L’ordinanza – Il giudice: i vertici Telecom o non hanno controllato o sapevano. Secondo il gip erano stati «affittati» alcuni finanzieri. «Talpe» informavano il gruppo sull’inchiesta
ROMA — «Un danno patrimoniale di eccezionale gravità per l’Erario». Il giudice Aldo Morgigni tira le conclusioni dell’indagine e sgombra il campo da qualsiasi dubbio: il maxi-riciclaggio di denaro attraverso le «frodi carosello» è una delle più colossali evasioni fiscali nella storia del nostro Paese. Nella premessa del provvedimento di oltre 1.700 pagine con il quale ha disposto l’arresto di 56 persone, il magistrato traccia il quadro delle connessioni tra aziende, manager ed esponenti della ‘ndrangheta. E punta l’indice sulle «modalità sconcertanti attraverso le quali gli amministratori di diritto e di fatto ed i dirigenti di Fastweb e di Telecom Sparkle hanno realizzato una fitta rete di relazioni con appartenenti alla criminalità organizzata e ad associazioni di tipo mafioso e prestanome stranieri al fine di frodare centinaia di milioni di euro al fisco, realizzando una stabile struttura criminosa che, quanto meno sotto il profilo economico e contabile, è arrivata sostanzialmente a immedesimarsi con l’essenza stessa delle società».
La ‘ndrangheta – Parole durissime, a cui si accompagnano giudizi ancora più pesanti per i coinvolgimenti che sono emersi dalle intercettazioni telefoniche, dai pedinamenti dei carabinieri del Ros e dagli accertamenti bancari e tributari della Guardia di Finanza: «L’estrema pericolosità del sodalizio criminale — sottolinea Morgigni — risulta evidente se si considera che esso disponeva di associati che svolgevano funzioni pubbliche sia all’interno dell’amministrazione civile dello Stato che della polizia giudiziaria e che ha realizzato un salto di qualità giungendo perfino a determinare l’elezione in Parlamento di uno dei promotori dell’associazione (il senatore Nicola Di Girolamo, ndr). Il tutto — specifica il giudice — con l’ausilio degli appartenenti alla nota e pericolosissima associazione di tipo mafioso denominata clan Arena, facente capo all’omonima famiglia della ‘ndrangheta originaria di Isola di Capo Rizzuto». All’analisi delle spericolate ma efficaci operazioni con i tanti paradisi fiscali in cui i capitali sono stati fatti transitare prima di rientrare in Italia per «ripulirli» e carcare di occultarli è dedicato il capitolo in cui viene descritto il meccanismo delle «frodi carosello». «L’eccezionale insidiosità dell’organizzazione criminale — spiega il magistrato — risulta amplificata dalla scelta di utilizzare modalità operative complesse ed articolate per realizzare plusvalenze attraverso la creazione di ingenti e fittizi crediti Iva nei confronti dello Stato con l’amplificazione degli effetti delle cosiddette “triangolazioni” o “frodi carosello”». Queste ultime sono state «le basi attraverso le quali è stato possibile realizzare attività economiche fittizie del valore di alcuni miliardi di euro al fine di ottenere crediti di imposta con profitti per centinaia di milioni di euro in favore di Fastweb e Telecom Sparkle». Nell’ordinanza di custodia cautelare viene riproposto lo schema esplicativo del meccanismo utilizzato per anni. «La realizzazione di ingenti crediti fiscali costituiva il lato meno significativo dell’intera operazione delittuosa», incalza il gip. «Il provento primario dei reati, infatti, derivava dalla creazione di ingenti poste passive di bilancio dovute alle apparenti uscite di centinaia di milioni di euro in favore delle società cosiddette “cartiere” (aziende create ad hoc in Italia, ndr) Le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l’Iva in favore delle “cartiere” consentivano a Fastweb e a Telecom Italia Sparkle di realizzare “fondi neri” per enormi valori, che costituivano l’oggetto primario delle attività di riciclaggio e di investimento fittizio realizzati da altri membri dell’associazione per delinquere». Scrive il magistrato che «le somme apparentemente erano state spese per attività commerciali legittime e la loro uscita trovava formale giustificazione nei bilanci societari ma, in realtà, il movimento serviva solo a utilizzare liberamente il denaro incassato attraverso il pagamento dell’Iva versata dai clienti di Fastweb e Telecom Sparkle che non era stato mai riversato all’Erario». Poi, l’affondo: «Poiché Telecom Italia Sparkle era la proprietaria dell’intera dorsale di rete della quale si avvale Telecom Italia ed è sostanzialmente la “cassa operativa” del gruppo, è evidente che o si è in presenza di una totale omissione di controlli all’interno del gruppo Telecom Italia sulle gigantesche attività di frode e riciclaggio perpetrate o vi è stata una piena consapevolezza delle stesse». L’organizzazione disponeva di «talpe» in grado di fornire informazioni riservate. Dalle intercettazioni è emerso come «il sodalizio avesse appreso dell’esistenza di un procedimento a proprio carico, disponendo anche di precise informazioni circa l’organismo di polizia giudiziaria delegato e il magistrato titolare dell’inchiesta». E ancora: «Gennaro Mokbel asseriva di poter disporre di alcuni finanzieri “affittati” vantandosi inoltre di essere stato il “braccio destro” del generale Francesco Cerreta che, prima della morte avvenuta nel luglio 2006 — ricorda Morgigni — era stato il comandante del Nucleo speciale di polizia valutaria e consulente della commissione parlamentare Telekom Serbia». Il magistrato non manca di mettere in evidenza come siano stati inoltre impiegati «alcuni agenti della polizia di Stato in qualità di autisti».
Il pugile – Decine, centinaia i personaggi più o meno noti coinvolti nell’inchiesta che è destinata inevitabilmente ad allargarsi. Un capitolo dell’ordinanza è dedicati alla «Sport promotions, riferibile al pugile Vincenzo Cantatore» (ex campione europeo dei massimi leggeri). Citando il conto corrente della filiale di una banca di Roma intestato alla «Sport promotions», il giudice dice che «presenta diverse operazioni in accredito originate da società pienamente coinvolte nel riciclaggio di denaro e si inquadra perfettamente nel contenuto della conversazione telefonica in cui Mokbel contesta pesantemente a Fabio Arigoni (rifugiatosi a Panama, ndr) di aver sobillato Augusto Murri a manovrare per farli arrestare. Come si ricorderà — insiste Morgigni — il “Nocciolina” o “Pugile” è una delle persone che Arigoni prova a indicare come coloro che hanno sfruttato Mokbel approfittando della lontananza dall’Italia dello stesso Arigoni. Le movimentazioni del conto corrente — aggiunge in conclusione — sono per la maggior parte finalizzate all’acquisto di un immobile, oltre a movimentazioni ordinarie relative alla gestione dell’attività agonistica di Cantatore».
IL GRAFICO
Flavio Haver
Il manager in Sud America: «Rientrerò. Sono già stato interrogato anni fa»
Una foto d’archivio di Silvio Scaglia (Fotogramma) |
«Ma è roba da matti!». E’ passata da poco l’alba. Silvio Scaglia si trova in Sudamerica in missione di lavoro. Quando la moglie gli cede la chiamata del Corriere, lui ha appena saputo delle accuse dei magistrati. «Non capisco che cosa stia succedendo», risponde. Sa che c’è un mandato di cattura? «Lo so, lo so, ma ancora non so il perché. Sono già stato interrogato sulla stessa materia agli inizi dell’inchiesta. Mi sembra davvero roba da matti». E cosa pensa di fare? «Ho chiesto agli avvocati di concordare immediatamente il modo più opportuno per essere interrogato dai magistrati». Ma lo sa che dentro all’inchiesta c’è anche il senatore Nicola di Girolamo? «Di Girolamo? E chi è?».
Negli stessi minuti, in Italia sono ormai di dominio pubblico le accuse di associazione a delinquere allo scopo di riciclare denaro ottenuto illecitamente. Il titolo Fastweb precipita in Borsa. La reazione del suo fondatore arriva con una nota ufficiale alle agenzie: «Scaglia è all’estero, ma si dice pronto a concordare un interrogatorio in tempi brevi per chiarire tutti i profili della vicenda. Riafferma comunque la sua estraneità a qualunque reato ».
Sembrano passati mille anni luce da quando Scaglia, torinese, classe 1958, ingegnere elettronico laureato al Politecnico, manager di scuola McKinsey, era chiamato dagli amici in un solo modo: «il mago». Erano gli anni in cui aveva preso in mano la Omnitel, trasformata da Francesco Caio in una società di telecomunicazioni mobili in grado di competere con il colosso Tim, e con una rapidità inimmaginabile l’aveva portata da 300 mila a 8 milioni di clienti. L’avventura è finita nel 1999. Per lasciare il posto a un’avventura ancora più ambiziosa. Con il finanziere Francesco Micheli fonda eBiscom: l’idea è di creare una rete in fibra ottica per distribuire internet, e poi telecomunicazioni e tv in ogni casa e ufficio nell’area milanese. A scavare nel suolo cittadino ci pensa la municipalizzata Aem, attraverso quella Metroweb partecipata dalla stessa eBiscom. Agli addetti ai lavori sembra un’autentica follia. O meglio, una scommessa industriale affidata a tecnologie inventate appena un nanosecondo prima, e la cui affidabilità è tutt’altro che certa. Invece la scommessa riesce: eBiscom, ormai diventata Fastweb e senza più l’Aem, diventa la seconda compagnia di telecomunicazioni su rete fissa in Italia. Da Milano s’è estesa ad altre regioni. Per Scaglia, cresce il rischio di farsi risucchiare nella routine. Così, alza ancora la posta. Nel 2007 vende Fastweb agli svizzeri di Swisscom e si lancia in una nuova impresa: Babelgum, una web tv on demand che lui definisce «un’alternativa a YouTube ma con prodotti professionali d’alta qualità», e che riesce subito a far entrare in squadra una star mondiale del cinema indipendente come il regista Spike Lee. «In Babelgum ho buttato tutto me stesso, le mie risorse, la mia reputazione d’imprenditore», spiega in quei giorni.
Ormai Scaglia è un uomo ricchissimo. Solo con la cessione del suo 18,75% di Fastweb a Swisscom si è messo in tasca plusvalenze per 900 milioni di euro. Nel 2008 la rivista Forbes valuta il suo patrimonio personale in 1,2 miliardi di dollari e lo colloca al 13mo posto nella classifica dei Paperoni d’Italia, al 92mo nella graduatoria mondiale. In Italia passa sempre meno tempo. Resta nel consigli di Fastweb, ma la sua vita scorre fra Londra, l’Irlanda e una sequenza frenetica di passaggi in altri paesi del pianeta. Mantiene però la residenza di Ayas-La Thuile, in quel paesino della Val d’Aosta che da quando c’è lui figura al vertice della classifiche nazionali per reddito procapite.
Chi lo conosce bene s’aspetta di vederlo in Italia entro pochi giorni, per andare a rispondere alle domande dei magistrati nell’ambito di un’inchiesta che per lui data indietro di due anni. A ribadirlo, nella serata di ieri si è aggiunta anche Swisscom: «Sapevamo delle accuse di riciclaggio e frode fiscale contro Fastweb fin da quando la comprammo nel 2007, erano di pubblico dominio – ha spiegato il portavoce Josef Huber -. Sapevamo dei rischi cui andavamo incontro, tanto che sono stati calcolati nel prezzo d’acquisto. Siamo pronti a collaborare con le autorità italiane, come del resto ha già indicato Silvio Scaglia».
Giancarlo Radice