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Di Pietro: ho sempre difeso lo Stato Per me Contrada era un poliziotto

 

L’intervista. Il leader dell’Idv si difende dopo la pubblicazione della foto con l’ex 007. «La Kroll? Mai avuto a che fare, nemmeno con la Cia. E chi accidenti è l’americano?»

 

(Emblema)

ROMA— «Io non ho mai venduto Mani pulite».
È la premessa di Antonio Di Pietro, infuriato contro chi ipotizza trame oscure tessute dietro la Tangentopoli del ’92. Comincia così l’intervista sulle foto (pubblicate ieri dal Corriere della Sera) che lo ritraggono a cena il 15 dicembre di quell’anno accanto a Bruno Contrada (il funzionario Sisde nove giorni dopo arrestato per mafia) e ad altri agenti dei Servizi, compreso un «americano» dell’agenzia Kroll.

Teme che i suoi avversari leghino la coincidenza della cena e dell’avviso a Bettino Craxi, spiccato la sera prima?
«È storia vecchia. È da quando ho cominciato l’indagine su Mani pulite che si sta tentando di spostare l’attenzione su un asserito e pretestuoso complotto mai esistito. E mi ribello con tutte le mie forze. Avendo sempre fatto al meglio il mio dovere. Da manovale, costruendo muri dritti. Da operaio, in Germania, fabbricando forchette. Da magistrato, impegnato a difendere lo Stato. E oggi facendo opposizione in modo chiaro».

È solo un caso che si sia ritrovato a cena quella sera con alcuni alti gradi dei Servizi italiani e stranieri?

Di Pietro a fianco di Contrada nella cena del 1992

«E che ne sapevo io dell’identità di quelle persone invitate in una caserma dei carabinieri dal comandate del nucleo operativo? Cioè dal colonnello Vitagliano con il quale noi del pool di Milano lavoravamo ogni giorno. Al termine di una giornata di lavoro mi invita a cena per gli auguri di Natale e vado senza sapere chi c’è. Che ne so io dei Servizi? Ma lo so che si lavora a costruire le coincidenze. Per dimostrare che il giorno dopo l’avviso a Craxi io andavo a rendere conto del buon lavoro compiuto. E so qual è il passo successivo. Mi aspetto la domanda: a chi ha riferito?».

Non ha provato sorpresa quando si è ritrovato accanto Bruno Contrada, visto che già allora i pentiti ne parlavano e tanti magistrati di Palermo dubitavano sul suo conto?
«Stiamo parlando di un questore, non di una escort. Per me era un funzionario dello Stato. E nemmeno lo conoscevo. Né potevo sapere che nove giorni dopo l’avrebbero arrestato. Se qualcuno ha sporcato quella cena non sono io, ma adesso non voglio nemmeno sputare addosso a Contrada, anche perché la sua è una storia complessa e non va banalizzata».

Perché qualcuno tentò di fare sparire quelle foto?
«Io non sapevo nemmeno che esistessero. Anzi, se qualcuno me le fa avere pago il francobollo. Era tutto alla luce del sole. Ero in una caserma, con tanta gente e manco se ci fosse stato Provenzano me ne sarei accorto. Non ero mica nel sottoscala di una bettola di Istanbul con Ali Agca».

Una volta arrestato Contrada, non ha pensato di avvertire i suoi colleghi di Palermo o il suo capo, Borrelli?
«E che gli dicevo a Borrelli? Che ero andato a cena dai carabinieri».

Che s’era ritrovato accanto a Contrada.
«Ma nemmeno me ne ricordavo».
E l’agente americano?
«Chi accidenti è st’americano? Chi lo conosce? E poi guardi che è difficile parlare con me in americano».

Ma la targa premio della Kroll la prese?
«Di coppe e targhe casa mia è piena. Anzi, debbo proprio cercarla. Ce ne sono di mezzo mondo. Forse è in mezzo a quelle della Turchia e della Corea». I suoi rapporti con la Kroll? « Mai avuto a che fare né con l’agenzia Kroll, né con la Cia, sia chiaro. E se vogliamo giocare agli 007, se vogliamo costruire una spy story, allora, io merito il patentino del Kgb, del servizio russo perché è chiaro che ho lavorato per i comunisti. Allora, altro che spionaggio americano, posso concorrere da campione del controspionaggio…».

A chi si riferisce quando parla di «menti malate»?
«Anche a chi butta fango come l’avvocato Di Domenico che alcuni giudici hanno accusato di praticare “una condotta priva di rilevanza penale”, pronto alla “strumentalizzazione dell’iniziativa giudiziaria”».

Lei è mai stato con Di Domenico in America anche per cercare fondi elettorali?
«In America con Di Domenico? Lo escluderei. Credo proprio di no. Ci andrò dopo le regionali negli Usa».

E il sospetto lanciato nella lettera a lei inviata ieri da Di Domenico su una sua recente presenza alla Hong Kong Shangai Bank?
«Altra bufala tutta da ridere. Io ci sono andato nel ’92 in quella banca per Tangentopoli, per una delle rogatorie a caccia di fondi occulti. Ecco la non notizia lanciata come una chiacchiera che si lascia echeggiare finché non si sviluppa il dibattito sul niente assoluto».

Mai avuto suoi depositi a Hong Kong o in altre banche straniere?
«No, la risposta è: mai venduto Mani pulite a nessuno».

Felice Cavallaro

Di Pietro: ho sempre difeso lo Stato Per me Contrada era un poliziottoultima modifica: 2010-02-03T11:30:49+01:00da
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