Per difendere la sua onorabilità e quella del figlio Camillo, indagato per favoreggiamento. È indagato per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, ha deciso di dimettersi «in maniera definitiva»
Il procuratore aggiunto di Roma Achille Toro in una immagine d’archivio del 13 gennaio 2006 al suo arrivo presso gli uffici giudiziari di Perugia (Ansa) |
MILANO – Il procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, si è dimesso dalla magistratura. Toro è indagato per rivelazione del segreto d’ufficio in concorso con il figlio Camillo (indagato anche per favoreggiamento) nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze sui presunti illeciti legati ai cosiddetti «Grandi eventi» (mondiali di nuoto 2009, G8 alla Maddalena, celebrazioni per i 150 dell’Unità d’Italia), che vede coinvolto anche il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso.
L’ACCUSA – La ragione dell’iscrizione di Toro nel registro degli indagati sarebbe una informazione passata a uno degli imprenditori sotto indagine dal figlio del magistrato. In una lettera inviata al Csm e, per conoscenza, al ministro della Giustizia e al Procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, Toro scrive che «volendo essere libero di difendere l’onorabilità mia e di mio figlio in ogni sede, e nel contempo decidendo di eliminare ogni ragione di imbarazzo dall’ambiente di lavoro, con grande rammarico ma con animo sereno dichiaro di volermi dimettere con effetto immediato dall’ordine giudiziario». Giovedì la Procura informerà della decisione il ministro della Giustizia. Con le dimissioni dall’ordine giudiziario decade il procedimento disciplinare nei suoi confronti istruito dalla procura generale della corte di Cassazione. Le dimissioni di Toro sono definitive ed irrevocabili in quanto, avendo il magistrato oltre 40 anni di servizio, non hanno bisogno di accettazioni da parte del Csm.
FERRARA, SONO RAMMARICATO – A commentare la decisione dell’aggiunto Achille Toro di dimettersi dalla magistratura il procuratore della Repubblica di Roma Giovanni Ferrara: «Sono rammaricato e dispiaciuto anche perché è un collega che conosco da 40 anni. Auguro a lui – ha aggiunto – una vita serena anche fuori dall’ordine giudiziario. La sua è una decisione da rispettare».
L’INCHIESTA – Intanto la procura di Perugia ha chiesto al gip del capoluogo umbro di rinnovare la custodia cautelare in carcere per l’imprenditore e i tre funzionari pubblici già arrestati nell’ambito dell’inchiesta dei pm di Firenze per gli appalti legati al G8 della Maddalena. L’istanza – secondo quanto si è appreso – ricalca sostanzialmente la misura già chiesta e ottenuta dai pubblici ministeri di Firenze. La richiesta riguarda Angelo Balducci, Diego Anemone, Mauro Della Giovampaola e Fabio De Santis. Nei loro confronti i pm perugini Federico Centrone, Sergio Sottani e Alessia Tavernesi hanno ipotizzato sostanzialmente le stesse accuse già contestate dai magistrati fiorentini. La possibilità di richiedere di rinnovare la misura cautelare è prevista dal codice entro 20 giorni dalla trasmissione del fascicolo. Su di essa nei prossimi giorni dovrà pronunciarsi il gip di Perugia. Martedì il giudice per le indagini preliminari di Firenze aveva respinto le richieste di revoca avanzate dai difensori di Balducci, Anemone e Della Giovampaola, mentre i legali di De Santis non avevano avanzato alcuna istanza. Al momento nell’inchiesta condotta dai pm di Perugia non figurerebbero altri indagati oltre quelli già indicati dai pm di Firenze.
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