La nuova deposizione in aula. dell’utri: «dietro di lui ci sono i pm di palermo». Il teste: «Il partito frutto della trattativa Stato-mafia». Il ministro: «Tentativo di delegittimare azione di governo»
Massimo Ciancimino (Fotogramma) |
PALERMO – «Forza Italia non ha mai avuto collegamenti con la mafia». A parlare è il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Che replica così, a distanza, alla nuova deposizione di Massimo Ciancimino. Al processo Mori, il figlio dell’ex sindaco di Palermo condannato per mafia ha chiamato in causa Forza Italia. «Mio padre mi spiegò che era il frutto della cosiddetta trattativa tra Stato e mafia» ha detto Ciancimino jr. Pronta la replica del Guardasigilli. «È in atto un tentativo di delegittimazione dell’azione del governo Berlusconi sempre in prima linea nella lotta a Cosa Nostra» ha detto il ministro, premettendo di non voler esprimere un suo giudizio rispetto a quando dichiarato da un teste, nel corso di un processo, ma ricordando altresì di aver militato in Forza Italia sin dal ’94, ricoprendo diversi incarichi in Sicilia. «Mai e poi mai abbiamo avuto la sensazione che la nostra storia, questa grande storia di partecipazione che ha emozionato milioni di persone in Sicilia e altrove, possa aver avuto collegamenti con la mafia» ha detto Alfano. «Il governo Berlusconi con le leggi antimafia ha fatto esattamente il contrario di ciò che prevede il papello», ha aggiunto.Dal momento che poi «la mafia non teme dibattiti e convegni ma teme la confisca dei beni e il carcere duro – ha specificato il ministro -, abbiamo fatto una guerra alla mafia con la normativa di contrasto più duro dai tempi di Falcone e Borsellino. Tanto è vero che il modello Italia è diventato esempio per i paesi del G8». «Non vorrei – ha dunque sottolineato Alfano – che vi fosse da più parti un tentativo di delegittimazione dell’azione di un governo che contrasta la mafia. La mafia non sempre sceglie la via dell’assassinio fisico, ma a volte quella delle delegittimazione».
TRATTATIVA MAFIA-STATO – Ciancimino jr. è tornato nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo per deporre al processo in cui l’ex comandante del Ros, Mario Mori, e l’ex colonnello Mauro Obinu sono imputati di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra (per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995, dopo le segnalazioni di un confidente). Il figlio dell’ex sindaco di Palermo, ha portato con sé vari documenti per consegnarli al pm, e anche un passaporto intestato a suo figlio dieci giorni dopo la nascita, e del quale aveva parlato nella precedenza udienza, sostenendo che il documento gli venne rilasciato grazie a «Franco», l’ancora non identificato agente dei servizi segreti che fin dagli anni ’70 manteneva contatti con Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo. «Mio padre mi spiegò che Forza Italia era il frutto della cosiddetta trattativa tra Stato e mafia» ha poi detto Ciancimino jr. spiegando in aula il significato di un «pizzino», depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe stato indirizzato da Provenzano a Berlusconi e Dell’Utri. Nel foglietto Provenzano avrebbe parlato di un presunto progetto intimidatorio ai danni del figlio del premier. «Intendo portare il mio contributo – si legge nel pizzino – che non sarà di poco conto perché questo triste evento non si verifichi (si allude all’intimidazione ndr). Sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive». «Mio padre – ha spiegato il teste illustrando il biglietto – mi disse che questo documento, insieme all’immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina, era il frutto di un’unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell’accordo».
LA LETTERA – In aula a Palermo poi Massimo Ciancimino, ha consegnato a sorpresa una lettera che sarebbe stata scritta dal padre e indirizzata per conoscenza a Silvio Berlusconi. Il documento, di cui i pm e la difesa non erano a conoscenza, è stato ammesso dai giudici. La lettera, che sarebbe stata redatta da Vito Ciancimino e indirizzata a Dell’Utri e per conoscenza a Silvio Berlusconi, è la rielaborazione di un «pizzino» scritto da Provenzano e già agli atti. Nella lettera c’è una parte che coincide con quella scritta dal boss e relativa a un tentativo di intimidazione al figlio di Berlusconi e alla necessità che il politico metta a disposizione alcune sue reti tv. Nella rielaborazione di Ciancimino, però, c’è una parte nuova in cui si legge: «Se passa molto tempo e ancora non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni». Secondo il testimone, che riferisce quanto saputo dal padre, si trattava di una sorta di minaccia al premier. L’ex sindaco lo avvertiva che avrebbe potuto raccontare quanto sapeva sulla nascita di Forza Italia.
POLEMICHE – Le dichiarazioni di Ciancimino hanno sollevato, oltre alla ferma replica di Alfano, un vespaio di polemiche. Contro il teste del ptrocesso Mori si è scagliato in primis Marcello Dell’Utri. «Lo Stato non eravamo noi in ogni caso, a parte che non siamo lo Stato, ma non siamo mai stati in condizione di essere parte in questi discorsi», ha detto il senatore del Pdl. «Se Ciancimino vuol parlare di cose successe veramente, si vada a cercare dove sono successe e con chi». «Certamente», ha assicurato, «io non c’entro niente, e non parliamo ovviamente di Berlusconi, ma proprio niente di niente. Qui siamo alla pura invenzione che sfiora anzi sicuramente entra nel campo della pazzia» ha aggiunto annunciando che denuncerà per calunnia Ciancimino jr. «Sono tranquillo e sereno», dietro le dichiarazioni di Massimo Ciancimino «c’è un disegno criminoso», e dietro il disegno criminoso «c’è la procura di Palermo» ha poi aggiunto Dell’Utri a Sky tg24. Anche Nicolò Ghedini, parlamentare Pdl e difensore di fiducia del premier, come Dell’Utri, promette battaglia: «Ciancimino dovrà rispondere di fronte all’autorità giudiziaria anche di tali diffamatorie dichiarazioni» ha detto l’avvocato. A sostegno di Silvio Berlusconi anche Pier Ferdinando Casini. «Ritenere però che Forza Italia sia prodotto della mafia significa non solo offendere milioni di elettori, ma soprattutto falsificare profondamente la realtà. Non ha futuro un Paese in cui la politica si fa usando queste armi», ha detto il leader centrista. Di segno opposto le parole di Antonio Di Pietro: «L’Italia dei valori è un’alternativa di governo a quello piduista, fascista e a ciò che dice oggi Ciancimino, se fosse vero, paramafioso di Berlusconi» ha detto l’ex pm. L’eurodeputato dell’Italia dei Valori Pino Arlacchi, tra i creatori della Direzione Investigativa Antimafia e amico di Giovanni Falcone, invita però alla cautela il leader del suo partito. «Non credo a una parola di quanto detto da Ciancimino. E queste storie le abbiamo già viste e sentite. Sono parole che non giovano altri che a Berlusconi, si vuole sollevare un gran polverone e screditare così la figura dei pentiti in generale». Luigi de Magistris critico nei confronti Guardasigilli: «L’intervento del ministro Alfano – ha detto – lascia basiti. Sarebbe doveroso che la magistratura venisse messa nella condizione di svolgere il proprio lavoro in piena autonomia senza esser sottoposta alle continue ingerenze da parte di tutti, esecutivo compreso».
SEGRETO DI STATO – In aula Ciancimino jr. ha anche sostenuto che gli 007 lo invitarono a tacere, spiegando che, in più occasioni negli anni, il capitano dei carabinieri, braccio destro di Mori, Giuseppe De Donno, lo rassicurò che nessuno lo avrebbe sentito sulla vicenda relativa alla cattura di Riina sulla quale sarebbe stato anche apposto il segreto di Stato. Lo stesso De Donno «si oppose – secondo Ciancimino – a un incontro tra mio padre e Antonio Di Pietro», all’epoca ancora magistrato a Milano. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo si è poi commosso in aula quanto il pm Di Matteo gli ha mostrato delle fotografie della casa al mare in cui ha trascorso la prima estate dopo la nascita del figlio Vito Andrea. Nelle foto, scattate l’anno scorso dalla Procura dopo l’indagine avviata sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra, si intravede anche la cassaforte al cui interno sarebbe stato nascosto il ‘papello’ con le richieste del boss Riina. Poi Ciancimino ha rivelato di essere oggetto di minacce: «La settimana scorsa sul parabrezza dell’auto blindata la mia scorta ha trovato una lettera minatoria in cui si diceva che nessuno, neppure i magistrati di Palermo con cui sto collaborando, sarebbero riusciti a salvarmi». Il teste ha anche detto che, nel maggio scorso, un agente dei Servizi, quando ormai la collaborazione era di dominio pubblico, gli aveva detto di «preoccuparsi dell’incolumità di suo figlio».
SARANNO SENTITI MARTELLI E FERRARO – Al termine della nuova deposizione di Ciancimino, che non si è sottoposto al controesame spiegando di essere stanco, il pm Nino Di Matteo, pubblica accusa al processo, ha chiesto l’esame dell’ex ministro della giustizia Claudio Martelli e dell’ex direttore degli affari penali del ministero Liliana Ferraro. L’ex politico e il magistrato dovranno riferire sui rapporti tra i carabinieri del Ros e l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Il tribunale ha accolto la richiesta.
Redazione online