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Toghe, il giorno della protesta

 

LA CERIMONIA DELL’ANNO GIUDIZIARIO nelle ventisei sedi italiane di Corte d’appello. I magistrati decidono di lasciare le aule con la Costituzione in mano. Ma non all’Aquila

 

MILANO – Ieri la Cassazione, oggi le 26 Corti di Appello. Si completa la tradizionale due giorni di cerimonia che apre il nuovo anno giudiziario in Italia. E protagonista, ancora una volta, non sarà solo la relazione di procuratori generali e presidenti delle Corti del Belpaese ma anche la protesta dell’Associazione nazionale magistrati. Una protesta che anche quest’anno l’Anm intende manifestare con clamore, per palesare a tutti il «disagio» di fronte a iniziative giudiziarie di governo e maggioranza bollate come «distruttive» della giustizia, mentre mancano interventi per assicurare che il sistema funzioni con efficienza.

SEDIE VUOTE – E per dire basta ad «insulti e aggressioni», a cominciare da quelli del presidente del Consiglio. Come è scritto nel documento della Magistratura associata. I giudici iscritti all’Anm saranno presenti alle cerimonie con indosso la toga e con in mano una copia della Costituzione. Ma dalle aule di Giustizia i magistrati usciranno in massa per protesta quando prenderà la parola il rappresentante del governo. Non è successo ieri in Cassazione, presenti Napolitano e Berlusconi, per rispetto alle massime Istituzioni e ai doveri costituzionali di lealtà fra Istituzioni. E non succederà, unico caso, oggi all’Aquila dove a prendere la parola è il Guardasigilli Angelino Alfano. Una distinzione, quest’ultima, decisa in segno di rispetto per una regione e un palazzo di Giustizia così dolorosamente colpiti dal terremoto.

«PROCESSO BREVE? SI’, MA…» – Intanto però arrivano nuove aperture al processo breve, seppure con tutta una serie di distinguo. Il presidente facente funzione della Corte d’Appello di Milano, Ruggero Pesce, spiega ad esempio nella ua relazione che «è un ottimo intendimento, ma se lo si attuasse senza la preventiva realizzazione dei presupposti strutturali, normativi e finanziari, si offrirebbe solo il fianco a dure polemiche, come si è visto». Per il magistrato, quindi, attuare una riforma come quella del processo breve senza mezzi «sarebbe come chiedere a un malato di guarire semplicemente imponendoglielo per regolamento». «È consolante che la politica si sia finalmente accorta dell’inefficienza del sistema Giustizia e che abbia assunto concrete iniziative per velocizzare il processo civile e penale – fa invece notare il presidente della Corte d’appello di Palermo, Vincenzo Oliveri -. È sconfortante invece che queste iniziative si muovano su uno scenario di scontro istituzionale, in un clima avvelenato, caratterizzato da ripetuti e scomposti attacchi ai giudici».

MESSINA E IL «PIZZO» – Quando ai dati sull’attività svolta, da Messina viene lanciato un allarme: siamo la città più cara d’Italia, a parità di paniere di spesa. Nicolò Fazio, primo presidente della Corte di Appello, spiega la sua analisi motivandola con il pizzo diffuso imposto dalla criminalità organizzata . «Il taglieggiamento -ha spiegato Fazio – rappresenta un costo aggiuntivo che si trasferisce sui consumatori e nel contempo disincentiva la creazione di nuove imprese e il potenziamento di quelle esistenti».

IL TUMORE DEL CIVILE – Nella Capitale, invece, «la giustizia civile continua a restare la più malconcia. Mortificata da un enorme mole di arretrato, si trova da anni in uno stato di grave e profonda crisi che sta sfociando in una vera e propria paralisi della relativa attività, che nuoce agli interessi dei cittadini». Non usa mezzi termini, Giorgio Santacroce, presidente della corte d’appello di Roma, quando nella sua relazione sullo stato della giustizia nel distretto di Roma e Lazio, afferma che «il contenzioso civile si estende in modo quasi tumorale perchè c’è un incremento della domanda di giustizia, che è spesso frutto di uno spiritio litigioso schizofrenico e incontrollato, strumentale e dilatorio».

 

Redazione Online

Toghe, il giorno della protestaultima modifica: 2010-01-30T10:06:02+01:00da
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