IL BAMBINO ERA ARRIVATO DAL BURKINA FASO LO SCORSO NOVEMBRE. Il piccolo è stato picchiato, sbattuto a terra e colpito alla testa con un oggetto. Ha mimato le botte con un peluche
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Il Policlinico Gemelli |
VITERBO – Avrebbe tentato di uccidere il figlio adottivo di cinque anni. Per questo la squadra mobile di Viterbo ha fermato una donna nigeriana di cinquant’anni con le accuse di tentato omicidio e lesioni gravissime. Il provvedimento è stato emesso dalla Procura di Viterbo a seguito delle indagini svolte dalla squadra mobile di Viterbo diretta da Fabio Zampaglione su un bambino trovato in fin di vita lo scorso 2 febbraio.
Il piccolo, un bambino del Burkina Faso adottato lo scorso novembre, è ora ricoverato nel reparto Terapia intensiva del Policlinico Gemelli di Roma e le sue condizioni sono in miglioramento, fa sapere il Gemelli: i parametri vitali sono tutti nella norma ed il bimbo rimane sotto osservazione in ambiente protetto anche da stimoli stressanti esterni. Ha subito profonde lesioni alla testa e al fegato.
LA BUGIA DELL’INVESTIMENTO – L’episodio risale a una settimana fa, quando la squadra mobile di Viterbo è intervenuta dopo una chiamata al 113 di un testimone che passando in auto su una stradina di campagna vicino Viterbo, aveva visto il piccolo sdraiato a terra in una pozza di sangue. La madre, che lo stava abbandonando lì, è tornata indietro, ha preso il bimbo in auto e lo ha portato in ospedale a Viterbo, il Belcolle, ma le condizioni erano tali da richiedere il trasferimento immediato in eliambulanza al Gemelli di Roma. Inizialmente la donna, di origine africana ma da 30 anni in Italia e sposata con un italiano, ha cercato di convincere i poliziotti che si era trattato solo di un incidente. Tra le lacrime ha spiegato che il bimbo era sceso dall’auto per fare dei bisogni: «È stato investito, doveva fare la pipì, l’ho fatto scendere, sarei ripassata subito dopo», ma sembra inverosimile che un bimbo così piccolo possa essere stato lasciato da solo, al buio, in una strada di campagna. La polizia ha quindi sequestrato l’auto della donna e, per scrupolo, anche quella del testimone ma nessuna delle due vetture presentava segni di impatto o di trascinamento.
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Il capo della mobile di Viterbo Fabio Zampaglione (Proto) |
IL RACCONTO DEL BIMBO – Il bambino a quanto ricostruito dalla polizia di Stato, sarebbe stato pestato per una marachella compiuta mentre era in auto con sua madre. Grazie al lavoro di un gruppo di neuropsichiatria infantile e con un interprete, il piccolo è riuscito solo due giorni fa a mimare e spiegare agli agenti quanto accaduto. Lo ha fatto utilizzando un orsetto di peluche facendo al pupazzo quello che gli avrebbe fatto la madre: lo avrebbe picchiato sbattendolo più volte con la testa sull’asfalto e colpendolo con un corpo contundente, che al momento non è stato ritrovato. Al momento del fatto, il padre adottivo del piccolo era ricoverato in ospedale per un intervento chirurgico. La donna, rinchiusa nel carcere di Civitavecchia, non parla e si è rifiutata di rispondere alle domande degli investigatori.
IL MARITO – «Incredulo e sconcertato». Così gli investigatori hanno definito il marito della donna. L’uomo, un impiegato di 56 anni, il 2 febbraio scorso, quando è avvenuto il fatto, era ricoverato in ospedale. All’inizio, mentre era ancora degente, l’uomo, secondo quanto si è appreso negli ambienti investigativi, aveva creduto alla versione della moglie, cioè che il piccolo fosse rimasto vittima di un pirata della strada. La scorsa notte, quando i poliziotti si sono presentati nella loro abitazione per sottoporre a fermo la donna, ed è stato informato dell’accusa, è rimasto esterrefatto. Ai poliziotti ha raccontato di non saper dare alcuna spiegazione al fatto, anche perché, insieme a lui, aveva fatto molti sacrifici per adottare il bimbo.
Redazione online