Decine di italiani mancano all’appello: atterrato il team per le ricerche. Ancora in migliaia sotto le macerie e resta l’incertezza sul bilancio dei morti. Dagli Usa 5.500 tra soldati e marines
A Port-au-Prince i soccorritori scavano senza sosta, disperatamente, nella speranza di trovare qualcuno vivo. È ancora molto incerto il bilancio delle vittime del violento terremoto che ha quasi raso al suolo la capitale haitiana e si teme che sotto le macerie possano esserci ancora migliaia di persone. Il premier Jean-Max Bellerive ha parlato di oltre centomila morti, mentre il senatore Youri Latortue ha ipotizzato che possano arrivare a 500mila. Diversa la valutazione della Croce Rossa internazionale, secondo cui il bilancio finale potrebbe essere di 45-50mila vittime. Ma c’è un altro numero che fa paura: i 3,5 milioni gli persone che potrebbero essere rimaste senza casa, secondo la stima del Programma statunitense di sorveglianza geologica. Intanto circa settemila delle vittime sono già state sepolte in una fossa comune. Lo ha detto ai giornalisti il presidente del paese caraibico Renè Perval. Cresce poi la preoccupazione per la sorte degli italiani ad Haiti: ne sono stati contattati 120 ma, spiega la Farnesina, ancora alcune decine mancano all’appello. A Port-au-Prince è arrivato giovedì il Falcon con a bordo l’advanced team italiano coordinato dalla Protezione civile e composto da funzionari della Farnesina, del Comando operativo interforze e della Croce Rossa: 12 persone che hanno il compito di rintracciare i connazionali di cui non si hanno notizie. Da tutto il mondo l’impegno per sostenere uno dei Paesi più poveri al mondo è imponente.
MISSIONE ONU – Dramma anche per gli undicimila uomini della missione Onu, la Minustah, che garantisce l’ordine nel Paese: l’hotel Christopher, che ospitava la missione, è andato distrutto. In tutto sono 36 i morti accertati tra i dipendenti (4 poliziotti, 19 militari e 13 civili, ma il portavoce non ha precisato se si tratta di personale locale o internazionale): tra i militari morti ci sono almeno 11 caschi blu brasiliani e tre giordani; tra i poliziotti un argentino e un cittadino del Ciad. Un centinaio i dispersi. Tra le vittime potrebbero esserci anche il capo missione, il tunisino Hedi Annabi, e il suo vice, ma l’Onu non conferma. Ma dalla Minustah arriva anche una notizia che ha riacceso un filo di speranza: un dipendente della missione è stato trovato vivo dopo aver trascorso oltre 36 ore sotto le macerie. È un estone di 35 anni, fa la guardia del corpo. È morto invece lo scrittore haitiano Georges Anglade, insieme alla moglie: era atteso insieme a tanti altri colleghi al festival letterario “Etonnants voyageurs”, che doveva iniziare giovedì, ed è stato uno dei fondatori dell’Università del Quebec a Montréal.
PRIMI VOLI CON GLI AIUTI – Ad Haiti arrivano incessantemente aerei cargo con gli aiuti per la popolazione. Un volo dell’Unicef ha portato beni per la prima assistenza e un aereo cargo di Medici senza Frontiere ha scaricato materiale medico d’urgenza e coperte, teli di plastica, set per cucinare e per l’igiene personale, tende e contenitori per l’acqua. L’Unicef ha inoltre avviato la distribuzione di 2.500 kit contenenti utensili per cucinare e 5mila sacchetti d’acqua da un litro, per consentire la preparazione delle scorte alimentari distribuite dal Programma alimentare mondiale. Dall’aeroporto di Pisa è partito un C130J dell’Aeronautica militare italiana con a bordo un ospedale da campo, beni di prima necessità e personale medico sanitario della Protezione civile. Sette medici sono partiti dalla Lombardia: sono volontari della Fondazione Francesca Rava onlus, attiva da tempo ad Haiti. Tra i primi ad arrivare a Port-au-Prince un team di 60 specialisti cinesi, veterani del terremoto del Sichuam di due anni fa. Ci sono però grosse difficoltà logistiche: giovedì sera l’aviazione Usa ha sospeso i voli diretti a Port-au-Prince per l’intasamento dell’aeroporto. Una decina di velivoli, compreso un aereo militare americano, sono stati messi in rotte di parcheggio in attesa che si liberino dei posti.
MANCANO SALE OPERATORIE – Una grande emergenza è la cura dei feriti. «È stata colpita una popolazione già molto vulnerabile e l’impatto è quindi particolarmente devastante» ha detto il portavoce dell’Oms Paul Garwod, sottolineando in particolare il rischio di malattie respiratorie e diarroiche, oltre a quello delle ferite che, in mancanza di cure adeguate per quanto semplici, possono infettarsi. Dal punto di vista sanitario manca tutto: oltre ad essere gravemente danneggiati, gli ospedali sono a corto di materiali, mancano medici, materiale chirurgico e da sutura. In vaste aree manca anche l’acqua potabile. Medici senza Frontiere ha allestito a Port-au-Prince quattro strutture-tenda: ogni giorno vi arrivano 400-450 persone. Nella capitale non c’è alcuna sala operatoria funzionante, mentre le urgenze sono tante, prime fra tutte – spiega Msf – quelle da trauma e da ustioni. Inoltre si teme una possibile epidemia da tetano. Venerdì dovrebbe entrare in funzione un ospedale da campo con due sale operatorie, in arrivo su un cargo insieme a chirurghi e anestesisti. La presenza di cadaveri ovunque accresce il timore di epidemie: centinaia di corpi sono stati accatastati davanti al General Hospital. Cibo, acqua e materiale per ripararsi si stanno esaurendo rapidamente e anche la benzina inizia a scarseggiare. Le autorità temono che l’aggravarsi della situazione, per la mancanza di generi di prima necessità, possa portare ora la popolazione a un livello di esasperazione tale da indurla a saccheggiare i veicoli di aiuti umanitari e prendere d’assalto anche gli ospedali da campo, finendo per paralizzare i soccorsi.
2 MILIONI DI BAMBINI – Infine i bambini. Secondo l’organizzazione non governativa britannica Save The Children sono almeno due milioni i piccoli colpiti dal sisma. «Sono in uno stato di choc e di pericolo. Molti di loro sono divenuti orfani, molti di loro sono feriti. hanno bisogno di soccorso immediato. A migliaia non hanno notizia alcuna delle loro famiglie e dei loro amici» ha detto Gareth Owen, incaricata per le situazioni d’urgenza. Save The Children descrive una situazione disperata. «Ovunque c’è solo distruzione – spiega Ian Rodgers – ed è difficile anche raggiungere molte delle persone ferite. Non si contano i bambini e le famiglie che hanno bisogno di un posto sicuro dove ripararsi così come dei beni di prima necessità». La ong lavora per distribuire aiuti alle famiglie: kit igienici, coperte, zanzariere e taniche per l’acqua. Dei bambini si occupa anche l’Unicef, che finora ha mobilitato aiuti per 3,4 milioni di dollari.
Redazione online
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