1986 diede fuoco agli abbaini popolati da clandestini, che infatti sloggiarono, alcuni dei quali con qualche ustione. Poi Abdellatif avviò la ricostruzione e si creò, raccontano mettendo a tacere i contrari a suon di minacce e sfuriate nelle assemblee di condominio, un attico abusivo a due piani. Travi, finestroni, piante che si arrampicano, muretti a vista. Per tutte queste cose è stato indagato, arrestato e condannato a sei anni di prigione. Però la moglie continua ad abitare lassù (ha usufruito di qualche condono?). Del resto pare che in casa la regola sia di fregarsene degli altri. Difatti la signora, nelle spese condominiali, ha un debito, lasciato pascolare e ingrassare negli anni, di 20.546,74 euro. Cosa volete che sia: tutto il palazzo, il civico 10 di via Crespi, una piccola traversa del primo tratto di viale Monza, ha arretrati per 132 mila euro, dei quali 25 mila soltanto per l’acqua (i numeri sono contenuti nei rendiconti inviati a Comune e Prefettura).
Fregi e letti a castello
Fino a quarant’anni fa nel palazzo, di ringhiera, «abitavano professori e commercialisti, c’erano i fregi, insomma, era un luogo borghese», dice l’amministratore, «un vesuviano che ama Milano, o amava, perché, carissimo mio, Milano mi fa paura, non governa più i suoi problemi». In dieci dei 48 appartamenti abitano italiani. Gli altri sono di proprietà di egiziani (17), cinesi (4), cingalesi (4), filippini (1) e sudamericani vari (12). Via Crespi 10 è un ottimo osservatorio per provare a capire come e se l’integrazione procede nella Milano che conta 40 mila condomìni. A Oppeano, in Veneto, la scorsa settimana, un sindaco leghista ha annunciato la proposta di introdurre, proprio nei condomìni, un numero chiuso per gli immigrati. A guardare il civico 10 di via Crespi, e chissà quanti altri civici di altre strade, si dovrebbe piuttosto cominciare con il numero chiuso per i residenti in ogni singolo alloggio. In quello di Abdur R. sono stati contati 21 inquilini. Da Hossain B. 17. Da Amukul B. 12. Da Hasan K. 18. Qualcuno giura sull’esistenza di camere con letti a castello da quattro piani.
Uno degli inquilini, venditore di rose (foto Mauro Sioli) |
Se son rose sono euro
In un casa, dei ragazzi cingalesi guardano, su un canale televisivo del loro Paese, uno show. Si balla, canta, ride. In cucina (altrove, con estrema cortesia, ci viene impedito di sbirciare) c’è un grande pentolone sul fornello, un pentolone da caserma, e ci sono una scarpiera intasata, i vetri appannati, un foglio con elencate le spese settimanali per il mangiare. Non si capisce chi sia il proprietario e chi paghi l’affitto a chi. Mowla ha 30 anni, fa le pulizie in un palazzo. Kamal ne ha 27 e per «cinque euro l’ora» pulisce la casa di una coppia italiana. C’è un terzo ragazzo, basso e timido. Un quarto si è appena svegliato, vende di notte le rose nei ristoranti e fuori dalle discoteche. Un quinto si mette giaccone e cappuccio, inforca le rose, le sfiora per pulirle, o forse le accarezza nella speranza che portino fortuna. Via Crespi 10. Nel consuntivo delle spese condominiali, leggiamo che la famiglia Luo Z. ha arretrati per 1.225 euro, Mohamed S. per 3.089, Gamal E. per 1.261, l’italiano P. per 3.372, Araft E. per 10.510. Non è una questione di nazionalità, o non soltanto. È una questione di gente che non paga. Di alloggi in subaffitto, di dormitori, di poveri e di furbi, di menefreghismo.
«Il crollo dei prezzi»
Sulle scale un estintore fuori posto, nessuno scarabocchio sui muri, musica marocchina, infinita biancheria a stendere, la rastrelliera per le biciclette, cinesi di corsa sugli alti tacchi «non capile italiano». Nemmeno i più informati raccontano di grossi giri di droga, coltellate, risse. Non è un angolo di criminalità, il palazzo, anche se solo nell’ultimo mese la polizia ha fatto quattro visite-blitz. In via Crespi 10 non si trema per la sicurezza eppure gli italiani se ne sono andati. Svendendo: «Si viaggia sui 2.400, 2.500 euro al metro quadrato. Un nulla, data la zona e dato il palazzo» dice l’amministratore. Che si presenta come uno che combatte contro i mulini a vento. E se i mulini a vento fossero le vecchie case milanesi di ringhiera di questa città da 190 mila residenti stranieri? Passa Alì, muratore, clandestino. Passa Jama, cingalese, aiuto-bancarella al mercato, clandestino. Fuori passano i vigili, stangano sui divieti di sosta.
Andrea Galli