FINANZA E REGOLE. Nuovo calo delle Borse americane dopo la stretta sulle banche promessa dal presidente
NEW YORK – Wall Street di nuovo in calo sulla scia della proposta di Obama per imporre nuovi limiti alle banche in termini di dimensioni e attività rischiose. A New York si è trattato del terzo calo consecutiva: il Dow Jones ha ceduto il 2,09%. Lo S&P 500 è arretrato del 2,21%. Il Nasdaq del 2,67%. Il tonfo degli ultimi due giorni spinge in rosso il bilancio settimanale dei listini, con il Dow Jones che lascia sul terreno il 4,1% e lo S&p 500 il 3,9%, appesantiti da un settore finanziario sotto forte pressione. Anche l’Europa ha chiuso in rosso, perdendo 55 miliardi di capitalizzazione e riportandosi dell’1,5% sotto ai valori di inizio anno, ma l’indice paneuropeo Stoxx 600 resta comunque in crescita del 36,75% rispetto al valore di un anno fa.
DRAGHI: BENE OBAMA – La proposta di Barack Obama di imporre nuovi limiti alle banche, risolvendo i problemi legati agli istituti ritenuti troppo grandi per fallire, ha incassato comunque il via libera del Financial Stability Board (Fsb), l’organismo presieduto dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. La proposta di Obama «rientra nel range di opzioni e approcci che l’Fsb sta valutando» nella preparazione del suo lavoro in vista del G20 di ottobre. «Un lavoro iniziato lo scorso autunno e che si tradurrà in raccomandazioni che saranno sottoposte ai leader» dei 20 paesi più industrializzati al mondo. L’Fsb – aggiunge la nota – sta esaminando anche altre opzioni per risolvere il problema del ‘too-big-to-fail’», da risolvere con un «mix di approcci, data la diversità delle istituzioni e dei contesti nazionali e cross-border coinvolti. Allo stesso tempo, questi approcci – prosegue la nota – devono preservare un mercato dei servizi finanziari integrato» e non creare differenze negli approcci regolatori.
CASO BERNANKE – Inoltre, ad appesantire le Borse americane ci sono anche i dubbi sul rinnovo per il presidente della Federal Reserve. Il Bernanke-bis appare infatti in bilico: la riconferma del presidente della Fed alla guida della banca centrale per altri quattro anni non appare certa, nonostante la piena fiducia accordatagli dal presidente Barack Obama: «È la persona migliore per la Fed dopo aver contribuito a evitare la grande Depressione». A complicare il voto in Senato e il futuro di Bernanke è il numero crescente di defezioni in casa democratica. Un voto slittato alla prossima settimana anche se una data non è ancora stata fissata una data. Ad alimentare il coro di no all’attuale presidente della Fed sono due senatori democratici chiave: la californiana Barbara Boxer e Russell Feingold del Wisconsin. Indeciso su come esprimersi, invece, il leader della maggioranza in Senato, Harry Reid. «È il momento di cambiare», afferma Boxer. «Il prossimo presidente della Fed deve rappresentare una rottura con le pratiche del passato». Feingold, nello spiegare il proprio no, osserva: «Sotto la guida di Ben Bernnake la Fed ha permesso attività finanziarie irresponsabili che hanno portato alla peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione».
LA SQUADRA DI OBAMA – Con Bernanke in bilico la squadra economica presidenziale incassa un nuovo colpo e traballa. «Una delle conseguenze a sorpresa della debacle in Massachusetts è che i democratici si rivoltano contro gli architetti del salvataggio finanziario», sostiene sulle colonne del New York Times, il premio Nobel per l’economia Paul Krugman. «La riconferma di Bernanke non è certa, e Geithner e Summers sono apparentemente fuori». Il riferimento è all’ascesa dell’ex presidente della Fed Paul Volcker, a scapito dello stesso Geithner che, secondo indiscrezioni, si sarebbero detto scettico sulla linea dura scelta dal presidente, ritenendo che i nuovi limiti possano causare un’eventuale perdita di competitività a livello globale per le banche americane. Geithner comparirà il prossimo 27 gennaio in Congresso per fornire la propria versione del salvataggio di Aig e, soprattutto, delle e-mail inviate dalla Fed di New York, della quale nel 2008 era presidente, chiedendo al colosso assicurativo di non divulgare informazioni in merito ai pagamenti alle banche.
SALVATAGGI NECESSARI – «I contribuenti hanno salvato le banche e devono essere interamente rimborsati», afferma intanto Obama dall’Ohio, mettendo in evidenza come «stabilizzare le banche sia stata una pillola amara da digerire visto il ruolo che hanno giocato nel creare la crisi». I salvataggi, però, per quanto «impopolari» erano necessari per evitare «una catastrofe economica ancora maggiore: se il sistema finanziario fosse collassato, si sarebbe trascinato dietro l’intera economia e milioni di famiglie. Avremmo avuto una Seconda Grande Depressione». Ma, aggiunge, grazie alle azioni prese, «il peggio di questa tempesta economica è passato». (Fonte: Ansa)