Il corpo del 76enne è stato fatto a pezzi e gettato nel naviglio. Il contrasto tra Matteo Chigorno e Giovanni Schubert dopo la vendita di due quadri di Gudmundur Erro
Giovanni Schubert, 76 anni, la vittima |
MILANO – Settantamila euro, il ricavato della vendita di due quadri di Gudmundur Erro: questa la cifra intorno alla quale mercoledì sera è nata la discussione tra l’anziano gallerista Giovanni Schubert e il suo giovane «allievo» Matteo Chigorno, amante della street-art e titolare dello spazio «Arte due» all’Isola. La lite è sfociata in aggressione e si è drammaticamente conclusa con l’omicidio e lo scempio del cadavere del 76enne gallerista. Schubert aveva affidato a Chigorno le due tele del pittore islandese contemporaneo perché le vendesse. I due si sono ritrovati poco dopo le 19 di mercoledì nell’abitazione di Chigorno in via Donna Prassede a Milano, dove il 36enne viveva solo, per discutere di come ripartire l’incasso. Ma non sono riusciti a mettersi d’accordo: i toni della discussione si sono progressivamente accesi fino a quando, intorno alle 20.30, il 36enne esperto d’arte ha aggredito il suo mentore. «Papà lo aveva aiutato, lo aveva aiutato a crescere – ha raccontato affranta Costanza Schubert al Corriere -. Gli aveva insegnato il mestiere, con i suoi segreti grandi e piccoli… Lo aveva trattato davvero come un figlioccio, lo aveva seguito».
Matteo Chigorno, 36 anni, reo confesso |
LE TRACCE DI SANGUE – Nella colluttazione, a mani nude, Chigorno ha ripetutamente sbattuto la testa di Schubert sul pavimento e poi ha infierito su di lui con un pezzo di stendipanni di ferro. Non si esclude che l’aggressione possa essere continuata anche nel box sotto il palazzo. Di certo Chigorno ha a lungo cercato di pulire le macchie di sangue sul pavimento e sui suoi vestiti, ma con scarsi risultati, dato che giovedì mattina intorno alle 10.30 gli agenti della Omicidi ne hanno rinvenute in casa e su un paio di pantaloni. A tarda serata, mentre Chigorno era ancora sotto interrogatorio in Questura con il sostituto procuratore Stefania Carlucci, la polizia ha trovato in un altro box di via Lomellina – a disposizione sia di Chigorno sia di Schubert – il pezzo di stendipanni e due coltelli sporchi di sangue.
Agenti sulle rive del canale (Fotogramma) |
IL CORPO NEL CANALE – Con essi, lavorando per ore, l’assassino reo confesso aveva sezionato il cadavere, prima di disfarsene gettandolo chiuso in diversi sacchetti in un piccolo canale che scorre, parallelo al Naviglio Pavese, all’inizio di via Gattinara. Un punto che dista meno di quattro km e cinque minuti d’auto dall’abitazione di Chigorno. Di fronte alla pressione degli inquirenti Chigorno ha ammesso le sue responsabilità ed è stato portato al carcere di San Vittore. Nei pressi dell’abitazione, in un cestino della spazzatura, gli agenti hanno ritrovato anche il cellulare della vittima, sporco di sangue.
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